Gli studi su "Nature"

I viaggi spaziali possono essere dannosi, ecco perché sono una sfida per la salute umana

Secondo i ricercatori, le missioni nello spazio sia brevi che lunghe inducono cambiamenti nell'organismo, l'assenza di gravità altera le cellule immunitarie e i reni sono tra gli organi più a rischio di danni permanenti

12 Giu 2024 - 13:31
 © tripadvisor

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I viaggi spaziali, in particolare quelli di lunga durata come le future missioni sulla Luna o su Marte, sono una sfida enorme per la salute umana. È quanto emerge dal più vasto atlante dei problemi correlati, messo a punto nell'ambito del progetto Soma (Space Omics and Medical Atlas). L'atlante è stato pubblicato in 27 articoli su diverse riviste del gruppo Nature.    

Gli studi comprendono l'analisi di campioni raccolti da diversi astronauti che hanno trascorso 180 giorni o un anno sulla Stazione Spaziale Internazionale, dall'equipaggio della missione privata Inspiration4 del 2021, il primo composto da persone che non erano astronauti di professione e che ha volato sulla navetta Crew Dragon di SpaceX, così come da esperimenti condotti in laboratorio. I risultati sono fondamentali non solo per prepararsi ai lunghi voli spaziali del futuro, ma potrebbero anche portare a nuovi trattamenti per contrastare le conseguenze dell'invecchiamento sulla Terra.

Il primo studio americano: volo spaziale breve induce cambiamenti nell'organismo

 Nel primo articolo della Scuola di Medicina americana Weill Cornell pubblicato sulla rivista Nature, i dati raccolti indicano che anche il volo spaziale di breve durata in orbita terrestre bassa induce cambiamenti nell'organismo simili a quelli provocati da una permanenza maggiore: tra questi, si riscontrano elevati livelli di citochine (molecole che modificano l’attività delle cellule in risposta a uno stimolo), e cambiamenti nell'espressione di geni legati all'attivazione del sistema immunitario e alla riparazione dei danni causati al Dna. Oltre il 95% di questi parametri tornano a valori normali nei mesi successivi, ma alcuni mantengono valori alterati per periodi di tempo più lunghi, almeno tre mesi dopo la missione. 

Il secondo studio americano: mancanza di gravità altera le cellule immunitarie

 Uno studio dell'Università della Pennsylvania e della Scuola di medicina Weill Cornell di New York pubblicato sulla rivista Nature Communications ha evidenziato per la prima volta come la mancanza di gravità influisce sulle cellule immunitarie. Analizzando cellule del sangue coltivate in un ambiente di microgravità simulata e combinando i dati con quelli provenienti da astronauti e topi che hanno raggiunto la Iss, i ricercatori hanno evidenziato che l'assenza di gravità modifica la struttura di questi guardiani dell'organismo e ciò, a sua volta, ne altera il funzionamento.

Gli autori, però, hanno anche identificato alcuni composti che possono proteggere le cellule dagli effetti dannosi dello spazio: tra i più promettenti c’è la quercetina, una molecola di origine vegetale che si trova, ad esempio, nell'uva, nelle cipolle rosse, nel tè verde, nelle mele e nei mirtilli, e che si è dimostrata in grado di invertire il 70% dei cambiamenti causati dalla microgravità. 

Studio inglese: missione su Marte causa danni renali permanenti

 Tra le ricerche più interessanti c'è anche quella della University College London (UCL), pubblicata sempre su Nature Communications e secondo la quale i reni verrebbero danneggiati in modo permanente e irreversibile da un'ipotetica missione su Marte, cosa che ovviamente ne pregiudicherebbe il successo. I risultati dello studio, che ha incluso campioni di astronauti e simulazioni in cui i topi sono stati esposti a dosi di raggi cosmici equivalenti a missioni di 1,5 e 2,5 anni, mostrano che i reni vengono rimodellati dalla permanenza nello spazio: in particolare i tubuli renali, che regolano l'equilibrio di calcio e sale, si restringono già dopo un mese, probabilmente più per l'assenza di gravità che a causa dell'esposizione alla radiazione cosmica.

"Se non svilupperemo nuovi modi per proteggere i reni, un astronauta potrebbe riuscire ad arrivare su Marte, ma avrebbe bisogno della dialisi per il viaggio di ritorno. Inoltre, sappiamo che i reni non mostrano subito i danni provocati dalle radiazioni: quando questi diventerebbero evidenti, sarebbe probabilmente troppo tardi", dice Keith Siew che ha guidato la ricerca. 

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