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Ritorno a scuola, pubblicate le linee guida per l'aerazione delle classi. La prima opzione? Tenere le finestre aperte

Le tanto attese linee guida per l’aerazione delle classi per il back to school di settembre sono in Gazzetta Ufficiale. I sistemi “naturali”, come tenere le finestre aperte, sono stati riconosciuti come i più efficaci

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La soluzione migliore per garantire una buona qualità dell’aria nelle classi? Tenere le finestre aperte.

Può sembrare un’indicazione banale ma è proprio questo il succo delle tanto attese “Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici”, appena pubblicate in Gazzetta Ufficiale.


Alla fine, dunque, gli esperti incaricati dal Governo di redigere il documento si sono dovuti arrendere all’evidenza dei fatti, mettendo al primo posto tra le indicazioni per evitare la diffusione del Covid-19, quella di adottare sistemi di ricambio dell’aria “naturali”. Aprendo all’installazione di sistemi meccanici solo come iniziativa accessoria. È quanto illustra Skuola.net, che ha analizzato le raccomandazioni che gli esperti hanno fornito su una delle questioni più calde legate al ritorno a scuola.

 

Le finestre aperte funzionano meglio di un dispositivo meccanico

 

Quale sia l’indirizzo, lo si capisce bene sin dalle premesse del provvedimento: “E’ possibile, ad esempio - si legge all’inizio del testo - che la semplice ventilazione delle aule attraverso l’apertura delle finestre possa migliorare sensibilmente la qualità dell’aria, favorendo la diluizione e la riduzione sia di agenti chimici liberati all’interno (es. da materiali, arredi e finiture, attrezzature didattiche, prodotti per la pulizia, ecc.), sia di virus e batteri rilasciati dagli occupanti”.

 

Per questo, prosegue il decreto che contiene le Linee Guida, “si raccomanda che l’utilizzo di dispositivi aggiuntivi di sanificazione, purificazione e ventilazione sia preso in considerazione solo una volta che le misure sopra indicate in modo esemplificativo siano state identificate e intraprese, e ciononostante, sia dimostrato che la qualità dell’aria non sia adeguata”. Sottolineando come “l’utilizzo dei suddetti dispositivi è di giovamento solo se comporta un miglioramento dell’aria indoor”. E arrivando a evidenziare “possibili controindicazioni dei dispositivi, quali emissioni, rumori, rischi per la sicurezza, costi di acquisto e di esercizio, eventuali emissioni e consumi energetici”.

 

Sì all’aerazione, ma senza dimenticare le altre misure di sicurezza

 

In poche parole, l’utilizzo di apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria e sulle superfici negli ambienti “deve essere finalizzato a integrare, e non sostituire, le principali misure anti-contagio e non può prescindere da escludere la valutazione delle condizioni microclimatiche e della qualità dell’aria indoor e outdoor, i materiali, i prodotti e le tecnologie di costruzione, le conoscenze e i modelli di comportamento degli occupanti che tengano conto delle misure di prevenzione vigenti”. Come, ad esempio, indossare la mascherina in classe o mantenere il distanziamento interpersonale. Aspetti, questi ultimi, su cui peraltro devono ancora arrivare comunicazioni ufficiali.

 

Questo perché, evidenzia il provvedimento, “né la ventilazione naturale né quella meccanica possono da sole prevenire l’infezione e sono da utilizzare in combinazione con altre misure di protezione in quanto parte di una strategia di riduzione del rischio”. Da cui la conclusione che “la semplice presenza di un impianto di ventilazione meccanica, anche se dotata di un sistema di filtraggio, non garantisce completamente il rischio di una trasmissione del virus, ma semmai ne riduce le probabilità”.

 

La regola base per mettere in sicurezza i nostri istituti, dunque, rimane quella generale e più ovvia: “Garantire una buona qualità dell’aria negli ambienti scolastici, prestando attenzione alle fonti degli inquinanti chimici e dei patogeni, sia interne che esterne, alla gestione delle attività, al numero di occupanti, alla natura e configurazione degli spazi, alle misure preventive in atto, ecc.”.

 

Impianti di aerazione a scuola: li ha visti solo il 5% degli studenti

 

Come detto, però, più che una convinta adesione alle misure di prevenzione della prima ora, i contenuti di queste Linee Guida suonano come una presa d’atto di quanto la scuola è riuscita - o, per meglio dire, non è riuscita - a fare su questo tema. In base a un sondaggio condotto sempre da Skuola.net sul finire dello scorso anno scolastico, ad esempio, solamente il 5% degli studenti diceva di avere nella propria classe un sistema automatico in grado di cambiare costantemente l'aria o comunque di trattarla in modo da impedire al virus di trasmettersi per via aerea. Tutti gli altri si erano già organizzati anticipando quanto formalizzato oggi, tenendo aperte le finestre per tutto il giorno o cambiando l’aria tra una lezione e l’altra. Difficile che in un paio di mesi il quadro sia stato stravolto.

 

Le risorse scarseggiano

 

Il motivo di tale inerzia? Affonda le radici soprattutto nella carenza di risorse a disposizione per procedere a un’opera di rinnovamento generale dei nostri istituti. In realtà, il primo Decreto Sostegni, approvato dal Governo all’inizio del 2021, destinò alle scuole ben 150 milioni di euro proprio per la gestione dell’emergenza sanitaria. Peccato che, secondo una stima fatta dall’Associazione Nazionale Presidi (ANP), per dotare una struttura di dimensioni medio-grandi di un efficace sistema di aerazione, servirebbero attorno ai 60mila euro. Calcolando che ci sono circa 40 mila edifici scolastici “attivi” (sedi, succursali, ecc.) e adibiti a ospitare gli studenti, è palese come i fondi risultino ampiamente insufficienti. Quindi meglio far diventare norma quella che era già diventata prassi consolidata.

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