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Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, 10 cose da sapere sui disturbi alimentari

Si stima che in Italia siano oltre 3 milioni le persone che soffrono di disturbi alimentari, per la maggior parte sono adolescenti o preadolescenti. Nella giornata nazionale dedicata ai DCA, Skuola.net ha intervistato un esperto per stilare un decalogo per guidare ragazzi, genitori e insegnanti su questo tema

anoressia disturbi alimentari
-afp

Non esistono solo anoressia e bulimia, ma anche altre patologie meno conosciute come vigoressia e ortoressia, sempre più frequenti tra chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare.

Questi ultimi sono un nemico contro cui combattono tantissimi giovani e meno giovani, troppo spesso silenziosamente: per questo, dal 2018, il 15 marzo ricorre la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata a creare consapevolezza su questi temi, per tendere una mano verso chi ne ha bisogno. Per dare il suo contributo, Skuola.net ha chiesto l’aiuto dello psichiatra e psicoterapeuta specializzato nella cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), dott. Leonardo Mendolicchio, tra gli specialisti del programma Tv “Fame d’Amore”, format che racconta le storie di adolescenti che soffrono di questo tipo di malattie.

Insieme a lui è stato stilato un decalogo delle cose più importanti da sapere per accompagnare adolescenti, ma anche genitori e insegnanti, su un argomento così delicato e particolarmente attuale: dalle caratteristiche dei DCA e le patologie più o meno conosciute, fino al ruolo dei social e ai segnali per riconoscere quando siamo davanti a una patologia legata al cibo; dal modo in cui approcciarsi a chi ha necessità di un aiuto clinico fino alle più recenti iniziative per combattere i disturbi dell’alimentazione e creare consapevolezza su di essi. 

 

Disturbi alimentari, anoressia e bulimia le più diffuse 

In Italia la piaga dei DCA è particolarmente profonda: si stima che siano approssimativamente oltre 3 milioni le persone che ne soffrono. E la pandemia non ha fatto che aggravare la situazione. Secondo quanto afferma il Dott. Mendolicchio, circa il 70% di chi ne è affetto viene colpito in età preadolescenziale e adolescenziale. L’anoressia e la bulimia sono le patologie più conosciute e diffuse e “Sono caratterizzate dall’ossessione per il cibo: l'anoressia per la magrezza, che produce gravi quadri di malnutrizione; la bulimia per la fissazione di doversi abbuffare, con la tendenza a compensare, successivamente, con vomito o con l'uso di lassativi, diuretici, o l’iperattività fisica”

 

Non solo anoressia e bulimia: in crescita altre patologie meno conosciute 

Ma non solo: esistono numerosi altri disturbi che stanno prendendo piede nella società, a volte passando inosservati perché normalizzati, come la “Vigoressia che è l'ossessione per il corpo muscoloso, di cui ne patiscono più frequentemente i maschi che si sottopongono a delle estenuanti sessioni di allenamento per più giorni a settimana, con un’alimentazione abbastanza selettiva che può creare dei danni”.  O ancora, “l’Ortoressia che è, invece, caratterizzata da un’ossessione per il, cosiddetto, cibo sano, da particolari scelte alimentari che possono essere legate, per esempio, ai colori o alla consistenza. Poi, il Disturbo evitante restrittivo, tipico dei bambini che hanno paura di soffocare, di stare male dopo aver mangiato. Questo produce un'alimentazione iperselettiva, ed è molto diffuso nei preadolescenti e nei bambini”

 

Adolescenti e preadolescenti tra i più a rischio. Ma i DCA possono colpire tutti 

I Disturbi del Comportamento Alimentare colpiscono la popolazione in maniera molto trasversale. “Se facciamo riferimento all'anoressia, la fascia di popolazione più a rischio è quella della preadolescenza e dell'adolescenza, se, invece, prendiamo come disturbo l’alimentazione incontrollata, questa colpisce prevalentemente le donne di mezza età dai 40 ai 50 anni”. I DCA sono patologie che possono colpire tutti, indipendentemente dal ceto sociale o dalla fascia d'età. “Ovviamente - afferma Mendolicchio -  i picchi di incidenza sono concentrati nella parte adolescenziale e preadolescenziale"

 

Mangiare troppo o troppo poco: attenzione anche ai cambiamenti emotivi e relazionali 

Il disturbo alimentare si può sviluppare in ogni momento della vita, ma esistono dei segnali che possono indurci a capire di essere in presenza di un DCA, quando, per esempio, siamo di fronte a un “Cambiamento delle abitudini alimentari”, o in senso restrittivo, cioè mangiando meno, o, al contrario, quando si assiste ad abbuffate, per cui mangiando di più. “Accanto a un cambiamento dello stile alimentare c'è anche una trasformazione emotiva e dello stile relazionale. Ad esempio, una ragazzina che mangia meno, ma che diventa più performante a scuola e un po' più isolata: questi potrebbero essere sintomi di una presenza di anoressia”

 

I social network possono rendere i ragazzi più fragili 

Sui social network le ragazze e i ragazzi seguono modelli di riferimento estetici che, molto spesso, toccano corde dell’animo incontrollate e che, nelle persone più fragili e vulnerabili, possono provocare frustrazione, senso di inadeguatezza, depressione e ansia. Secondo uno studio svolto da Meta, l’azienda proprietaria dei social network più popolari, Instagram sarebbe in grado di aggravare in molte giovani ragazze problemi di conflittualità con l’immagine del proprio corpo, contribuendo, di fatto, a favorire anche l’insorgenza di comportamenti a rischio. Per l’esperto, “I social non impattano direttamente sui disturbi alimentari, bensì sugli equilibri psicofisici dei ragazzi. Questa fragilità psichica è un fattore di rischio in particolari età per l'insorgenza di disturbi alimentari”. Inoltre, “Spesso sui social vengono veicolati esempi e comportamenti che sono nocivi e che possono indurre alla comparsa o al mantenimento del Disturbo del Comportamento Alimentare”

 

Aiutare una persona con disturbi alimentari si può 

Ma allora in che modo è possibile aiutare chi cade nella trappola dei Disturbi Alimentari? Comunicare con chi vive il cibo come ostacolo è fondamentale: la prima cosa da fare - consiglia Mendolicchio - è quella di trovare un canale comunicativo “Privo di quegli stereotipi di cui questa società è afflitta, come il peso, le forme, il quando si mangia, come si mangia”. Un discorso che deve partire dalle sensazioni che la persona in difficoltà sente e prova, quindi dalle sue paure e stati d’animo. “Ascoltare” è il primo step per aiutare chi fa fatica ad avere un rapporto “sano” con il cibo. Stare accanto,ma senza giudicare e “Far capire alle persone sofferenti che noi non abbiamo paura o vergogna del loro malessere. Siamo accanto a loro per poterlo affrontare. Questo è terapeutico perché spesso chi ha un disturbo alimentare vive la condizione di solitudine come quasi ineludibile, invece dimostrare loro che c'è qualcuno che capisce è davvero un grande passo in avanti”.

 

La scuola ha un ruolo attivo nel combattere i disturbi alimentari 

La scuola ha un ruolo fondamentale nel prevenire e combattere i DCA: gli studenti apprendono nozioni, ma imparano anche a stare al mondo insieme agli altri. Questa unione, però, a volte può contribuire all’aumento di situazioni spiacevoli: il bullismo, le discriminazioni, le competizioni malsane. Situazioni che, se non captate dagli insegnanti, diventano terreno fertile per lo sviluppo di un Disturbo Alimentare. Per cui, “Avere contezza di queste dinamiche all'interno di un gruppo classe riduce il rischio dell'insorgenza del problema”. Se all’interno di una classe è presente uno studente o una studentessa che presenta un DCA, questo può divenire occasione per rivedere l’intero sistema educativo e comprendere a fondo quali atteggiamenti o situazioni possono aver agevolato lo sviluppo della patologia. Una riflessione utile “Non solo per la ragazza o il ragazzo che soffre del disturbo alimentare, ma per tutto il gruppo classe che deve dover tendere a un'armonia relazionale, fondamentale a quell'età”

 

Il DCA, spesso, non è vissuto da chi ne è affetto come un problema 

Il problema, non di rado, è che la persona con DCA possa aggrapparsi al disturbo, non vedendolo come una patologia da cui è necessario guarire. “Il Disturbo Alimentare spesso viene vissuto, da chi lo ha, come un tentativo di soluzione delle problematiche, delle cicatrici psichiche, che sono presenti nella sua esistenza”. Esso non viene, quindi, percepito come un problema, ma bensì come un modo per rimarginare le proprie ferite. “Il lavoro che bisogna fare con questi ragazzi  è proprio quello di partire da questo presupposto, condividerlo e mostrare loro che c'è la possibilità di risolvere le loro problematiche più profonde, più psicologiche, con strumenti meno pericolosi rispetto a un disturbo alimentare”

 

Dai disturbi alimentari si può guarire

Venirne fuori, però, è possibile. L’iter di guarigione cambia in base alla persona, alla sua volontà, e dipende dall’intervallo che intercorre tra la presa di coscienza e la richiesta di aiuto medico. Tuttavia, afferma lo psichiatra, “Da un Disturbo Alimentare si guarisce totalmente”. Se prendiamo come esempio l’anoressia, “La frequenza di guarigione del 75%, se ci si cura per tempo e rapidamente. Il tempo di diagnosi è fondamentale. La guarigione è pressoché totale, non ci sono residui. Il paziente ritorna ad avere un rapporto col corpo e col cibo assolutamente naturale e sano”. 

 

Disturbi alimentari, qualcosa si muove 

L’attenzione intorno ai DCA si sta ampliando anche a livello sociale e politico. Da anni, infatti, i familiari delle vittime si sono battuti per richiedere l’intervento delle istituzioni per inserire i Disturbi del Comportamento Alimentare all’interno dei LEA, Livelli essenziali di assistenza, così da poter aiutare, anche economicamente, le persone affette dalla malattia. Un’istanza alla politica nazionale che, proprio qualche mese, fa è stata accolta: “Finalmente i disturbi alimentari vedranno delle prestazioni inderogabili dal punto di vista sanitario. Il governo ha stanziato dei fondi che saranno orientati a sostenere le regioni che si impegneranno a fornire assistenza nei diversi ambulatori italiani - spiega lo psichiatra. Questo è un primo passo per dotare il territorio nazionale di quei presidi minimi per una diagnosi e cura rapida e la strutturazione di un percorso riabilitativo che deve mirare sempre di più alla guarigione”.

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