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8 marzo, donne ancora troppo penalizzate su lavoro e stipendi

Le ragazze, pur essendo spesso più promettenti negli studi, sul lavoro guadagnano poi meno e con contratti più precari dei colleghi maschi. Un quadro che peggiora ulteriormente se hanno figli

maturità 2019, prima prova, studenti
lapresse

Le ragazze ottengono risultati migliori dei ragazzi a scuola e all'università, ma il mondo del lavoro si dimostra decisamente "avaro" nei loro confronti. Il gender gap, infatti, negli anni venti del XXI secolo è tutt'altro che superato: le donne continuano a guadagnare e lavorare meno degli uomini, in particolare se hanno figli. E' quanto emerge dalle ultime Indagini AlmaDiploma e AlmaLaurea, secondo l'approfondimento pubblicato per la festa della donna dell'8 marzo.

Prime della classe

La fuga in avanti delle ragazze sui colleghi maschi, dal punto di vista dell'istruzione, inizia già alle scuole medie: il 43,0% ottiene infatti un voto d’esame superiore o uguale a 9 (tra i ragazzi la percentuale è pari al 31,7%). Anche alle superiori, poi, mantengono un rendimento ottimo: il 92,4% delle studentesse ripete anni (è l’87,7% per ragazzi) e concludono la scuola secondaria superiore con un voto medio di diploma pari a 84,1 su cento (i ragazzi si fermano a 79,1). Questo è dovuto anche a un atteggiamento complessivamente più diligente: il 42,6% delle ragazze dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali, rispetto al 21,3% dei ragazzi.

 

Ma attenzione a chiamarle secchione: le studentesse sanno che la formazione non si fa solo sui libri. Il 33,2% di loro, infatti, fa esperienze internazionali (solo il 21,8% tra i ragazzi) e intraprendono spesso percorsi formativi linguistici. Per questo superano i compagni anche nel conseguimento di attestati linguistici (41,4% tra le studentesse rispetto al 31,2% degli studenti maschi). Non solo: rispetto ai ragazzi sono pure più impegnate in attività sociali e culturali svolte nel tempo libero e hanno anche maggiore motivazione a proseguire gli studi.
 

Le ragazze si laureano di più, in tempo e con voti più alti

Perché dopo la scuola le studentesse sono maggiormente interessate a proseguire gli studi all’università: compie questa scelta ben l'80,3% delle diplomate (rispetto al 65,3% dei diplomati). Il motivo determinante a compiere questo passo? Sognare, grazie alla laurea, di svolgere le professioni di proprio interesse: è la spinta decisiva all'iscrizione all'università per 69,9% di loro, contro il 63,5% dei ragazzi. Molte, poi, sono motivate ad approfondire i propri interessi culturali (59,4% rispetto al 53,1% degli studenti).

 

Secondo i dati AlmaLaurea, inoltre, tra i laureati del 2019 è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (58,7%), e la quota delle donne che si laureano in corso è pari al 57,9% (è 52,6% per gli uomini) con un voto medio di laurea uguale a 103,8 su 110 (è 102,0 per i ragazzi). Con le ragazze che ottengono voti di laurea superiori agli uomini in quasi tutti i gruppi disciplinari, eccezion fatta per quelli letterario e scientifico. Lo studio tuttavia non le distoglie dagli aspetti pratici del percorso universitario: il 63,7% delle donne svolge infatti tirocini e stage, rispetto al 54,3% degli uomini.

 

Donne e lavoro, dopo la laurea poche opportunità

Un percorso che, apparentemente, mette tante donne nelle condizioni di avere un futuro lavorativo di successo. Ma il mondo fuori dalla scuola e dall'università sembra pensarla diversamente. Tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo, si fanno sentire "forti e chiare" le differenze di genere, pari a 5,0 punti percentuali in termini occupazionali: risultano occupati infatti l'84,8% delle donne e l’89,8% degli uomini. Tra i maschi, inoltre, c'è una percentuale maggiore di contratti a tempo indeterminato: il 58,1% rispetto al 52,1% delle donne. Anche se bisogna precisare che queste differenze sono legate anche alle scelte professionali, orientate verso settori che offrono minore stabilità a livello contrattuale (vedi, ad esempio, l'insegnamento).

 

Ma le differenze di genere non si limitano alle opportunità occupazionali. Le donne guadagnano anche di meno. Tra chi lavora a tempo pieno, a 5 anni dalla laurea, la media è 1.715 euro netti mensili per gli uomini e 1.467 euro delle donne, che vengono pagate quindi circa il 16% in meno. La disparità permane anche se maschi e femmine lavorano nello stesso ambito: tra chi lavora nel campo dell'Ingegneria, ad esempio, a 5 anni è occupato il 94,7% dei laureati e il 91,9% delle laureate, con 1.857 euro mensili netti per gli uomini e 1.692 euro per le donne; nel settore Economico-statistico il tasso di occupazione è pari rispettivamente al 91,8% per gli uomini mentre scende all’87,8% per le donne, che guadagnano mediamente 1.549 euro rispetto ai 1.763 euro dei maschi. E così è in quasi tutti i settori, anche nell'insegnamento, dove risultano più donne occupate (90,4% contro l’88,1% degli uomini), le quali però prendono comunque uno stipendio inferiore (1.348 euro rispetto ai 1.427 euro dei maschi).

 

Penalizzate le mamme

Le donne sono ulteriormente penalizzate sul lavoro se hanno figli. A 5 anni dal titolo il tasso di occupazione delle laureate senza figli è pari all’85,1%, rispetto al 70,1% per le donne con figli. Rispetto agli uomini la differenza è ancora più netta, visto che tra i papà il 91,5% lavora. Infine, tra i laureati con figli gli uomini percepiscono 1.772 euro rispetto ai 1.422 euro delle donne (considerando quanti hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea e lavorano a tempo pieno).

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