Secondo il report di Gimbe sui dati dell'Osservatorio nazionale il 50% delle persone non fa controlli per mammella e cervice, il 66% per colon. Prevenzione indietro soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno
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Oltre cinquantamila tra tumori e lesioni precancerose "persi" per scarsa adesione dei cittadini agli screening oncologici gratuiti del Servizio sanitario nazionale. Individuarli avrebbe consentito diagnosi precoci, trattamenti tempestivi, terapie efficaci, quindi un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, meno costi per il Ssn e soprattutto meno decessi per cancro.
Nel 2023, milioni di cittadini non hanno ricevuto o, molto più spesso, hanno ignorato l'invito a sottoporsi ai test, soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno. E i numeri sono alti: una persona su due non fa gli screening per mammella e cervice, due su tre quello per il colon-retto. Poi ci sono le disuguaglianze regionali, inaccettabili, con il Mezzogiorno in grave ritardo. È la fotografia scattata dal report della Fondazione Gimbe sui dati del 2023 dell'Osservatorio nazionale screening (Ons).
"Adesioni ancora troppo basse e profonde diseguaglianze territoriali mettono a rischio lo strumento più efficace per la diagnosi precoce dei tumori", sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione. "Complessivamente nel 2023 quasi 16 milioni di persone sono state invitate a eseguire un test di screening, ma solo 6,9 milioni hanno aderito, con marcate differenze di adesione sia fra i tre programmi sia, soprattutto, tra Regioni e macro-aree del Paese", continua.
Gli screening oncologici inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), che tutte le Regioni sono tenute a offrire gratuitamente, prevedono: la mammografia per le donne tra i 50 e i 69 anni (in alcune regioni non sottoposte a piani di rientro estesa alle donne tra i 45-49 anni e i 70-74); lo screening del tumore della cervice uterina per le donne tra i 25 e i 64 anni; e quello colon-rettale per donne e uomini tra i 50 e i 69 anni (in alcune regioni anche nella fascia 70-74).
Nella classifica del report della Fondazione Gimbe per adesione agli screening oncologici di mammella, cervice e colon-retto, brillano tra le Regioni e le Province Autonome il Trentino, l'Emilia Romagna e il Veneto, piazzandosi ai primi tre posti. Fanalino di coda il Sud Italia, con gli ultimi posti occupati da Sardegna, Campania, Sicilia e Calabria "maglia nera".
"Se da un lato i dati 2023 mostrano il trend in crescita sia degli inviti che della copertura della popolazione, siamo ancora molto lontani dall'obiettivo fissato nel 2022 dal Consiglio europeo: garantire entro il 2025 una copertura degli screening oncologici ad almeno il 90% della popolazione target", osserva il presidente della Fondazione Gimbe.
"Nel 2023 la mancata adesione ai programmi di screening organizzati non avrebbe consentito di identificare circa 10.900 carcinomi della mammella, di cui quasi 2.400 invasivi di piccole dimensioni; di quasi 10.300 lesioni pre-cancerose del collo dell'utero; e per il colon-retto di oltre 5.200 tumori e quasi 24.700 adenomi avanzati. Complessivamente si tratta di oltre 50 mila lesioni la cui identificazione avrebbe consentito di avviare il percorso per una diagnosi precoce e, ove necessario, per una terapia efficace", spiega Cartabellotta.
Prevenzione e promozione della salute, per il presidente della Fondazione Gimbe "rappresentano i pilastri per ridurre l'incidenza delle malattie e contribuire alla sostenibilità del Ssn. Ma oggi il paradosso è evidente: da un lato i cittadini sono in lista di attesa per esami diagnostici non sempre appropriati, dall'altro sono in milioni a non aderire ai programmi di screening organizzati". Aderire agli screening organizzati, conclude, "significa diagnosi precoce, trattamento tempestivo delle lesioni pre-cancerose, un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, costi minori per il Ssn e, soprattutto, meno decessi per tumore".