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Intervista a Fabrizio Bosso ed Enrico Rava

Jazz Meeting incontra il i due protagonisti della scena dopo il concerto al Blue Note di Milano

Intervista a Fabrizio Bosso ed Enrico Rava - foto 1
marco-benvenuti

Ovazione del pubblico del Blue Note di Milano per il concerto del quartetto del trombettista Fabrizio Bosso.

Evento impreziosito dalla presenza di Enrico Rava al flicorno I due musicisti hanno suonato insieme con Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Nicola Angelucci alla batteria e Jacopo Ferrazza al contrabbasso, presentando un programma variegato, fatto anche di standard ma anche di composizioni inedite. Fabrizio Bosso ed Enrico Rava sono nostri ospiti a "Jazz Meeting".

Bosso sottolinea che proprio Rava è stato uno dei primi a credere in lui... "Enrico ha creduto in me da sempre", dice Bosso, "un grande musicista affermato in tutto il mondo che suona il mio stesso strumento, sicuramente mi ha facilitato l'approccio al jazz. Tutti noi dobbiamo molto Enrico Rava, per quello che ha fatto e per quello che rappresenta per il jazz italiano e internazionale. Poter condividere oggi il palco con lui, insieme al mio quartetto, è una delle emozioni e soddisfazioni più grandi. Aver suonato con grandi musicisti come Rava, Enrico Pieranunzi o addirittura Charlie Haden, mi ha fatto molto crescere".

Enrico Rava è apparso sulla scena jazzistica a metà degli anni sessanta, imponendosi rapidamente come uno dei più convincenti solisti del jazz europeo, ci parla così del suo continuo confronto con il pubblico.
(R) Per me è sempre emozionante suonare ovunque davanti a diecimila persone o davanti a dieci, dice Rava. Devo dire che prima di ogni concerto sono sempre angosciato, perché non so mai come suonerò, infatti una delle cose che invidio a Fabrizio è la sua sicurezza, lui è uno dei trombettisti che suonano meglio lo strumento al mondo dal punto di vista del controllo, per me è un godimento quando ci capita di suonare insieme.

Come nasce il quartetto di Fabrizio Bosso...
(R) Ho scelto i musicisti con cui volevo suonare, immaginando che insieme a me potessero suonare al meglio la musica che volevo, sono stato fortunato perché ho trovato tre grandi musicisti, ma anche persone che sono in sintonia con il mio modo di suonare.

Enrico, in questi anni hai suonato molto con i giovani
(R) Molti mi ritengono un talent scout, io suono con Dino Piana che ha 87 anni, ma provo le stesse sensazioni anche con musicisti 17enni; per me l'età non è importante, ciò che conta è la visione della musica. Secondo me è essenziale "ascoltarsi" cioè interagire mentre si suona, perché il jazz può essere la musica più bella del mondo, una "democrazia perfetta" dove ognuno si trova proprio agio. Vedo molti musicisti magari bravissimi presi singolarmente, che in un organico non riescono ad esprimersi al meglio.