turismo

Weekend nelle Marche

Tra arte e antichi sapori

09 Mar 2009 - 14:51

“Meglio un morto in casa che un marchigiano sulla porta”. Recita così un proverbio umbro, retaggio di un passato fatto di dominazioni e contese tra questa e quella terra. Due regioni troppo vicine, un tempo unite, poi separate, mentre la storia se ne andava via dal centro Italia spostando il suo baricentro verso territori strategicamente più interessanti. Cambiava così la storia di una delle regioni più belle dell’Italia del centro-sud, mentre venivano per l’ennesima volta ridisegnati i confini delle “marche”.
Dal punto di vista culturale, le Marche sono state una regione in notevole fermento: data anche la posizione di “terra di mezzo” ha accolto lo stile del gotico internazionale di Gentile da Fabriano (formatosi alla Scuola Veneta, agli inizi del 1400), e ha gettato le basi di uno stile pittorico poi fuso con la scuola umbra.
Un impulso notevole all’arte fu dato poi dalla Signoria dei Montefeltro, mecenate della maggior parte delle opere rinascimentali. Ne sono esempi il Palazzo Ducale di Urbino, la basilica della Santa Casa a Loreto, la rocca e la villa dell’Imperiale a Pesaro, il palazzo della signoria a Jesi.  La regione è stata meta di artisti veneti (Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tiziano) e ha dato i natali a due grandi del cinquecento, il Bramante e Raffaello. A Recanati nacque invece Giacomo Leopardi, uno delle massime espressioni della poesia italiana.

Urbino, capitale storica dell’omonimo ducato, è menzionata soprattutto per il suo palazzo Ducale, che ospita la Galleria Nazionale delle Marche; nel centro storico, costellato da palazzi patrizi di indiscussa bellezza, si trova anche la casa natale di Raffaello. Poco lontane dalla costa sorgono le rocche di Gradara e San Leo, avamposti di epoca medievale, teatri della secolare lotta tra i Malatesta e i Montefeltro. Gradara, visibile già dall’autostrada che costeggia l’Adriatico, è un tuffo al cuore per chi ha letto e amato il V canto dell’Inferno; nelle sue sale Dante Alighieri ambientò la tragica vicenda d’amore tra Paolo e Francesca.
La rocca Costanza di Pesaro fu progettata, invece, da Luciano su incarico degli Sforza: oggi è sede di un museo di rievocazione storica e di un’interessante Armeria.
A Fano si leva la rocca Malatestiana, situata all’estremità nord-orientale dell’antica cinta muraria.
Nella città inoltre si possono ammirare la fontana della Fortuna realizzata nel 1500 e il palazzo della Ragione (1299) in stile romanico-gotico, entrambi nella piazza XX Settembre. Il museo civico custodisce un’interessante sezione archeologica che va dal neolitico al periodo imperiale romano. Al piano superiore si trovano la vasta sala malatestiana e la pinacoteca, che raccoglie dipinti cinquecenteschi.
Da Fano, risalendo le prime colline, lungo il fiume Metauro, si entra nella zona del Bianchello del Metauro. In questa zona si produce l'omonimo vino che, secondo una leggenda raccontata da Tacito, costò ad Asdrubale e ai suoi soldati che ne bevvero in abbondanza, la sconfitta contro i Romani nel 207 a.C. È Saltara la zona di produzione del vino, qui abbinato ai funghi, a cui si dedica una sagra famosa.
Sono molti altri i prodotti caratteristici di questa zona, sulle colline a ridosso del fiume.
Tra i salumi, il dolce e poco speziato salamino di San Costanzo dalla collina di San Costanzo; il Vernajo, salame composto da carni scelte di maiale, il Barbarino, ovvero la noce di spalla di maiale.Piatto tipico di questi luoghi sono le pappardelle alle castagne. Tra i dolci, gli Straccadenti fatti di pasta e mandorle, e i Berlingozzi, biscotti glassati all’anice.
Acqualagna è nota per tartufo: è l’unica località che produce tutte le varietà del prelibato tubero nel corso dell’intero anno (bianco e nero pregiato, nero estivo e bianchetto). Ad Apecchio ci sono ghiotte e scelte macellerie-norcinerie artigianali. Questo piccolo centro dedica anche una partecipata mostra mercato al tartufo, che si tiene nel primo fine settimana di ottobre, e un’altra al Bostrengo, dolce a base di cioccolato, riso bollito, zucchero e pinoli (metà agosto).
Il Conero guarda dall’alto la riviera marchigiana, rompendo con la sua natura aspra e selvaggia, la ripetitività della costa. Qui in riva al mare si è creato un meraviglioso ambiente per la coltivazione delle uve rosse: il microclima continuamente ravvivato dalle brezze marine e il terreno calcareo, povero ma di grande struttura, permettono al vitigno Montepulciano di esprimere nel Rosso Conero una tipicità impossibile altrove.
Portonovo è la baia verde della riviera: immerso in splendidi scorci di natura incontaminata, l’intervento umano in questo antico villaggio di pescatori è molto circoscritto.
Una traccia unica della vita monastica che contraddistingue questa zona nel Medioevo, con eremiti alla ricerca di silenzio e solitudine, è l’incantevole chiesetta di Santa Maria, capolavoro romanico. Lungo la sua spiaggia, punto d’approdo di navi turche, si incontrano significative testimonianze storiche: la torre di Guardia (1700) e il Fortino napoleonico, baluardo militare ora adibito ad albergo. 
Spiagge selvagge, rupi scoscese, grotte, bianche rocce ricoperte di pinete che s’affacciano su acque trasparenti e profonde, fanno di Sirolo e Numana due delle mete privilegiate lungo questa fascia costiera. Tappa obbligata, la spiaggia delle Due Sorelle.
La zona di Porto Recanati conserva, poco più a sud del centro attuale, i resti della romana Potentia, colonia marittima fondata nel 184 a.C. e abbandonata nel V sec. d.C. Al XII secolo risale la fondazione dell’abbazia di S. Maria in Potenza. Da sempre legata alla città di Recanati, raggiunse l’autonomia solo nel 1893. Di notevole interesse artistico è la pinacoteca Moroni. Tra i piatti è famosissimo il brodetto di pesce di Porto Recanati.
Tra dolci colline che degradano verso il mare, numerosi corsi d’acqua e terre impervie dominate dai monti Sibillini, si estende quella che un tempo era la Marca di Ancona. Oggi Jesi è celebre per il Verdicchio di Jesi DOC. Fra i vari monumenti cittadini, il palazzo della Signoria di Francesco Giorgio Martini, notevole per la sua costruzione rinascimentale, il portale e le decorazioni; la chiesa di San Marco, che custodisce all’interno gli affreschi di scuola grottesca, le mura castellane d’epoca medievali, la seicentesca chiesa di San Giovanni Battista, dove si trova la sedia di San Filippo Neri, e  il Duomo. Pregevoli i lavori nella Pinacoteca locale, che vanta opere di Lorenzo Lotto.
Nella zona collinare tra l’Esino e il Chienti, si trova Matelica, città che dà il nome al Verdicchio prodotto in queste terre con le uve omonime, cui possono essere aggiunte quelle di Trebbiano Toscano e di Malvasia Toscana.
Non lontano si trova Fabriano, città della carta. Nel centro storico sono numerose le opere architettoniche che meritano una visita; la piazza del Comune con la tipica Fontana, il loggiato di San Francesco, il Santuario della Scala Santa; le chiese di San Biagio con la cripta di San Romualdo, di San Venanzo, Sant’Agostino e San Domenico, che conservano importanti affreschi del XIV secolo della scuola marchigiana; infine la Pinacoteca, il Museo della Carta, e l’oratorio del Gonfalone. Nei pressi di Fabriano si trova l’eremo di San Silvestro.
Una spiaggia di sabbia, finissima e bianca, che degrada dolcemente nel mare, caratterizzato da bassi fondali. Un lungomare ricco di vegetazione, dominato da palmizi. Questa è la cornice in cui è immersa San Benedetto del Tronto, rinomato centro balneare, denominato per le caratteristiche del luogo, Riviera delle Palme: è un attivissimo centro peschereccio, come documentano i numerosi reperti esposti nel museo ittico e nel museo delle anfore.
Nel sanbenedettese si possono gustare altre due etichette nobili, il Falerio dei Colli Ascolani, il Rosso Piceno e Rosso Piceno Superiore. Da accompagnare al Brodetto alla “sanbenedettese”, ovviamente! Il brodetto è una delle prelibatezze della regione. Antico piatto unico dei pescatori, consisteva nel derivato naturale del pesce che non veniva smaltito al mercato; un tempo era un piatto povero, oggi invece è stato portato sulle tavole più raffinate diventando un’icona della gastronomia marchigiana.
E per antipasto? Le immancabili olive all’Ascolana, naturalmente!

Ughetta Lacatena

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