Adriano Formoso vive e lavora a Milano. E’ il primo cantautore italiano, psicologo, psicoterapeuta, omeopata naturopata ad aver portato la musica in un reparto ospedaliero di ostetricia e ginecologia, presso un apprezzato ospedale milanese. Ricercatore nellambito delle neuroscienze, Formoso si è dedicato per un decennio allo studio della relazione tra musica, cervello ed emozioni. Sostiene la "Neuropsicofonia", un approccio innovativo che coniuga arte, scienza e psicologia. Autore di libri, "Nascere a Tempo di Rock" è tra i più noti ed è stato applaudito al Salone Internazionale del Libro di Torino nel 2018. Intenso, ironico e a volte provocatorio, questo artista e uomo di scienza ha reso la musica uno strumento per il benessere psicologico e per la crescita personale, integrandola nel suo percorso terapeutico e artistico. Nel mondo dello spettacolo e del post-covid, Adriano Formoso ha portato la relazione di aiuto al servizio del benessere psicologico attraverso il suo innovativo Formoso Therapy Show. Questo spettacolo che unisce musica, teatro e psicologia, è stato accolto con entusiasmo in molti spazi scenici italiani (ha avuto sold out anche al San Babila di Milano) dove lo psicoterapeuta musicista aiuta il pubblico a riflettere su temi legati alla crescita personale e al benessere psicologico. Prossimo impegno a Bologna, il 19 settembre, al Cine Teatro Orione. Lo incontriamo a pochi giorni dall’evento.
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Le sue canzoni hanno un’anima terapeutica: quando scrive, pensa più al pubblico o a sé stesso?
Ogni canzone nasce da un’esperienza personale, ma mentre scrivo penso a chi ascolterà. Mi piace l’idea che qualcuno possa riconoscersi nelle mie parole e trovare un po’ di conforto, come è successo a me scrivendole
Il suo stile è stato definito teatro-canzone terapeutico: cosa trova in questa forma che non trova nei concerti tradizionali?
Il concerto tradizionale ti fa ballare, ti fa cantare insieme. Il teatro-canzone invece ti invita ad ascoltare, a fermarti, quasi a respirare con me. È lì che scatta la parte terapeutica: non solo musica, ma un viaggio dentro se stessi.
Quale canzone del suo repertorio sente più vicina al cuore, e perché?
Se dovessi sceglierne una, direi Di Vento Adolescenza e Bowlby 432Hz. Perché rappresenta il senso del mio percorso: trasformare una ferita in musica e una fragilità in forza. L'ho scritta dopo la seduta con Zaira, una ragazza che seguo da quando fu tolta ai genitori e affidata ai nonni. Spesso abbozzo canzoni negli spazi tra una psicoterapia e l'altra. Scrivere una canzone per me è come mettere al mondo una creatura: la ami e la amerai sempre, anche se a volte può sembrare meno bella delle altre, perché nel mio cuore hanno tutte lo stesso valore. In questo momento storico sento che c’è bisogno di un cambiamento spirituale, e credo che a portarlo saranno proprio i ragazzi. Forse anche per questo, in questi giorni, mi piace cantare spesso questo brano.
Durante il Formoso Therapy Show alterna musica, psicologia e racconto: qual è la reazione più sorprendente che ha visto nel pubblico?
La reazione più sorprendente è stata vedere persone commuoversi fino alle lacrime e poi venirmi a dire: ‘Mi sento più leggero, come se avessi fatto una seduta di terapia’. È in quel momento che ho capito che la musica e le parole insieme possono davvero curare. Una volta, durante lo spettacolo, un ragazzo si è alzato e ha detto: ‘Questa canzone sembra scritta per me’. Quella condivisione spontanea mi ha fatto capire che il pubblico non è spettatore, ma parte viva del Therapy Show. La cosa più sorprendente è che il pubblico non rimane mai passivo. Anche chi arriva per curiosità, finisce per partecipare, per raccontarsi. Ho visto persone uscire con un sorriso nuovo, quasi come se avessero trovato una chiave dentro di sé.
Lei ha portato la musica sui palchi e negli ospedali: quali emozioni prova sapendo che le sue note possono cambiare un momento di vita?
È un’emozione immensa. Sapere che una mia canzone può portare sollievo in un momento difficile è il dono più grande che la musica mi abbia fatto. È lì che capisco che non sto solo cantando, ma sto davvero entrando nella vita delle persone.
Il Formoso Therapy Show non è solo spettacolo, ma un’esperienza: come descriverebbe a chi non l’ha mai visto quello che accade in sala?
Da vari pareri ho appreso chi entra in sala spesso si aspetta solo un concerto. In realtà trova un’esperienza: si ride, si riflette, ci si commuove. È come una piccola terapia collettiva, dove ognuno porta a casa qualcosa di nuovo su di sé.
Quando ha capito che la musica non era solo arte ma poteva diventare anche una forma di cura per l’anima?
L’ho capito da bambino. Ero epilettico e vivevo momenti molto difficili, ma ogni volta che ascoltavo la musica che amavo, le crisi diventavano meno frequenti. Lì ho compreso che la musica non era solo arte o intrattenimento: era una vera forma di cura per l’anima. Da allora, ogni nota che scrivo o canto porta dentro questa consapevolezza.
Lei ha inventato la Neuropsicofonia: come nasce questa intuizione e in cosa è diversa dalla musicoterapia tradizionale?
La Neuropsicofonia nasce dal mio vissuto personale e dallo studio con i miei collaboratori della relazione tra stimolo sonoro, frequenze acustiche, cervello ed emozioni. Non è solo ascoltare musica per rilassarsi, ma un percorso che unisce canto, psicologia e neuroscienze. Rispetto alla musicoterapia tradizionale, che lavora molto sul fare musica o sull’ascolto, la Neuropsicofonia coinvolge anche la voce e la partecipazione attiva: la persona diventa protagonista del suo processo di benessere, non solo spettatore.
Chi è Adriano Formoso quando non canta e non fa lo psicoterapeuta?
Quando non sono artista o terapeuta, mi sento soprattutto un cercatore. Cercatore di bellezza, di equilibrio, di connessioni con le persone e con ciò che mi circonda. Credo che sia questa ricerca continua a dare senso a tutto quello che faccio. Mi piace vivere nella semplicità di serate con gli amici, condividere una cena, una partita di calcio o qualche film, ridere insieme e parlare anche di cose amene.
Prossimo impegno per il Formoso Therapy Show.
Il 19 settembre sarò a Bologna, al Cine Teatro Orione, e subito dopo arriveremo a Lecco, Padova e Bergamo. Non vedo l’ora di incontrare nuovi pubblici: ogni città è un viaggio diverso, ma sempre con lo stesso spirito, trasformare la musica in un momento di cura collettiva.