Il chiarimento del ministro dopo lo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano
Dopo lo sfratto del Leoncavallo dalla sua sede milanese, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi chiarisce che "anche CasaPound rientra nell'elenco dei centri che sono da sgomberare". E spiega: "Da prefetto di Roma l'ho inserito in quella lista, prima o poi arriverà anche il suo turno". Il titolare del Viminale lo ha detto a margine del Meeting di Rimini e, a chi gli fa notare che il ministro Giuli ha detto che quell'immobile potrebbe non essere sgomberato, precisa: "Credo intendesse che l'eventualità ci sarebbe se si legalizzasse in qualche modo".
"È successo già ad altri centri, il Comune di Roma ha comprato addirittura delle strutture per legalizzarli e per consegnarlo, è successo anche in altre città", ha ricordato Piantedosi.
Lo sgombero del Leoncavallo "non è stato anticipato e anzi siamo stati condannati per un ritardo nell'esecuzione dello sfratto, quindi della restituzione alla proprietà. Io ricordo a tutti che abbiamo pagato e siamo stati condannati a pagare, per quel ritardo, 3 milioni e 300mila euro solo per i 10 anni pregressi e ogni ritardo avrebbe comportato un ulteriore risarcimento danni di più di 300mila euro all'anno", ha spiegato Piantedosi. Lo sfratto "non era più procrastinabile - ha aggiunto - e nel momento in cui era possibile restituirla alla proprietà è stata fatta un'operazione doverosamente logica".