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Migranti, ipotesi decreto per fermare le Ong: "Sigillare le acque italiane alle navi sgradite"

I tecnici del Viminale e del ministero delle Infrastrutture sono al lavoro per rendere compatibili le indicazioni politiche di Salvini con le normative italiane e internazionali

Migranti, ipotesi decreto per fermare le Ong:
-afp

Potrebbe essere un decreto legge lo strumento scelto dal governo per bloccare le Ong impegnate nella ricerca e nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo.

E' questa l'ipotesi che si sta facendo strada tra i tecnici del ministro dell'Interno e delle Infrastrutture, al lavoro per rendere compatibili con le normative italiane ed internazionali le indicazioni politiche di Matteo Salvini, appoggiato da Danilo Toninelli. "Stiamo lavorando per sigillare le acque territoriali italiane alle navi sgradite", spiegano al Viminale.

L'obiettivo del decreto, come ribadito più volte da Salvini, sarebbe quello di "risolvere definitivamente il problema con le organizzazioni non governative". Concetto espresso anche dal titolare del ministero delle Infrastrutture, Toninelli: "Non pensiamo a un blocco navale, stiamo creando una norma che inibisca l'ingresso delle Ong per ordine pubblico".

Rischio di esporre l'Italia a violazioni internazionali - L'obiettivo, però, non può considerarsi così scontato e la vicenda della Sea Watch 3 è lì a dimostrarlo: impedire l'accesso di una nave che ha effettuato un salvataggio in mare rischia di esporre l'Italia a una serie di violazioni internazionali, prima tra tutti la convenzione di Amburgo secondo la quale è obbligo di chiunque salvare ogni persona in pericolo in mare e trasferirla in un luogo sicuro.

Bloccare le navi in caso di "pericolo per la sicurezza nazionale" - I tecnici sono stati quindi incaricati di individuare norme che, parlando non di soccorsi in mare ma di navi in transito, non confliggano con le leggi sul salvataggio dei naufraghi. Oltre all'articolo 83 del codice della navigazione - quello che consente di "limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, sicurezza della navigazione e protezione dell'ambiente marino" - il testo normativo su cui si sta ragionando è la "Convenzione delle nazioni unite sul diritto del mare", il trattato di Montego Bay del 1982, ratificato dall'Italia nel 1994. Gli articoli 17 e 19, combinati insieme, prevedono infatti la possibilità di bloccare l'ingresso delle navi nelle acque territoriali nell'ipotesi sussista un "pericolo per la sicurezza nazionale".

La "Convenzione delle nazioni unite sul diritto del mare" - L'articolo 17 afferma che "le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale". Cosa significhi passaggio inoffensivo lo stabilisce l'articolo 19: "Fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero". Se dunque la nave viola uno dei punti indicati dallo stesso articolo, il passaggio nelle acque territoriali diventa a quel punto "pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato Costiero".

Tecnici al lavoro sull'articolo 19 - Ma quali sono questi punti? L'articolo 19 ne indica dodici, tra i quali ce n'è uno che chiama in causa direttamente l'immigrazione. E' vietato il passaggio, si legge, in caso di "carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero" e "ogni altra attività che non sia in rapporto diretto con il passaggio".