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Ddl Zan, nessun accordo tra le forze di maggioranza: mercoledì in aula

Italia Viva: "È da irresponsabili aver deciso di andare subito in aula senza trovare prima un accordo"

ddl zan milano manifestazione
Ansa

Nessun accordo sul ddl Zan. Lo scontro finale in Senato si consumerà mercoledì mattina, come da calendario, quando terminata la discussione generale, si passerà al voto sul non passaggio all'esame degli articoli. Nulla di fatto, dunque, nella capigruppo di Palazzo Madama che conferma la spaccatura tra Pd-Leu-M5s da un lato, sfavorevoli al rinvio di una settimana proposto da Lega e Forza Italia, che a loro volta non rinunciano a ritirare la "tagliola".

Falliti tutti i tentativi di trovare un accordo, protagonisti della giornata di martedì a palazzo Madama. La proposta di slittare di una settimana l'esame dell'Assemblea è naufragata nel corso di una capigruppo quando il Pd ha avuto la certezza che la "tagliola" non sarebbe mai stata ritirata. Dopo la sospensione della discussione sul ddl dettata dalla pausa estiva, ad aspettare al varco il provvedimento, arrivato a palazzo Madama nell'aprile scorso, c'è infatti la richiesta di Lega e Fratelli d'Italia di mettere ai voti il non passaggio all'esame degli articoli, la cosiddetta "tagliola", per andare direttamente al voto finale senza l'esame degli emendamenti.

 

Entrambi i voti, con una richiesta sottoscritta da venti senatori, sarebbero a scrutinio segreto. Il rischio è che nel segreto dell'urna, in assenza di un accordo politico, il ddl finisca con l'essere affossato per sempre. Il Pd però promette battaglia, afferma la capogruppo dem Simona Malpezzi, e cercherà in tutti i modi di ottenere il voto palese. Al termine di una giornata che ha visto protagonista nella Camera Alta una girandola di incontri, l'appello del segretario dem Enrico Letta di "cercare un'intesa" è caduto nel vuoto. Letta ancora martedì mattina, infatti, invitava a fare di tutto per non affossare una legge "chiesta soprattutto dai giovani". Trovare un accordo è per il segretario dem, "una responsabilità per arrivare al risultato finale". L'appuntamento per le fazioni è dunque rimandato a mercoledì alle 9.30 in Aula dove quello che conterà saranno solo i numeri.

 

Botta e risposta Malpezzi-De Petris-Romeo dopo la conferenza dei capigruppo del Senato - Un botta e risposta, duro, davanti agli occhi dei cronisti. È quello che è andato in scena al termine della conferenza dei capigruppo del Senato che ha deciso di lasciare invariato il calendario e mandare in aula mercoledì alle 9.30 il ddl Zan per il mancato accordo tra le forze politiche. Protagonisti sono i presidenti dei gruppi di Pd, Simona Malpezzi, Gruppo Misto, Loredana De Petris (Leu) e della Lega, Massimiliano Romeo. Il primo a incrociare la stampa è proprio l'esponente del Carroccio, visibilmente alterato: "Noi avevamo dato la disponibilità ad aspettare, ma hanno detto di no e per noi va benissimo mercoledì", dice a proposito della richiesta di rinviare la discussione su entrambi i provvedimenti al 3 novembre, che gli altri gruppi hanno respinto.

 

Subito dopo è il turno dei dem: "Si mantiene il calendario previsto, nonostante l'apertura che il Pd, insieme a Cinquestelle e Leu, avevano fatto chiedendo però di togliere la 'tagliola' del non passaggio agli articoli, che uccide il provvedimento - spiega Malpezzi -. Ma le richieste sono state tutte rispedite al mittente perché, evidentemente, la volontà di mediare da parte loro non c'è mai stata. E lo dimostra quello che faranno anche mercoledì con le due presentazioni di non passaggio agli articoli da parte di Lega e FdI, votate però convintamente anche da FI, che non mi sembra ritenga un problema se il provvedimento non dovesse passare. A noi dispiace molto perché c'era una bella opportunità di lavorare insieme, ma non c'è stata voglia di trattare". 

 

"La proposta di rinviare al 3 novembre, dopo i morti (capito, doppo i morti!) per noi è assolutamente inaccettabile. Questa è la dimostrazione che non hanno voluto ritirare la pistola fumante. La loro volontà era evidente", dice De Petris. Le fa eco ancora Malpezzi: "Ma perché andare al 3 novembre? Perché poi si entra nella sezione di bilancio e il loro obiettivo era quello di non portare a casa il provvedimento". Romeo, ascolta assieme al presidente della commissione Giustizia del Senato, Andrea Ostellari. Poi raggiunge le colleghe di Pd e Leu e riprende la parola: "Per evitare di arrivare al non passaggio agli articoli la richiesta di spostare di una settimana era funzionale al fatto di vedere se nel frattempo si poteva trovare un accordo". Malpezzi e De Petris ribattono: "Ma noi che cosa vi avevamo detto? Di ritirare la tagliola". Replica immediata: "Non ritiriamo nulla, perché la forzatura che avete fatto voi di portare il testo in aula ci ha dato la possibilità di usare gli strumenti a nostra disposizione".

 

Un incontro dai toni accesi dove sono volate parole grosse e qualche senatore ha persino perso la pazienza minacciando di lasciare l'aula della commissione prima della fine. Dopo piu' di un'ora di scintille la riunione e' stata interrotta per consentire una riunione dei capigruppo e l'intervento della presidente del Senato Elisabetta Casellati. A niente sono servite le due capigruppo convocate in serata nel tentativo di un accordo in extremis. L'appuntamento per le due fazioni è rimandato a mercoledì alle 9.30 in Aula dove quello che conterà saranno solo i numeri.


Iv: "Irresponsabile conta in Aula senza accordo" - "È da irresponsabili aver deciso di andare subito in aula senza trovare prima un accordo, occorreva fare un rinvio di una settimana per entrare nel merito del provvedimento cercando un'intesa, come aveva chiesto IV, cercando quelle modifiche auspicate anche da Letta. Senza questa intesa si rischia il naufragio in aula". Così in una nota il presidente dei senatori di Italia Viva Davide Faraone al termine della capogruppo.

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