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Motore a ciclo Atkinson: come funziona e perché va bene nei powertrain ibridi

Tecnicamente il ciclo Atkinson ha un rapporto di compressione inferiore a quello di espansione. Cosa vuol dire? Cerchiamo di spiegarlo in modo semplice e di capire perché è a suo agio nei sistemi ibridi.

Motore a ciclo Atkinson: come funziona e perché va bene nei powertrain ibridi<br />
  - foto 1
Ufficio stampa Ford

Il motore a ciclo Atkinson è stato inventato da James Atkinson nel 1882, pochi anni dopo l’affermazione del ciclo Otto.

Nel 1957 Ralph Miller riprese il progetto e lo perfezionò, ideando un ciclo di funzionamento alternativo a un comune ciclo Otto, capace di compensare una diminuzione di potenza con una superiore efficienza.

 

Agli inizi del progetto

 Nel 1882, mentre il ciclo Otto spopolava, l’idea che accese l’ingegno di James Atkinson arrivò dalla necessità di ottenere una corsa di espansione differente rispetto a quella di compressione. Questo processo serviva a recuperare il massimo dell’energia generata dalla combustione, chiedendo in prestito una piccola parte di energia dal sistema per azionare il moto della compressione. Per raggiungere l’obiettivo, Atkinson brevettò un motore con un cinematismo piuttosto complicato in grado di generare una differenziazione del rapporto di compressione rispetto a quello di espansione.

 

Motore a ciclo Atkinson: come funziona e perché va bene nei powertrain ibridi<br />
  - foto 4
Ufficio stampa Toyota

 

I principi tecnici del ciclo Atkinson

 In un motore a quattro tempi l’energia sviluppata dalla combustione viene trasformata in potenza nel momento in cui i gas si disperdono nel cilindro, per cui più alto è il valore di espansione e maggiore sarà quello della potenza sviluppata. Di consuetudine, nei motori a ciclo Otto il rapporto di compressione è uguale a quello di espansione e se si vuole ottenere più potenza, oltre a intervenire sul rapporto di espansione, bisogna mettere mano anche al rapporto di compressione, ma c’è un problema. Quest’ultimo non si può elevare eccessivamente poiché pressioni e temperature raggiungerebbero valori pericolosi che comprometterebbero l’affidabilità del motore. Atkinson risolse questo problema, anticipando la chiusura delle valvole di aspirazione durante la loro fase, oppure ritardandola durante la fase di compressione. Perciò nel ciclo Atkinson il rapporto di compressione è inferiore rispetto a quello di espansione, caratteristica che fisiologicamente lo rende un motore dall’alto rendimento termodinamico, ma con bassa potenza specifica. Ralph Miller ne fece un punto di forza e nella nostra epoca il ciclo Atkinson è stato scelto per essere accoppiato alla sovralimentazione o all’alimentazione ibrida, creando un rapporto di compensazione vincente. In questo caso ad esempio, il motore elettrico provvede a colmare la minore potenza dell’unità endotermica, beneficiando dei consumi particolarmente contenuti.

 

Motore a ciclo Atkinson: come funziona e perché va bene nei powertrain ibridi<br />
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Ufficio stampa Ford

 

I punti di forza e di debolezza del ciclo Atkinson

 Come già detto, il ciclo Atkinson ha un alto rendimento termodinamico, ma una bassa potenza specifica rispetto a un motore a ciclo Otto di pari cilindrata (circa 2/3). In questo caso meno potenza significa minori consumi di carburante. Per cui possiamo affermare che un motore a ciclo Atkinson è un’unità che strizza l’occhio alle emissioni e ai consumi e che si “incastra” molto bene nei sistemi ibridi, che beneficiano delle caratteristiche del ciclo Atkinson e lo completano nella potenza con le unità elettriche. L’elettrificazione ha regalato nuova linfa vitale al ciclo Atkinson Miller, tornato nuovamente protagonista nei powertrain ibridi in cui coppia e potenza avevano bisogno di efficienza e consumi più bassi.

 

Motore a ciclo Atkinson: come funziona e perché va bene nei powertrain ibridi<br />
  - foto 2
Ufficio stampa Toyota

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