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Attacchi nello Yemen, petrolio e cargo alle stelle: "tassa Houthi" sui prezzi

Intanto, Tesla ha annunciato che chiuderà quasi tutta la produzione nella sua Gigafactory di Berlino-Brandeburgo a causa della mancanza di componenti dovuta ai tempi di trasporto più lunghi a causa della crisi nel Mar Rosso

Attacchi aerei nello Yemen, il peso del Mar Rosso nel commercio

Le navi fuggono dal Mar Rosso, oggetto degli attacchi Houthi e ora della risposta militare di Usa e alleati in Yemen.

L'effetto è un allungamento dei tempi del commercio nella tratta Asia-Europa, ma soprattutto un inevitabile conseguente aumento dei prezzi delle merci trasportate. Sommato ai rialzi del petrolio, venerdì salito di oltre il 4% con il Brent a 80 dollari al barile, il rischio è di una nuova "tassa Houthi" su gran parte dei prodotti in arrivo dall'est, dalle materie prime "ai pc, fino ai calzini". A spiegarlo è Alessandro Giraudo, economista, esperto di geopolitica e materie prime, professore alla Grandes Écoles di Parigi.

 

Il numero dei container trasportati in nave sul Mar Rosso è già crollato di quasi il 70% - Come evidenziato dal think tank economico Ifw, Kiel Institute for the World Economy, il numero dei container trasportati in nave sul Mar Rosso è già crollato di quasi il 70% rispetto al traffico stimato in questo periodo, proprio a causa degli attacchi del gruppo dei ribelli yemeniti alle navi internazionali. L'istituto parla di un vero e proprio "collasso": da 500mila container al giorno registrati a novembre, si è scesi a circa 200mila. Il crollo equivale al 66% in meno rispetto al traffico marittimo atteso a gennaio. Per evitare il Mar Rosso, da cui passa circa il 12% del commercio mondiale, i cargo sono costretti ad allungare il tragitto passando per il Capo di Buona Speranza. Il che significa, specifica Giraudo intervistato da Radio24, da 8 a 12 giorni in più di navigazione, ovvero più consumo di energia, maggiori costi di assicurazione, tempi "di immobilizzazione" più lunghi per equipaggi e navi.

 

I noli dei container più o meno standard, quelli da 40 piedi che vengono utilizzati per il trasporto dalla Cina al Mediterraneo, sono così passati, dai 3mila dollari all'unità di un paio di mesi fa a 6mila dollari. Un raddoppio vero e proprio anche se ancora lontano, come sottolinea il Kiel Institute, dai 14mila dollari raggiunti durante l'emergenza Covid. "È vero che le navi non pagano più il pedaggio per attraversare Suez, che varia da mezzo milione a un milione di dollari - aggiunge - ma l'incremento dei costi è abbastanza evidente". Il professore non nasconde però anche una certa speculazione in atto. "I vari gruppi di trasporto stanno approfittando largamente della situazione. Se c'è un incremento dei costi di un milione o anche, volendo stare alti, di 5 milioni, dividendo per 20mila container, siamo sui 500-1.000 dollari a container al massimo. Ma i noli sono aumentati di 3mila dollari".

 

C'è poi da valutare anche un altro aspetto, quello dei tempi e degli inevitabili ritardi rispetto alla normalità, pari almeno a un paio di settimane, non solo per i viaggi più lunghi. I festeggiamenti per l'anno nuovo che inizieranno in Cina il 10 febbraio fermeranno infatti le esportazioni per circa 10 giorni. Proprio per questo, gli importatori vogliono assicurarsi le merci prima della sospensione, spingendo ulteriormente sui costi e sui noli. In Italia c'è già chi corre ai ripari. La Db Group di Montebelluna ha riattivato una linea di collegamenti ferroviari con la Cina predisponendo due treni speciali da 50 vagoni che partiranno il 31 gennaio e nelle settimane successive. Il viaggio avrà in questo caso una durata di 25 giorni.

 

Tesla sospende produzione in Germania a causa attacchi Houti - Intanto, la casa automobilistica Tesla ha annunciato venerdì che chiuderà quasi tutta la produzione nella sua Gigafactory di Berlino-Brandeburgo dal 29 gennaio al 12 febbraio a causa della mancanza di componenti. Il conflitto nel Mar Rosso sta sollevando lo spettro di una nuova crisi della catena di approvvigionamento per i produttori europei dipendenti da componenti provenienti dalla Cina e da altri Paesi asiatici. "I tempi di trasporto notevolmente più lunghi creano un divario nelle catene di approvvigionamento", ha scritto Tesla nel comunicato che annunciava la chiusura di due settimane, spiegando che "a causa della mancanza di componenti siamo quindi costretti a sospendere la produzione di veicoli nella Gigafactory".

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