Alessandro Caputo e Stefano Farronato sono stati sorpresi da forti nevicate mentre stavano scalando il monte Panbari. Gli altri tre, Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler, sono stati travolti da una valanga
Ci sono cinque italiani tra le vittime di due distinti incidenti in Nepal, tra le vette della regione himalayana. Una violenta tempesta di neve e una valanga hanno ucciso complessivamente nove persone, cinque italiane, che in questi giorni erano impegnate in differenti scalate nel massiccio asiatico. Le autorità locali hanno confermato, tra gli altri, il decesso di Alessandro Caputo e Stefano Farronato, che stavano tentando di scalare il Monte Panbari (6.887 metri). I due sono stati sorpresi da una tormenta di neve. Gli altri tre sono invece stati travolti da una valanga: Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler. Uno sherpa: "Abbiamo aspettato i soccorsi per 24 ore".
Dopo esser stato dato per disperso, la guida abruzzese Marco Di Marcello è stata trovata morta. Il corpo del biologo di 37 anni originario di Teramo è stato identificato dopo ore di ricerche.
Da venerdì 31 ottobre si erano perse le tracce di Caputo e Farronato: i due erano stati sorpresi da forti nevicate mentre si trovavano al Campo 1 (5.000 metri sul livello del mare). La Farnesina, in una nota ufficiale, ha riferito che il decesso è stato confermato dalle autorità locali.
Cocco, Di Marcello e Kirkler, travolti da una valanga, erano insieme al tedesco Jacob Schreiber, al francese Christian Andre Manfredi e alle guide nepalesi Padam Tamang e Mere Karki e stavano tentando la scalata al Dolma Khang. Al momento è stato ritrovato dai soccorritori il corpo di Cocco, fotografo abruzzese, come ha annunciato il sindaco di Fara San Martino Antonio Tavani: nel comune Cocco era stato anche vicesindaco.
Il gruppo travolto da una valanga nella giornata di lunedì era composto di 12 persone. Erano al campo base del picco Yalung Ri, a 5.630 metri, nel Nepal centrale. Sette le persone morte nel disastro: oltre ai tre italiani, due nepalesi, un tedesco e un francese, secondo quanto ha riferito all'Afp Phurba Tenjing Sherpa, che fa capo a Dreamers Destination, organizzatore della spedizione. Lo sherpa ha affermato di aver "visto tutti e sette i corpi". I superstiti dell'incidente sono stati tratti in salvo e trasportati in elicottero nella capitale Kathmandu martedì mattina, ha spiegato l'alto ufficiale di polizia Gyan Kumar Mahato, del distretto di Dolakha. Tra quelli soccorsi ci sono due alpinisti francesi e due nepalesi.
Uno sherpa rimasto ferito in Nepal, Nima Gyalzen, ha detto di aver atteso oltre 24 ore i soccorsi. E' quanto riporta l'Himalayan Times, secondo cui i ritardi sulla vetta dello Yalung Ri hanno provocato forti critiche al sistema di risposta alle emergenze del Paese, con sopravvissuti e funzionari che attribuiscono la responsabilità a un sistema macchinoso per il rilascio dei permessi per l'accesso all'area, dove i voli in elicottero richiedono molteplici autorizzazioni governative. "Molti dei nostri amici piangevano da ore implorando un soccorso immediato", ha raccontato. Un pilota avrebbe confermato che i voli nella zona hanno bisogno dell'approvazione dei ministeri del Turismo, dell'Interno e della Difesa, insieme a quella dell'Autorità per l'aviazione civile. "Questa catena di permessi causa ritardi critici", ha chiarito.
"La valanga ha colpito intorno alle 9 del mattino, ma il soccorso è stato autorizzato quasi otto ore dopo", ha spiegato Pasang Kidar, guida dell'International federation of mountain guides associations e vicepresidente del Rolwaling Everest summiteers club. Anche i funzionari locali hanno espresso tutta la loro frustrazione affermando che, nonostante le ripetute richieste, "le regole delle zone soggette a restrizioni hanno gravemente ostacolato una risposta tempestiva". Alla luce dell'incidente, le associazioni alpinistiche hanno chiesto riforme immediate. Il presidente della Nepal mountaineering association, Phur Gyalje, ha sottolineato che "procedure di soccorso rapide sono essenziali durante le emergenze in montagna" e ha aggiunto che l'associazione "si coordinerà con le autorità per garantire che tali ritardi burocratici non si ripetano".
E' sopravvissuto invece Valter Perlino, l'alpinista di Pinerolo (Torino), capospedizione dello stesso gruppo di Caputo e Farronato. Perlino era rimasto al campo base per un problema al piede, mentre gli altri due erano saliti più in quota. "L'idea di mio marito era di raggiungere i compagni nei giorni successivi - dice la moglie Gloriana Salvai -. Ha sempre mantenuto i contatti radio con li altri due fino a domenica notte, quando loro erano in tenda sotto la tormenta di neve. Lunedì ha lanciato l'allarme e ha partecipato alla ricerca. Le tende non c'erano più, il campo era sepolto di neve. Poi il ritrovamento dei due corpi".