Dopo i sorvoli di jet venezuelani su una nave americana, lo scontro tra Caracas e Washington si inasprisce: accuse di narcotraffico, minacce militari e rischio escalation nei Caraibi
Il confronto tra Stati Uniti e Venezuela conosce un nuovo picco di tensione. Dopo che jet venezuelani hanno sorvolato per due giorni di fila una nave della Marina americana, il presidente Donald Trump ha minacciato di abbattere gli aerei militari di Caracas in caso di manovre "pericolose". Nicolás Maduro ha replicato con un messaggio televisivo in cui da un lato invita al dialogo, dall'altro annuncia che il Paese è pronto a una "fase di lotta armata" per difendere la sovranità nazionale. L'episodio si inserisce in un quadro più ampio di accuse reciproche, dispiegamenti militari e accuse di narcotraffico che aggravano ulteriormente i rapporti bilaterali.
La tensione si è accesa quando due caccia F-16 venezuelani hanno sorvolato a distanza ravvicinata la USS Jason Dunham, nave da guerra americana impegnata in operazioni di pattugliamento nel Mar dei Caraibi. Secondo funzionari del Pentagono, non è stato possibile stabilire se i velivoli fossero armati, ma il gesto è stato giudicato "altamente provocatorio". Il presidente Trump, intervenuto subito dopo l'episodio, ha dichiarato che qualsiasi aereo che minacciasse la sicurezza delle forze statunitensi sarebbe stato abbattuto. Una presa di posizione che ha immediatamente innalzato il livello di allerta tra i due Paesi.
In un messaggio trasmesso dalle principali reti radiofoniche e televisive venezuelane, Nicolás Maduro ha negato che le divergenze con Washington possano giustificare un conflitto armato, sostenendo la necessità di ricorrere al dialogo. Tuttavia, ha avvertito che il Paese è pronto a una "fase di lotta armata" qualora si verificasse un'aggressione militare. Durante un evento con la milizia popolare, il presidente ha parlato di una "risposta pianificata e organizzata di tutto il popolo" per difendere la sovranità nazionale. Caracas interpreta la strategia statunitense come parte di una politica di "regime change violento" che, secondo Maduro, minaccia la stabilità di tutta l'America Latina.
Alla base dello scontro ci sono anche le accuse di narcotraffico mosse dagli Stati Uniti contro il governo di Caracas. Washington ha innalzato a 50 milioni di dollari la taglia sulla cattura di Maduro, ritenuto al vertice di un cartello denominato "Cartel de los Soles". Il leader venezuelano respinge con forza tali accuse, sostenendo che il Paese non produce né coca né cocaina e rivendicando i progressi ottenuti nella lotta al narcotraffico, riconosciuti da organismi internazionali. Per Caracas, le imputazioni americane hanno finalità politiche e servono a giustificare un'azione ostile contro il governo.
Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno intensificato la loro presenza militare nella regione caraibica, ufficialmente con l'obiettivo di contrastare il traffico di droga. Navi da guerra, sottomarini e aerei da pattugliamento sono stati schierati nelle acque internazionali, mentre migliaia di militari sono stati mobilitati in basi strategiche. Caracas ha interpretato questi movimenti come una minaccia diretta alla propria sicurezza nazionale. La situazione è stata ulteriormente aggravata da un'operazione americana contro un'imbarcazione sospettata di narcotraffico, durante la quale sarebbero rimasti uccisi diversi membri di un gruppo criminale attivo nella regione. Maduro ha definito l'operazione una "messa in scena" destinata a giustificare nuove pressioni.
Dietro l'attuale escalation si intrecciano diverse questioni: l'accusa americana che lega il governo venezuelano a reti criminali transnazionali, la storica contrapposizione ideologica tra Washington e il chavismo e la volontà statunitense di ridimensionare l'influenza del regime di Caracas nella regione. Maduro, dal canto suo, denuncia il tentativo di un nuovo cambio di governo imposto dall'esterno e punta sulla mobilitazione della popolazione come baluardo contro ogni ipotesi di intervento. La contrapposizione tra le due nazioni si è così trasformata in un braccio di ferro in cui la diplomazia appare sempre più marginalizzata.
La crescente tensione non riguarda solo Stati Uniti e Venezuela ma rischia di destabilizzare l'intera regione. Alcuni governi latinoamericani hanno espresso preoccupazione per le implicazioni di un eventuale conflitto, che potrebbe avere effetti disastrosi in termini economici e sociali. Esperti di diritto internazionale hanno sollevato dubbi sulla legittimità delle operazioni militari statunitensi in acque internazionali, sottolineando il rischio di violazioni del diritto internazionale. Intanto, la mobilitazione interna in Venezuela porta con sé un rafforzamento del controllo militare sulla società, con potenziali conseguenze per le istituzioni democratiche del Paese.