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Sudan, "almeno 600 morti da inizio scontri" | Esercito e forze paramilitari accettano una tregua di 72 ore

Ucciso un operatore umanitario dell'Onu mentre era in viaggio nel Kordofan settentrionale, in un combattimento tra fazioni militari rivali. Oltre 3mila feriti

In Sudan un operatore umanitario dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni è stato ucciso dopo essere rimasto coinvolto negli scontri in corso nel Paese tra fazioni militari rivali.

Lo riferisce da Ginevra la stessa agenzia dell'Onu in un comunicato, in cui si specifica che "il veicolo su cui viaggiava l'operatore con la sua famiglia è stato colpito in uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le due parti belligeranti". Intanto, esercito e forze paramilitari hanno accettato una tregua di 72 ore per la festa Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro di Ramadan. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sono "pronti a far evacuare l'ambasciata nel Paese" in qualsiasi momento. Sarebbero "oltre 600" i morti dall'inizio degli scontri. È quanto viene riportato nell'ultimo aggiornamento fornito dal ministero della Salute di Khartoum.

 

Tregua di tre giorni

 L'esercito sudanese ha annunciato di aver accettato una tregua di tre giorni, a partire da oggi, in occasione della festa Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro di Ramadan. Le forze paramilitari di supporto rapido avevano già annunciato la propria disponibilità a una cessazione delle ostilità di 72 ore. "Le forze armate sudanesi accettano un cessate il fuoco di tre giorni, a partire da oggi, venerdì 21 aprile, per consentire ai cittadini di festeggiare Eid al-Fitr e per garantire i servizi umanitari - recita la nota - le forze armate sudanesi sperano che i ribelli rispettino tutti i requisiti del cessate il fuoco e fermino qualsiasi mossa militare che possa ostacolarlo". Stando a quanto riferito oggi dall'Oms, sono oltre 400 le persone rimaste uccise negli scontri in corso da sabato a Khartoum e in altre zone del Sudan tra l'esercito e le forze paramilitari. 

 

L'uccisione nel Kordofan settentrionale

 L'uomo, rimasto ucciso negli scontri tra le due fazioni che combattono per accaparrarsi il potere, stava viaggiando su una vettura a sud di El Obeid, capoluogo del Kordofan settentrionale, quando è rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco incrociato tra le due parti in guerra nel Paese, secondo quanto ha comunicato il direttore generale dell'Oim, Antonio Vittorino. "Sono profondamente addolorato per la morte del nostro collega operatore comunitario - ha detto - e mi unisco al lutto della moglie e del figlio neonato e del nostro team in Sudan. La sicurezza di tutto il personale dell'Oim è la mia priorità". 

 

Violenti scontri

 Continuano intanto violenti gli scontri nel Paese, come testimonia il coordinatore dei progetti di Medici senza frontiere, Cyrus Paye, che ha parlato di "pesanti combattimenti" in corso a El Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale, nell'ovest del Sudan, tra l'esercito e le forze paramilitari di supporto rapido. Nell'ospedale della città, supportato da Msf, sono arrivati 279 feriti, "la maggior parte civili", e tra loro 44 sono morti. 

 

Msf: situazione catastrofica negli ospedali

 "La situazione è catastrofica - ha raccontato Paye -. La maggior parte dei feriti sono civili colpiti da proiettili vaganti e molti di loro sono bambini. Hanno fratture, ferite da arma da fuoco o schegge nelle gambe, nell'addome o nel petto. Molti hanno bisogno di trasfusioni di sangue. Abbiamo dovuto curare molti pazienti sul pavimento nei corridoi, perché non ci sono abbastanza letti per un numero così alto di feriti. Fino alla scorsa settimana, il South Hospital non aveva sufficiente capacità chirurgica perché era un ospedale materno-infantile che abbiamo iniziato a supportare lo scorso anno per ridurre l'alto tasso di mortalità materna nella regione. Quando sono iniziati i combattimenti, abbiamo dovuto riconvertire l'ospedale per poter curare i feriti". 

 

Usa: "Pronti a evacuare l'ambasciata in Sudan"

 Gli Stati Uniti vogliono essere "pronti" all'evacuazione del loro personale diplomatico "in caso di necessita'". Lo ha riferito il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, confermando che il Pentagono sta posizionando truppe nella regione per fare fronte a ogni evenienza. La situazione in Sudan e a Khartoum, ha detto Kirby, rimane "molto tesa" e i combattimenti "continuano". Kirby ha anche invitato i cittadini Usa presenti nel Paese a "mettersi al sicuro".

 

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