Nel 1911 l'imbianchino Peruggia voleva riportare il capolavoro di Leonardo in Italia
L'attore Alessandro Preziosi in una foto di scena interpreta Vincenzo Peruggia protagonista del film di Fabrizio Costa "L'uomo che rubò la Gioconda" © Ansa
Nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1911, il Louvre è chiuso per manutenzione. Un uomo, vestito da operaio, si aggira nel Salon Carré, dove è esposto il ritratto più celebre del mondo. Poche ore dopo, la Gioconda di Leonardo da Vinci scompare. Fu l'inizio del furto più celebre nella storia dell'arte. Dietro al colpo c'era Vincenzo Peruggia, imbianchino originario di Dumenza, in provincia di Varese, che uscì con il capolavoro nascosto sotto il cappotto. Convinto - erroneamente - che il dipinto fosse stato trafugato da Napoleone e deciso a "riportarlo in Italia", mise a punto un piano tanto semplice quanto audace: lavorando per la ditta incaricata della manutenzione del museo, conosceva le abitudini del personale e le misure di sicurezza. Quel giorno staccò la tavola dalla cornice, la nascose sotto il cappotto e si dileguò indisturbato.
Vincenzo Peruggia, decoratore e imbianchino, emigrò in Francia giovanissimo ed ebbe l’occasione di lavorare anche al Louvre e partecipare ai lavori per la sistemazione della teca di vetro dove era custodita la Gioconda, allora nel Salon Carrè. Conosceva quindi benissimo il luogo e le abitudini del personale del museo. E rubare la Gioconda e portarla in Italia, per lui, fu un gioco da ragazzi. Quella domenica notte precedeva il canonico giorno di chiusura del Louvre e l'imbianchino Peruggia dormiva sereno nel ripostiglio in attesa che arrivassero le sette del mattino quando, allentatasi la sorveglianza, tolse con facilità il dipinto dalla cornice e se lo infilò sotto il cappotto.
Era stato lui stesso a inserirlo nella teca tempo prima e sapeva come agire. Poi con tutta calma si diresse verso l'uscita e chiese aiuto a un idraulico perché gli aprisse il portone. In un baleno fu così su Rue de Rivoli e poco dopo in un comodo taxi. Erano le 8,30 del mattino. Le uniche misure di sicurezza allora consistevano nell'addestramento delle guardie al judo. E il furto dal Louvre rappresentava un'assoluta novità. La sparizione venne scoperta soltanto il giorno dopo. Le ricerche, infatti, furono lente e condotte con difficoltà. In un primo momento si pensò a un errore d'inventario o a un prestito non registrato. Poi l'incredulità lasciò spazio all'evidenza: la Gioconda era stata rubata. Le indagini, che si protrassero per oltre due anni, coinvolsero anche figure di spicco dell'avanguardia culturale come il poeta Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, entrambi sospettati e poi scagionati.
Nel dicembre 1913, Peruggia - ormai rientrato in Italia - contattò l'antiquario fiorentino Alfredo Geri, proponendogli di vendere il dipinto a condizione che restasse nel Paese. L'11 dicembre, Geri e il direttore degli Uffizi Giovanni Poggi si recarono nella stanza d'albergo dove il quadro era nascosto. Riconobbero subito l'autenticità dell'opera e avvertirono la polizia, che mise in sicurezza il dipinto e arrestò Peruggia, destinato a passare alla storia come "il ladro della Gioconda".
Il ladro sostenne sempre di aver rubato il quadro di Leonardo solo per restituirlo al suo Paese. Anzi, "per restituire il frutto dei saccheggi napoleonici", arrivò a dire. Ma l'imbianchino italiano non sapeva che la Gioconda è da sempre, e a pieno diritto, francese, essendo stata venduta per 4mila ducati a Francesco I dallo stesso Leonardo Da Vinci. Il capolavoro di Leonardo, dopo il suo recupero, fu esposto temporaneamente agli Uffizi e in altri musei italiani, prima di tornare, nel gennaio 1914, al Louvre, accolto da una folla entusiasta.
L'episodio non è l'unico nella storia di furti del museo parigino, che oggi custodisce oltre 33mila capolavori che spaziano dall'antichità, alla scultura e alla pittura, dalla Mesopotamia, all'Egitto e al mondo classico, fino ai maestri europei. Tra le sue attrazioni principali figurano la Gioconda, la Venere di Milo e la Vittoria alata di Samotracia. La Galerie d'Apollon, dove è avvenuto l'ultimo furto, espone una selezione dei gioielli della corona francese.
Nel 1983 due armature rinascimentali furono trafugate e recuperate soltanto quarant'anni dopo. E il Louvre stesso porta ancora i segni dei saccheggi napoleonici, che continuano ad alimentare il dibattito sulla restituzione delle opere d'arte.