Dopo 55 giorni di prigionia a Gaza, la giovane israeliana accusa un influencer del fitness di averla drogata e stuprata nel suo appartamento. Un incubo che continua anche in libertà
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Mia Schem, la tatuatrice israeliana di 23 anni divenuta simbolo della tragedia degli ostaggi dopo l'attacco del 7 ottobre da parte di Hamas, ha rivelato pubblicamente un nuovo trauma: sarebbe stata violentata nel suo appartamento da un personal trainer, noto influencer del fitness. L'aggressione, secondo quanto raccontato in un'intervista esclusiva all'emittente israeliana Channel 12, sarebbe avvenuta a marzo 2025. Mia aveva avuto tre sedute di allenamento con l'uomo, il quale l'avrebbe poi contattata dicendo di volerle presentare un produttore di Hollywood interessato a girare un film sulla sua storia.
Dopo un primo incontro saltato in hotel, l'uomo l'ha raggiunta a casa. Con la scusa della riservatezza, ha chiesto all'amica presente di allontanarsi. Poco dopo, Mia ha riferito di non ricordare nulla. Si è svegliata nuda, con ferite e segni di lividi, sentendosi "violata e disorientata". Un controllo medico ha confermato la presenza di rapporti sessuali e contusioni. "L'ho capito subito da come mi sentivo fisicamente. Avevo un buco nero nella memoria", ha raccontato.
"Era la mia paura più grande: essere violentata", ha dichiarato al Daily Mail con voce rotta Mia Schem. "Temevo potesse accadere a Gaza, e invece è successo qui, nella mia casa, il luogo in cui avrei dovuto sentirmi al sicuro". L'identità del presunto aggressore è coperta da un ordine di silenzio stampa. L'uomo è stato arrestato, ma poi rilasciato per mancanza di prove sufficienti. Le indagini restano aperte, mentre la testimonianza di Mia ha riacceso il dibattito in Israele sulla vulnerabilità psicologica delle vittime sopravvissute a eventi traumatici.
Mia era stata rapita durante il Nova Music Festival, uno dei luoghi più colpiti durante il massacro del 7 ottobre. Tenuta in ostaggio per 55 giorni a Gaza, ha raccontato di aver vissuto costantemente nel terrore di subire violenze sessuali. Le sue condizioni di salute, una volta liberata il 30 novembre, destarono immediata preoccupazione: Mia soffre oggi di crisi epilettiche, sintomo post-traumatico della detenzione.
Dopo la liberazione, Mia Schem è diventata una figura di riferimento per la causa degli ostaggi israeliani. Ha partecipato a eventi, convegni e incontri con i media per tenere alta l'attenzione su chi è ancora prigioniero a Gaza. La madre, Keren Schem, ha lanciato un appello alla giustizia: "Vedere mia figlia sopravvivere all'inferno per poi essere ferita in questo modo, è inaccettabile. Dobbiamo proteggere chi ha già sofferto troppo".
Molti degli ostaggi liberati da Hamas hanno riportato traumi profondi. Ansia, insonnia, depressione e disturbi post-traumatici da stress (PTSD) sono comuni tra coloro che sono sopravvissuti ai giorni di prigionia. Il Ministero della Salute israeliano ha attivato specifici protocolli di supporto psicologico, ma diverse associazioni denunciano la scarsità di risorse e personale. Il caso di Mia Schem non è isolato: numerose vittime affrontano difficoltà enormi anche dopo il rientro a casa, spesso in silenzio.
Già nei primi giorni dopo l'attacco del 7 ottobre, erano emerse denunce su presunte violenze sessuali commesse dai miliziani di Hamas durante i rapimenti e la prigionia. Diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno avviato indagini, mentre testimonianze dirette, tra cui quella di Mia Schem, rafforzano l’ipotesi di un uso sistematico dello stupro come strumento di guerra. Le prove, tuttavia, restano difficili da raccogliere, sia per il contesto di guerra che per la paura delle vittime a parlare.
Mia Schem è nata nel 2000 a Shoham, una cittadina a est di Tel Aviv, da madre israeliana e padre francese. Ha quindi la doppia cittadinanza, israeliana e francese, dettaglio che ha attirato l'attenzione anche del governo di Parigi dopo il suo rapimento. La giovane è cresciuta in una famiglia laica, immersa nella scena creativa urbana: artista del tatuaggio, ha lavorato in diversi studi a Tel Aviv e Gerusalemme, ed è nota per il suo stile personale e la sua indipendenza.
Durante il Nova Music Festival, evento musicale che celebrava la vita e la pace nel deserto del Negev, Mia è stata rapita da Hamas e portata nella Striscia di Gaza, dove è rimasta prigioniera per 55 giorni. Il suo volto è diventato virale dopo la pubblicazione di un video propagandistico da parte di Hamas che la mostrava ferita, mentre riceveva cure rudimentali. Dopo la liberazione, Mia è stata accolta come un simbolo di speranza e resilienza. Ha scelto di non rimanere in silenzio, partecipando ad eventi pubblici e rilasciando interviste per mantenere alta l’attenzione sui prigionieri ancora detenuti. Oggi, nonostante il nuovo trauma subito, Mia continua a esporsi pubblicamente per denunciare la vulnerabilità delle vittime e l'urgenza di protezione e giustizia.