La protesta davanti alla residenza del premier Abdelhamid Dbeibah per chiederne le dimissioni e davanti alla sede dell'ex Apparato di supporto alla stabilità, occupata dopo l'uccisione di Al Kikli della Brigata 444
A Tripoli le forze di sicurezza libiche del governo di unità nazionale hanno aperto il fuoco sui dimostranti che stavano protestando di fronte alla residenza del premier Abdelhamid Dbeibah per chiederne le dimissioni e davanti alla sede dell'ex Apparato di supporto alla stabilità, occupata dopo l'uccisione di Al Kikli dalla Brigata 444 ad Abu Slim. Lo riportano media e attivisti locali, secondo i quali erano diverse centinaia i giovani che stavano manifestando nella capitale libica dove da mercoledì è entrato in vigore un fragile cessate il fuoco dopo gli scontri tra milizie rivali dei giorni scorsi. Ma da Tripoli assicurano: situazione sotto controllo.
Il ministero dell'Interno del governo di unità nazionale assicura che la situazione della sicurezza a Tripoli è "stabile e sotto controllo". In una dichiarazione ufficiale citata dai media locali il ministero sottolinea che "sono state dispiegate pattuglie in diverse località strategiche, oltre all'impiego di personale di polizia stradale e di emergenza sulle strade, nell'ambito di un piano volto a migliorare la sicurezza e a rassicurare i residenti".
E' atterrato a Roma il volo partito dall'aeroporto di Misurata con a bordo circa cento cittadini italiani evacuati dalla capitale libica Tripoli, in seguito ai recenti scontri armati. Il gruppo, composto in prevalenza da imprenditori e tecnici giunti per partecipare alla fiera internazionale "Libya Build", era stato trasferito in sicurezza con tre autobus scortati dalle forze di sicurezza locali e dall'Unità di crisi della Farnesina, in coordinamento con l'ambasciata d'Italia a Tripoli.
"Le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d'America esprimono la loro profonda preoccupazione per le recenti violenze a Tripoli, invitano le autorità ad adottare tutte le misure per proteggere i civili e sollecitano le autorità ad adottare tutte le misure per proteggere i civili e sollecitano che la calma venga immediatamente ripristinata nell'interesse di tutti i libici". E' questo il testo di un comunicato congiunto delle ambasciate occidentali in Libia diramato attraverso i canali social in cui i diplomatici accolgono "con favore le notizie secondo cui le parti libiche hanno raggiunto un accordo su un cessate il fuoco e sollecitano che venga pienamente e incondizionatamente rispettato".
La Libia, intanto, si schiera con la Corte penale internazionale e ne riconosce la giurisdizione sui crimini di guerra e sulla repressione commessi dal 2011 fino alla fine del 2027: ad annunciarlo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu è stato il procuratore della corte Karim Khan, che non ha perso tempo e ha chiesto di "arrestare e consegnare" alla Cpi il generale Almasri, il responsabile del centro di detenzione di Mitiga a Tripoli e ricercato per omicidio, stupro e tortura, al centro di dure polemiche in Italia, dove era stato catturato lo scorso gennaio prima di essere scarcerato e rimpatriato. "Elogio il coraggio, la leadership e la decisione delle autorità libiche" di riconoscere" l'autorità della corte, ha detto Khan. La Libia infatti non è membro dello Statuto di Roma, ma il Consiglio di sicurezza ha deferito la situazione del Paese alla corte nel febbraio 2011, dopo l'inizio di proteste senza precedenti, represse violentemente, contro il regime di Muammar Gheddafi.