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Israele al voto, le quinte elezioni legislative dal 2019 | Sondaggi, blocco di Netanyahu in testa

Per il rinnovo della Knesset, il parlamento monocamerale israeliano, chiamati alle urne circa 6,8 milioni di elettori 

Israele al voto, le quinte elezioni legislative dal 2019 | Sondaggi, blocco di Netanyahu in testa - foto 1
Afp

Lo Stato di Israele il primo novembre è chiamato alla sua quinta tornata elettorale dal 2019 per il rinnovo della Knesset, il parlamento monocamerale israeliano.

Alle urne circa 6,8 milioni di elettori, che dovranno scegliere i propri rappresentanti tra ben 39 partiti in corsa per i 120 seggi dell'Aula. Le elezioni giungono dopo lo storico accordo per la demarcazione dei confini marittimi tra Libano e Israele firmato il 27 ottobre sotto il governo dimissionario guidato da Yair Lapid, fortemente contestato dal leader del partito di opposizione Likud ed ex primo ministro, Benjamin Netanyahu.

Gli ultimi sondaggi sulle elezioni: blocco di Netanyahu in testa - In base agli ultimi sondaggi si profila una situazione simile alle passate tornate elettorali con nessuna coalizione in grado di ottenere la maggioranza necessaria per formare un governo. Tuttavia, secondo i sondaggi diffusi prima del silenzio elettorale dalle emittenti israeliane Kan, Canale 12 e Canale 13, la coalizione di destra guidata dal leader del partito Likud Netanyahu potrebbe ottenere 60 seggi, non sufficienti alla formazione di un governo, ma che potrebbero offrire possibilità in fase di trattative con altre compagini politiche.

 

Il Likud di Netanyahu potrebbe ottenere tra i 30 e i 31 seggi, divenendo principale partito all'interno della Knesset. Il partito Yesh Atid, del primo ministro uscente, Yair Lapid, potrebbe ottenere dai 24 ai 27 seggi, mentre l'alleanza tra i partiti della destra religiosa Otzma Yehudit e Noam, alleati di Netanyahu, potrebbe ottenere, sempre in base ai sondaggi, dai 14 ai 15 seggi. La coalizione Unità nazionale, composta dal fondatore del partito Blu e bianco ed ex ministro della Difesa uscente, Benny Gantz, dal ministro della Giustizia, Gideon Sahar, e dall'ex capo di Stato maggiore israeliano, Gadi Eisenkot, potrebbe ottenere, in base a tutti e tre i sondaggi, tra i dieci e gli undici seggi. Il partito laico di destra, Yisrael Beytenu, si attesterebbe intorno ai cinque-sei seggi, al pari del partito Laborista, mentre la formazione di sinistra Meretz è data a quattro-cinque seggi seguita dal partito islamista Raam con quattro seggi.

 

Per essere rappresentato nella Knesset, un partito deve ottenere almeno quattro seggi o il 3,25 per cento dei voti. Terminate le elezioni, le liste di candidati che supereranno la soglia di idoneità riceveranno un numero di seggi alla Knesset proporzionale alla loro forza elettorale. Il mandato del parlamento eletto dura quattro anni, ma la legislatura può essere sciolta prima del termine. Ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui non si riesca ad approvare il bilancio di Stato entro tre mesi dall'inizio dell'anno fiscale.

 

 

L'attuale sistema elettorale è il frutto di una serie di cambiamenti apportati negli ultimi anni, principalmente volti a ridurre il numero di partiti e facilitare la formazione del governo. Nei fatti, nessun singolo partito è mai riuscito a ottenere la maggioranza assoluta, il che ha portato il più delle volte a un governo guidato da coalizioni.

 

I precedenti - A seguito delle elezioni di marzo 2021, il 36esimo esecutivo dello Stato di Israele è stato caratterizzato da una coalizione composta da otto partiti che ha visto alternarsi alla guida i leader del partito di destra Yamina, Naftali Bennet, e del partito centrista Yesh Atid, Yair Lapid. Inoltre, per la prima volta nella storia di Israele, un partito arabo e islamista, Raam, è entrato nella maggioranza di governo. Tuttavia, a giugno scorso, Bennet ha annunciato lo scioglimento del parlamento, giustificando la mossa affermando che altrimenti "la sicurezza di Israele sarebbe stata gravemente danneggiata".

 

Israele, la composizione della Knesset dopo il voto di aprile

 

Come nelle passate elezioni, gli elettori arabi di Israele potrebbero rivelarsi fondamentali per il voto. Noti anche come arabi israeliani, rappresentano il 20 per cento della popolazione israeliana. Ma godono in misura minore dei servizi governativi, fanno fronte a tassi di povertà e disoccupazione più elevati, non sono autorizzati a prestare servizio militare. Inoltre solo lo scorso anno, con l'ingresso del partito islamista Ra'am nel governo di unità nazionale guidato da Naftali Bennett, una formazione politica arabo-israeliana ha ricoperto per la prima volta un ruolo all'interno di un esecutivo.

 

 

Le attuali stime dell'affluenza alle urne degli arabi vanno dal 46 al 48 per cento. L'elevata affluenza alle urne degli elettori arabi potrebbe rappresentare una minaccia per Netanyahu, anche perché Hadash-Ta'al, la principale lista a guida araba, potrebbe rompere con il suo tradizionale rifiuto di raccomandare un primo ministro e sostenere invece la proposta di Yair Lapid di formare un governo, laddove vengano soddisfatte determinate richieste. 

 

Ipotesi governo di coalizione tra Netanyahu e Lapid - Uno dei maggiori quesiti sorti sulle elezioni è, dunque, se il leader del partito di destra Likud, Benjamin Netanyahu, il premier più longevo della storia del Paese alla guida dell'esecutivo fino a giugno 2021, riuscirà a salire nuovamente in carica. Secondo quanto riferito su Al Monitor da Ben Gaspit, editorialista e analista di politica israeliana, le possibilità per una coalizione di governo sono vaste e "tutto può accadere", anche un governo di coalizione tra Netanyahu e il primo ministro provvisorio Yair Lapid, nonostante entrambi abbiano negato un'ipotesi simile.

 

Netanyahu ha assicurato ai suoi sostenitori che il suo partito Likud e gli alleati nazionalisti e ultra-ortodossi sono prossimi alla vittoria, citando appunto i sondaggi a suo favore.

 

Dubbi e timori negli Usa - L'eventuale ritorno alla guida del governo israeliano di Netanyahu e dei partiti dell'ultradestra hanno suscitato timori tra alcuni dei principali alleati dello Stato ebraico, in particolare gli Stati Uniti, e anche gli Emirati, divenuti un partner strategico di Israele dopo la firma degli Accordi Abramo del 2020, sottoscritta proprio durante il governo del leader del Likud. Le preoccupazioni sono rappresentante anzitutto dai due esponenti dei partiti del Partito religioso sionista (noto anche come Tkuma) Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich.

 

Secondo quanto affermato dallo stesso Netanyahu, Ben Gvir potrebbe servire in qualità di ministro della Pubblica sicurezza in un futuro governo guidato dal Likud. In un'intervista rilasciata all'emittente radio delle Forze armate, Netanyahu ha affermato che "neutralizzerà" il recente accordo sui confini marittimi raggiunto con il Libano in caso di elezione a primo ministro.

 

Le critiche espresse dai media e dalle organizzazioni ebraiche statunitensi su un futuro governo guidato dalla destra hanno spinto il presidente israeliano Isaac Herzog a chiedere agli esponenti di spicco dell'influente comunità ebraica degli Stati Uniti di rispettare i risultati delle elezioni. "Cari amici, so che la frequenza delle elezioni in Israele è alquanto snervante e sono consapevole delle domande poste in molte comunità ebraiche in tutto il mondo sull'esito delle elezioni", ha dichiarato Herzog in un video messaggio trasmesso all'Assemblea generale delle federazioni ebraiche dell'America del Nord, in corso a Chicago. "I risultati possono essere o meno di vostro gradimento, ma il voto del popolo israeliano dovrebbe essere rispettato. Al di là di questo, dico a ciascuno di voi che il saldo e vitale legame tra lo Stato di Israele e gli ebrei nordamericani non sarà e non dovrebbe essere compromesso, a prescindere dai risultati", ha affermato Herzog.

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