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Milano, inchiesta sui "cecchini del weekend" di Sarajevo: aperto un fascicolo sulla presenza di italiani

La Procura vuole verificare se simpatizzanti di estrema destra con la passione per le armi si radunavano a Trieste per essere portati poi sulle colline vicino a Sarajevo dove avrebbero potuto sparare sulla popolazione della città assediata

10 Nov 2025 - 14:10
 © Afp

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La Procura di Milano ha aperto un'inchiesta sui cosiddetti "cecchini del weekend", cittadini italiani che, secondo un esposto, avrebbero pagato somme "ingenti" per unirsi ai militari serbo-bosniaci e sparare "per divertimento" sui civili di Sarajevo durante la guerra in Bosnia agli inizi degli anni '90. L'indagine è attualmente a carico di ignoti e ipotizza il reato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abbietti. In base alle testimonianze raccolte, da tutto il nord Italia i nostri connazionali, in maggioranza simpatizzanti di estrema destra con la passione per le armi, si sarebbero radunati a Trieste e sarebbero stati portati poi sulle colline attorno a Sarajevo dove avrebbero potuto sparare sulla popolazione della città assediata dopo aver pagato le milizie serbo-bosniache di Radovan Karadzic.

L'esposto del giornalista Ezio Gavazzeni

 Il fascicolo nasce da un esposto presentato dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni e mira a fare luce su una delle vicende più oscure dell'assedio che tra il 1992 e il 1996 che causò almeno 11mila morti. L'esposto depositato a gennaio in Procura ricostruisce una serie di testimonianze e contatti con fonti bosniache che, già nel 1993, avrebbero segnalato la presenza di cittadini italiani sulle colline attorno a Sarajevo. Gavazzeni riporta uno scambio di mail con un ex membro dei servizi di intelligence militare bosniaci, che sostiene di aver informato all'epoca la sede locale del Sismi (oggi Aisi) sulla presenza di almeno cinque italiani impegnati come "cecchini". Le informazioni, ora al vaglio degli inquirenti, saranno oggetto di verifiche. Lo scrittore nelle 17 pagine dell'esposto dà conto che "in una testimonianza è riportato che tra questi ci fossero degli italiani: un uomo di Torino, uno Milano e l'ultimo di Trieste".

"Pagavano per provare l'esperienza del fronte"

 Dalle informazioni raccolte emergerebbe il profilo di un gruppo di simpatizzanti di estrema destra, provenienti dal Nord Italia, con la passione per le armi. Queste persone, secondo le testimonianze, si sarebbero radunate a Trieste prima di essere accompagnate oltre il confine e condotte sulle postazioni serbo-bosniache intorno a Sarajevo. Avrebbero pagato somme elevate per poter "provare l'esperienza del fronte", in un contesto definito dalle autorità bosniache come una forma di "turismo della guerra". La ricostruzione indica anche l'uso di coperture legate all'attività venatoria per giustificare gli spostamenti.

Le informazioni dei servizi bosniaci

 Nel documento consegnato alla Procura, Gavazzeni cita un rapporto dell'intelligence bosniaca che nel 1993 avrebbe trasmesso al Sismi l'informazione della presenza di stranieri armati, tra cui italiani, sulle colline della capitale. Un ex 007 bosniaco riferisce di aver condiviso con ufficiali italiani dettagli sulle attività di questi "cecchini-cacciatori", giunti a Sarajevo tramite contatti a Belgrado. Secondo la testimonianza, l'organizzazione dei viaggi sarebbe stata sostenuta da strutture riconducibili al servizio di sicurezza serbo, con il supporto logistico di società dell'ex Jugoslavia utilizzate per coprire i movimenti.

Le presunte tariffe per le uccisioni: differenze tra civili e militari

 Al momento l'indagine è nelle fasi preliminari e non sono ancora stati avviati atti istruttori. Il pm Gobbis, che ha delegato i carabinieri del Ros per le prime verifiche, dovrà acquisire le testimonianze indicate da Gavazzeni e accertare l'autenticità dei documenti. L'obiettivo è identificare eventuali cittadini italiani coinvolti nelle azioni dei cecchini durante l'assedio. L'esposto fa riferimento anche a una presunta "tariffa" per le uccisioni, con differenze tra civili, militari e bambini: un elemento grave che, precisano ambienti giudiziari, necessita di riscontri puntuali prima di qualsiasi valutazione.

Il documentario "Sarajevo Safari"

 Tra i materiali allegati all'esposto figura anche il documentario "Sarajevo Safari" del regista sloveno Miran Zupanic, presentato nel 2022 e dedicato proprio al fenomeno dei "turisti della guerra". Nel film compaiono testimonianze anonime che descrivono la presenza di stranieri sulle linee serbo-bosniache durante l'assedio. Tra gli stranieri ci sarebbero stati anche nostri connazionali. La Procura di Milano non ha ancora disposto interrogatori né iscrizioni formali nel registro degli indagati. Le verifiche preliminari sono in corso.

L'assedio di Sarajevo

  L'assedio di Sarajevo fu uno degli episodi più lunghi e drammatici della guerra in Bosnia-Erzegovina. Ebbe inizio il 5 aprile 1992 e si concluse il 29 febbraio 1996, dopo quasi quattro anni di blocco militare e bombardamenti da parte delle forze serbo-bosniache che circondarono la capitale bosniaca, tagliando vie di comunicazione, acqua, elettricità e cibo. Dalle colline intorno a Sarajevo partirono bombardamenti e colpi di cecchino quotidiani contro i civili. I residenti vissero per anni in condizioni di assedio totale, rifugiandosi nei seminterrati e spostandosi correndo tra gli edifici per evitare i tiratori scelti. L'assedio provocò oltre 11mila morti, di cui più di 1.600 bambini, e decine di migliaia di feriti. La popolazione sopravvisse grazie ai rifornimenti umanitari e a un tunnel sotterraneo scavato sotto l'aeroporto, che collegava la città al territorio controllato dal governo bosniaco.

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