SARA' LA PROSSIMA UCRAINA?

Georgia, proteste e Russia: cosa c'è dietro la legge sulle influenze straniere

Come l'Ucraina, anche il Paese caucasico rappresenta un cuscinetto strategico irrinunciabile per Mosca. Come cambia la traiettoria georgiana con l'approvazione della "legge russa" e qual è il discusso ruolo delle Ong straniere. E perché ci interessa

di Maurizio Perriello
14 Mag 2024 - 15:09
1 di 17
© Ansa
© Ansa
© Ansa
© Ansa

© Ansa

© Ansa

Molti pensano che la Georgia sarà la prossima Ucraina. A ben vedere ha rischiato di esserlo già 16 anni fa, con l'invasione russa del 2008 e la tensione altissima tra Cremlino e Nato non molto lontana da quella che viviamo oggi. Di sicuro, come l'Ucraina, la Georgia rappresenta un cuscinetto strategico irrinunciabile per Mosca. Di sicuro, come per l'Ucraina, Mosca farebbe di tutto per non perdere definitivamente la Georgia. Come nel 2023, anche oggi il Paese caucasico è attraversato da violente proteste contro il famigerato progetto di legge sulle influenze straniere, riproposto tale e quale (ma con titolo diverso) un anno dopo il ritiro proprio a causa delle manifestazioni di piazza. Un provvedimento voluto dal partito al governo Sogno Georgiano e subito ribattezzato "legge russa" perché inteso dalle opposizioni come una minaccia alla libertà dei media e alle aspirazioni del Paese di entrare nell'Ue, certificate dallo status di candidato ottenuto a dicembre 2023. Ma perché la leadership del Paese vuole approvare questa legge, mentre gran parte della popolazione no? Cosa c'è davvero dietro la questione delle influenze straniere?

© Tgcom24

© Tgcom24

Le proteste in Georgia

 Nella notte tra 12 e 13 aprile decine di migliaia di georgiani si sono riversati ancora una volta nelle strade di Tbilisi per dire "no" alla "legge russa" e "sì" all'Ue. L'ondata di manifestazioni era stata inaugurata il 9 aprile, il giorno in cui Sogno Georgiano ha deciso di ripresentare la legge in Parlamento. Neanche il tempo dell'annuncio e le piazze della capitale si sono riempite di oppositori, che hanno sventolato bandiere dell'Unione europea insieme a quelle nazionali. A inizio maggio decine di migliaia di persone sono tornate a manifestare di Tbilisi, dando luogo a scontri con le forze dell'ordine. La polizia è intervenuta per disperdere i dimostranti con l'impiego di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, arrestando decine di persone. Diversi i feriti, compresi alcuni agenti. Da allora le proteste non si sono fermate - le ultime nella notte, con 20 arresti - e dalle parti di Mosca cresce il timore di un'edizione georgiana della Rivolta di Euromaidan, che ha portato alla situazione attuale in Ucraina. Questo perché i disordini, esattamente come quelli di un anno fa, nell'interpretazione condivisa vanno oltre il destino della legge. Rivelano la frattura interna alla Georgia, e di cerniera tra Europa e Russia, tra chi vuole cercare di recuperare i rapporti con Mosca e chi spinge invece per una precisa scelta occidentale. Due poli rappresentati dal partito di governo da un lato e, dall'altro, dalla presidente franco-georgiana Salomé Zourabishvili, ex ambasciatrice francese in Georgia, che si è schierata contro la normativa.

Cosa prevede la legge sulle influenze straniere in Georgia

 Il 14 maggio il Parlamento georgiano ha approvato in via definitiva il progetto di legge. E lo ha fatto in due minuti netti, senza commenti o domande da parte dei deputati. Per entrare in vigore, il testo dovrà poi ottenere la promulgazione da parte della presidente Salomé Zurabishvili, fra le più ferme oppositrici della normativa. La quale ha già promesso di porre il veto, anche se non servirà: Sogno Georgiano ha infatti una maggioranza sufficiente per annullare il veto presidenziale. Il contenuto del testo è infatti molto controverso: si chiede ai media, alle Ong e ad altre organizzazioni no profit di registrarsi come entità "che perseguono gli interessi di una potenza straniera" se ricevono più del 20% dei finanziamenti da soggetti esteri. Ciò sottoporrebbe le organizzazioni a un regime giuridico separato, imporrebbe onerosi obblighi di rendicontazione e introdurrebbe pesanti sanzioni amministrative in caso di non conformità, secondo un processo di monitoraggio governativo poco trasparente. La proposta è di fatto identica a quella che lo stesso partito al governo è stato costretto a ritirare l'anno scorso dopo le proteste di piazza. Con un piccola significativa differenza: nella nuova versione della legge l'espressione "agenti di influenza straniera" è stata sostituita con "organizzazioni che servono gli interessi di una potenza straniera". Nell'ottica di Sogno Georgiano, le legge è necessaria per arginare quella che ritiene "un'influenza straniera dannosa" per la scena politica del Paese e per impedire ad attori stranieri non identificati di tentare di destabilizzare la scena politica del Paese.

Perché viene chiamata "legge russa"

 L'appellativo di "legge russa" deriva dalla somiglianza del provvedimento con la legislazione in vigore in Russia che pone grossi ostacoli ai media indipendenti e alle realtà dissidenti nei confronti del Cremlino. Gli oppositori del disegno di legge affermano che il fatto che sia ora all'esame del Parlamento è un segno dell'influenza di Mosca sulla Georgia e, di conseguenza, un ostacolo alle prospettive a lungo coltivate dal Paese di aderire all'Unione europea. Come dimostra anche la reazione di grandi funzionari come l'ambasciatore georgiano in Francia, Gotcha Javakhishvili, che si è dimesso in segno di protesta chiedendo il "ritiro" della norma. Dall'altro lato, tra i critici del blocco occidentale, c'è chi sostiene l'opposto: il "no" alla legge sulle influenze straniere è supportato e spinto alle proteste da un Occidente che vuole strappare Tbilisi al "russkij mir" ("mondo russo") per portare la Nato anche lì. Secondo i promotori, il disegno di legge si ispira, più che a quella russa, a un'analoga normativa in vigore negli Stati Uniti fin dagli Anni Trenta del Novecento. Per i cittadini che si oppongono, la norma è invece un tentativo di svolta autoritaria simile a quella compiuta da Putin in Russia, dove la definizione di "agenti stranieri" è stata di fatto strumentale per l'introduzione di un regime sempre più repressivo. E per eliminare gradualmente molte organizzazioni della società civile e dei media. Ma non è solo questo: per i dimostranti georgiani, la "legge russa" rappresenta un tentativo convinto da parte della leadership del Paese di assoggettarsi al Cremlino. Opinione avvalorata dagli stretti legami tra il leader di Sogno Georgiano, il miliardario Bidzina Ivanishvili, e l'entourage di Vladimir Putin.

La "vera questione" delle influenze straniere per i georgiani

 Che i rapporti tra Russia e Georgia siano tesi è evidente dal crollo dell'Unione Sovietica. Negli Anni Novanta, la necessità di supporto esterno spinse l'allora presidente Eduard Shevardnadze a conferire un ampio margine di manovra alle agenzie di aiuto straniere. La corruzione endemica, comune a tutta l'area ex sovietica, portò gradualmente le Ong a imporsi come una presenza importante nella vita politica del Paese, sospesi tra gli affari con gli attori locali e un rapporto di fiducia con i donatori internazionali. Come ricostruito anche dal The Moscow Times (per ironia della sorte additato dalla Russia come "agente straniero") lo sconvolgimento istituzionale successivo alla Rivoluzione delle Rose (2003) consentì ai professionisti delle Ong di occupare rapidamente incarichi di alto livello nella macchina di governo. Da lì si sono intensificati i legami con agenzie e istituzioni internazionali, come l'Onu e la Banca Mondiale. Risultato: attualmente le Ong attive nel Paese sono più di 25mila e gli aiuti stranieri sono cresciuti in numero e volume. Al punto che, al 2023, il 90% dei finanziamenti proviene dall'estero. Se la "legge russa" venisse approvata definitivamente, questi flussi potrebbero essere minacciati. Gettando così nel caos settori chiave della società georgiana "colonizzati" dal sistema agenti stranieri-Ong locali come istruzione, sanità, giustizia, agricoltura e infrastrutture. Le organizzazioni georgiane non ricevono infatti finanziamenti locali e sarebbe molto difficile ottenere il sostegno pubblico e popolare allo stato attuale.

Come funziona il sistema agenti stranieri-Ong georgiane

 Il sentimento popolare è forse il fattore più determinante di una collettività. Il modo in cui la questione delle Ong e degli agenti stranieri viene percepita dai georgiani è dunque molto importante. Secondo fonti di Tbilisi, il meccanismo consolidato nel Paese - tramite il quale le agenzie umanitaria internazionali orienta la gestione da parte delle Ong locali - crea diffuso malcontento tra gli operatori e i funzionari georgiani. Si sentono sopraffatti dal percepito strapotere delle organizzazioni, forti degli stretti legami con ambasciate e finanziamenti occidentali. All'opposto di quella grande fetta di popolazione (soprattutto i giovani) che vedono una deriva anti-democratica nell'approvazione della legge, c'è invece una fetta di classe dirigente e classe media che osserva la stessa identica deriva ma dal punto di vista della gestione delle Ong. Queste ultime, definite provocatoriamente "non elette", ottengono il loro mandato da organismi stranieri, che redigono e finanziano liste di controllo delle riforme politiche da attuare nel Paese. Il tutto scavalcando dunque la volontà popolare. In realtà, per Human Rights Watch, è vero esattamente il contrario. Con l'approvazione della nuova legge, le Ong dovranno presentare rapporti finanziari mensili che includono informazioni su numero di dipendenti, contratti di servizio e tasse pagate. I media dovranno invece fornire resoconti mensili sulle entrate e sulle spese. Una velleità di controllo da parte del governo che vuole soffocare quei media e quelle organizzazioni che si oppongono al governo o che difendono i diritti Lgbt. "Screditando", secondo il premier Irakli Kobakhidze, "la polizia, la magistratura e la Chiesa ortodossa locale".

Cosa vuole il governo georgiano

 Chi pensa che la descrizione di parte dei georgiani sia frutto della propaganda del governo si dovrà ricredere. Perché, sulla carta, il nuovo disegno di legge sulla "trasparenza delle influenze straniere" non ha l'ambizione di intervenire sui finanziamenti esteri. Al contrario, i vertici di Sogno Georgiano si dicono soddisfatti del flusso continuo di aiuti internazionali e della governance tecnocratica in cui politiche e servizi pubblici sono gestiti da esperti stranieri. Questo anche perché molti dirigenti e membri del partito hanno studiato in Occidente e lavorato negli uffici delle Nazioni Unite, nelle Agenzie di aiuto bilaterale e nelle Ong locali. Provengono dunque dal settore professionale-manageriale delle organizzazioni, che li ha lanciati nella classe medio-alta in un Paese in cui il mondo accademico, della medicina, del diritto dell'imprenditorialità non consentono lo status o gli stili di vita della classe media. I curriculum e i gradi dei vertici di Sogno Georgiano difficilmente differiscono da quelli dei loro più accaniti oppositori nel settore delle Ong finanziate da agenti stranieri. Le fonti si chiedono dunque: se il partito di governo "sostiene una governance tecnocratica, depoliticizzata e guidata dai donatori, pur mantenendo vitale il settore delle Ong finanziate dall'estero di cui ha bisogno, allora perché dovrebbe approvare la legge e rischiare proteste di piazza su larga scala in patria e pressioni da Bruxelles e Washington?".

Perché Sogno Georgiano ha riproposto la "legge russa"

 La risposta è più semplice della domanda: Sogno Georgiano teme fortemente l'accresciuto potere politico di un ristretto gruppo di Ong che ricevono milioni di dollari dall'estero. Alcune delle quali vicine al precedente esecutivo di Mikheil Saakashvili, convinto filo-Ue fuggito in esilio in Ucraina (dove è stato anche governatore di Odessa) e attualmente detenuto in Georgia. La minaccia alla leadership attualmente al governo è reale e, secondo l'esecutivo, si esplica attraverso la promozione e il supporto delle proteste di piazza. Non solo: i vertici di queste Ong "milionarie" esercitano pressioni su Ue e Usa affinché sanzionino i leader di Sogno Georgiano o impongano loro divieti di viaggio. Il cerchio si chiude. In questo senso, il disegno di legge sulle influenze straniere rappresenta l'arma con cui il partito di governo vuole contrastare il gruppo iperpartitico delle Ong più ricche. Ci sono state molte speculazioni sul perché Sogno Georgiano abbia riproposto la legge dopo il sonoro fallimento del 2023. Secondo alcuni analisti, il partito questa volta si aspetta di vincere con la forza perché reputa più debole l'opposizione. Un'altra ragione, addotta dallo stesso Sogno Georgiano, è che l'esecutivo ha cercato di raggiungere un accordo con le ambasciate e i finanziatori occidentali in modo che non finanziassero più le Ong "partigiane", o almeno moderassero la loro condotta attraverso l'autoregolamentazione. A ottobre si vota in Georgia.

Georgia sospesa tra Ue e Russia

 La vera domanda resta questa. Concedendo lo status di candidato ufficiale alla Georgia, l'Ue ha fatto la sua mossa. Ma ora deve fare i conti con l'approvazione della legge sulle influenze straniere, che porterebbe a un blocco del processo d'ingresso, come sottolineato chiaramente dall'Alto Rappresentante Josep Borrell. Secondo il Consiglio d'Europa, la "legge russa" violerebbe gli articoli 11 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, compromettendo così il futuro europeo della Georgia. Limitando le libertà civili e la libertà dei media, il disegno di legge viola infatti diverse condizioni legate alla candidatura della Georgia all'Ue. E non è l'unico: il partito di governo ha infatti già abolito le quote di genere obbligatorie per il Parlamento nazionale e ha proposto una legislazione per reprimere i diritti Lgbtiq+. C'è poi l'affare russo. Esattamente come in Ucraina, anche in Georgia esistono due territori separatisti che guardano a Mosca: Abkhazia e Ossezia del Sud. Da qui i soldati del Cremlino non se ne sono mai andati da quel 2008 in cui la Federazione lanciò la prima grande operazione militare dell'era Putin, invadendo il 20% del Paese caucasico. Il tutto perché, nell'aprile dello stesso anno, al vertice Nato di Bucarest venne concordato il futuro ingresso della Georgia nell'Alleanza Atlantica. Solo a parole, senza impegni scritti, ma tanto bastò. Un copione quasi identico a quello tragico dell'Ucraina all'alba del febbraio 2022. Nel frattempo Tbilisi ha scelto di non aderire alle sanzioni occidentali contro Mosca, nel timore di una risposta militare da parte di una Russia indispettita. Parallelamente è stato ridotto all'osso il dibattito sul conflitto in corso e rilanciato il dialogo governativo col Cremlino, assieme all'accoglienza di centinaia di migliaia di russi fuggiti dalla mobilitazione generale. Paura della Russia da un lato, voglia d'Europa dall'altro. Quale sarà il destino della Georgia?

Ti potrebbe interessare

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri