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Dopo 1.827 giorni e 48 Paesi visitati, il Covid blocca il giro del mondo (senza aereo) del bergamasco Gianluca Maffeis

A Tgcom24 il 30enne racconta i cinque anni di avventura trascorsi prima dello stop forzato, tra cui un anno di lockdown tra Argentina e Guatemala, e assicura: "Appena si potrà, riprenderò da dove ho interrotto"


Il viaggio in giro per il mondo (e il rientro) di Gianluca Maffeis

Il 18 marzo 2016 aveva lasciato la sua Osio Sotto, nella Bergamasca, per fare il giro del mondo in solitaria senza mai prendere un aereo. Santiago di Compostela, Portogallo, Scandinavia, Lapponia, Repubbliche baltiche, Russia, Cina, Tibet, Nepal, India, Myanmair, Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Alaska, Patagonia, Argentina, Guatemala. Cinque anni, 1.827 giorni e 48 Paesi visitati dopo, Gianluca Maffeis, 30 anni, è tornato a casa. Il Covid ha rovinato i suoi piani, costringendolo ad abbandonare momentaneamente zaino e sogni. Tuttavia, l'"Operazione giro del mondo" - come da lui chiamata e che è anche il nome dell'apposita pagina Facebook in cui è raccontato dettagliatamente il viaggio - non si ferma. "Sono stato un anno in lockdown tra Argentina e Guatemala. La pandemia mi ha buttato giù di morale e non credo che si potrà tornare presto a viaggiare in libertà, soprattutto alle mie condizioni: per frontiere terrestri. Ma quando tutto sarà finito riprenderò da dove ho interrotto, Buenos Aires", dice a Tgcom24.

Il 19 marzo 2021, esattamente 5 anni dopo la tua partenza, sei tornato a Osio Sotto. Il giro del mondo, però, non era ancora terminato. Dopo un anno trascorso comunque alle prese con il Covid lontano da casa, cosa ti ha portato a mettere in pausa il viaggio?

Dal 20 marzo 2020, sono rimasto bloccato a Buenos Aires, in Argentina. Inizialmente, le autorità avevano chiuso tutte le frontiere e imposto due settimane di lockdown. Un lockdown - il più lungo del mondo - che è poi durato oltre sette mesi. Non potevo prendere un mezzo pubblico, non potevo fare nulla. Dopodiché, "reduce" da mezzo anno in quarantena, mi sono detto: "Prendo un aereo e interrompo tutto. Però, non vado a Osio, voglio dare un'altra possibilità al viaggio". La speranza era tornare in Argentina, a Buenos Aires, a inizio 2021, e continuare il mio giro del mondo. Così, sono andato in Guatemala, dove abita la mia compagna, che ho conosciuto durante la tappa nel Paese del mio viaggio, e ho atteso fino a gennaio. Col nuovo anno, constatando che comunque la situazione non migliorava e non vedendo la luce in fondo al tunnel, ho detto basta e preso la decisione finale: "Torno a casa". 

 

Ci vuole coraggio a lasciare tutto e partire con solo uno zaino in spalla e tanti sogni, ma anche a tornare prima del compimento dell’obiettivo. Com'è stato il rientro dopo tutto questo tempo?

A dir la verità, l'impatto è stato meno forte di quanto pensassi. Nell'ultimo anno, infatti, ho avuto modo di metabolizzare la messa in pausa del viaggio. D'altronde, da marzo 2020, ho condotto una vita sedentaria, monotona. Non ero più nomade come prima. Sarebbe stato molto più difficile e duro se avessi mollato in condizioni normali o in prossimità di esse, come nelle prime due settimane di quarantena.

 

Com'è stato affrontare un anno di Covid in viaggio? E oltretutto avere la consapevolezza che la tua famiglia abita nel Bergamasco, luogo più colpito della prima ondata?

A marzo-aprile, vedevo i servizi dall'ospedale di Zingonia (Bergamo) sulla Bbc. Le immagini della struttura che sta proprio a qualche minuto da casa mia facevano il giro del mondo. E' stata una situazione veramente pesantissima. Avevo paura. La mia famiglia non è composta da 30-40enni, quindi ho trascorso notti insonni per cercare di capire un po' di più. Chiamavo ogni giorno a casa per avere notizie. Ero veramente preoccupato. Poi, quando la situazione ha iniziato a migliorare, mi sono tranquillizzato. Ma non è stato per niente facile stare un anno fuori in queste condizioni, con la consapevolezza che giorno dopo giorno morivano persone che conoscevo. Nel ristorante dove lavoravo prima di partire, ad esempio, sono scomparsi in parecchi.

 

Sempre causa Covid, sei stato costretto a prendere l'aereo. Mezzo che non faceva parte dei tuoi piani… 

Ho dovuto vista la situazione. Ho preso l'aereo da Buenos Aires per arrivare in Guatemala (facendo scalo a Panama). E questo ha segnato lo stop del giro del mondo. Poi, chiaramente, anche per tornare a casa (ho preso un volo da Cancún, dove ho trascorso qualche giorno). C'è stata, però, un'eccezione prima che scoppiasse la pandemia. Da Santiago del Cile sono andato in aereo sull'Isola di Pasqua perché non esiste altro modo per arrivarci, se non tramite crociere super costose e rarissime. Mi sono preso una sorta di vacanza dal viaggio dopo aver trovato un'offerta molto conveniente.

 

 

Tornando al viaggio in sé, prima che il Covid ti fermasse, quanti Paesi hai visitato?

Durante il progetto del giro del mondo, sono stato in 48 Paesi. La mia prima tappa è stato il cammino di Santiago di Compostela. Dopodiché, sono andato in Portogallo, nel punto più a ovest d'Europa. Da lì è iniziata la mia scalata verso la Scandinavia. A Capo Nord, dopo aver fatto tutti gli Staterelli europei, ho visto il sole di mezzanotte. In seguito, ho raggiunto le Repubbliche baltiche, poi Mosca, da dove ho preso la Transiberiana, che mi ha portato in Siberia. Poi mi sono recato in Mongolia e, successivamente, a Pechino. Tutto rigorosamente in treno.

 

 

A seguire sono stato in Tibet, Nepal, India, Myanmair, Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam, Malesia e Singapore, da dove ho preso una nave cargo che in nove notti mi ha portato in Australia, al porto di Fremantle, vicino a Perth. Lì ho affittato un motorino e fatto il coast to coast con destinazione Sidney. Ad Adelaide, ho però abbandonato lo scooter e proseguito con i mezzi pubblici fino alla città australiana, da dove ho preso un'altra nave cargo verso la California. Tre settimane circa di viaggio, con stop in Nuova Zelanda. Dal porto di Oakland (in California), sono andato in Alaska per vedere l'aurora boreale. Poi Canada, Stati Uniti on the road e America Latina. Patagonia e Terra del Fuoco le ho percorse in bicicletta (circa 2.500 chilometri). Infine, ho fatto un po' di autostop per risalire e arrivato a Buenos Aires sono rimasto bloccato. 

 

Il luogo che ti ha colpito di più in assoluto?

Tra tutti devo dire il Perù, in particolare Cuzco, sulle Ande peruviane. Importantissima a livello storico, è una città sempre piena di gente e poi il paesaggio è spettacolare. Per non parlare del lato culturale, le tradizioni sono ancora vive, tangibili. I villaggi, i mercati movimentati, la vita semplice, ma bella. C'è tutto.

 

Un aneddoto che, invece, ti è rimasto particolarmente impresso?

Ne avrei tanti. Mi è rimasta nel cuore l'ospitalità degli argentini. Quando ho percorso la Patagonia e la Terra del Fuoco in bicicletta, vedendo la bandierina dell'Italia sul mezzo, molte persone mi hanno invitato a casa loro. Ho trascorso circa 10 giorni senza mai spendere un euro. Alcuni avevano i nonni italiani e allora volevano ascoltare racconti dei nostri posti. In Patagonia, poi, le persone sono diverse rispetto al resto dell'Argentina, hanno un altro stile di vita, meno frenetico, più tranquillo. Avere l'opportunità di essere ospitati in quei posti meravigliosi - e anche piuttosto costosi - è un qualcosa di incredibile.

 

Poi, quando ero sul cargo fra l'Australia e la California, ho vissuto due volte lo stesso giorno. Fa ridere, ma è successo davvero per via del fuso orario. Sono partito di domenica e, quando sono arrivato, era ancora domenica.

 

E ancora quando ero in Mongolia, nel deserto del Gobi, ho vissuto nelle gher, le tende dei nomadi. Lì gli escrementi dei cammelli sono molto importanti perché vengono utilizzati come combustibile. Una sera, sono andato a raccoglierli. Vedevo i cammelli in lontananza, a mano a mano si sono fatti sempre più grandi, più vicini, più veloci. A un certo punto, probabilmente credendomi una minaccia, hanno iniziato a correre verso di me. Io, colto di sorpresa, sono scappato lanciando il sacco degli escrementi. Urlavo. Fortunatamente, sono arrivati i proprietari e in qualche modo li hanno fermati. Non so come sarebbe finita altrimenti. Adesso fa ridere, sul momento però ho temuto.

 

In Patagonia ospite, nel deserto del Gobi in tenda. Per il resto come ti arrangiavi con l'alloggio?

Il 90% delle notti l'ho passato in ostello, in camerate. Pagavo 3-4 euro. Poi ho usato tantissimo la tenda, che tenevo nello zaino, soprattutto in Argentina, Cile e Australia. In alcuni luoghi, invece, ho dovuto un po' inventare la sistemazione, come negli Stati Uniti, dove mi è capitato spesso di dormire nella macchina noleggiata. Può sembrare incredibile, però "alloggiavo" nei parcheggi dei supermercati. 

 

Ti è pesata la solitudine?

In realtà, non sono mai stato davvero solo perché ho conosciuto tante persone. Soprattutto nei Paesi latinoamericani è proprio una sfida restare solo.

 

Non ti eri dato un limite di tempo?

Inizialmente, volevo stare via 1000 giorni. Poi sono quasi raddoppiati. Quando vivi davvero i luoghi che visiti, passano veloci. Prima di partire, nel 2016, avevo messo da parte un bel gruzzoletto, intorno ai 40mila euro, per non essere costretto a lavorare e allo stesso tempo poter visitare anche luoghi costosi, come le Isole Fær Øer. Ci sono riuscito. Il budget mi consentiva addirittura di tirare avanti ancora un po', ma non è stato possibile.

 

Adesso che sei a casa ti manca quella vita?

Sì e no, perché la pandemia mi ha buttato giù di morale. Onestamente, non sono per niente positivo. Penso che almeno fino alla fine dell'anno prossimo il viaggio zaino in spalla, per frontiere terrestri, in libertà insomma, sarà un miraggio.

 

 

Hai scritto un diario di bordo?

Sì, per un periodo di tempo. L'idea iniziale era quella di scrivere quotidianamente un diario personale, diverso da ciò che scrivo sui social, dove esprimermi in modo più profondo e dettagliato. Però, ho resistito un anno. Mi portava via una-due ore al giorno, quindi ho preferito metterlo in stand by per vivere di più la strada e fare conoscenze.

 

Ora che farai? Prossimi progetti?

Sto lavorando alla scrittura di un libro sulla prima parte del mio giro del mondo. Inoltre, mi piacerebbe visitare l'Italia e conoscere personalmente le persone che mi hanno seguito in questi anni. Borgo dopo borgo. Paradossalmente, non conosco bene il mio Paese, solo in maniera superficiale. Il progetto principale, però, rimane terminare il mio viaggio, perché io a tutti gli effetti non ho fatto il giro del mondo. Sono a buon punto, ma non ho ancora finito. Non perdo di vista il mio obiettivo. Riprenderò da dove ho interrotto, Buenos Aires, per poi continuare col mio itinerario originario: Brasile, Uruguay, Paraguay e Africa.

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