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Usa, Trump silura il capo del Pentagono Esper | Verso la ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024?

Lʼattutale direttore dellʼantiterrorismo entrerà in carica "con effetto immediato". Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, le prossime teste a cadere saranno quelle dei numeri uno di Cia e Fbi

Il presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha reso noto di aver licenziato il capo del Pentagono Mark Esper. Al suo posto, come segretario alla Difesa ad interim, entrerà in carica "con effetto immediato" l'attuale direttore dell'antiterrorismo Usa, Christopher Miller. Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, le prossime teste a cadere nell'amministrazione Trump saranno quelle dei numeri uno di Cia e Fbi, Gina Haspel e Cristopher Wray.

La controffensiva di Trump è quindi partita e il clima è da notte dei lunghi coltelli. Quello di Esper è solo uno dei nomi in cima alla lista nera del presidente uscente. Un lungo elenco di alti funzionari ritenuti infedeli e accusati di averlo tradito.

 

Ecco allora che a tremare sono adesso nomi del calibro di William Barr, ministro della Giustizia, Cristopher Wray, capo dell'Fbi, Gina Haspel, direttrice della Cia. Tutte figure colpite di recente dagli strali del presidente, infuriato soprattutto per il mancato avvio di un'indagine sui Biden e per aver atteso invano l'annunciato rapporto sull'origine dell'inchiesta del Russiagate. Rapporto che a suo modo di vedere avrebbe dovuto svelare il complotto dell'amministrazione Obama nei suoi confronti.

 

Trump verso Usa 2024? - Intanto il presidente uscente è pronto a scendere di nuovo in campagna elettorale, pensando a un'eventuale ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024. E' quanto trapela da ambienti di Washington, secondo cui il tycoon ne avrebbe parlato con suoi stretti consiglieri. Stando a quanto trapela dal suo entourage, si tratta di più di una suggestione, con The Donald deciso a resistere nel fortino della Casa Bianca e a sabotare la transizione verso l'era Biden. C'è da attendersi, insomma, un mese di fuoco in cui sferrare una controffensiva non solo sul piano legale, ma anche tornando sul campo, con blitz negli Stati dove ancora si contano i voti e con veri e propri comizi in stile "Make America Great Again".

 

Tra i repubblicani cresce il timore che scatenare una nuova guerra - e su un terreno così scivoloso come quello dei presunti brogli elettorali - possa alla fine danneggiare ancora di più il partito, con la gara per il Senato ancora aperta e che sarà decisa dai due ballottaggi del 5 gennaio in Georgia. Una partita decisiva che potrebbe finire con l'intero Congresso in mano ai democratici.

 

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La denuncia di presunti brogli continua - Per Trump però, che in queste ore alternerebbe momenti di rabbia ad altri di frustrazione e forte delusione, l'unica via di uscita onorevole da questa situazione resta per ora non arretrare di un millimetro. Ecco allora che sarebbe pronto a nuovi bagni di folla in Georgia, Arizona, Pennsylvania, per sbandierare le prove di elezioni truccate e di una vittoria che gli è stata scippata. Tra queste, raccontano fonti della sua campagna, anche i necrologi di americani che, morti da tempo, risulterebbero tra gli elettori che hanno votato. Anche se finora non si hanno notizie di indagini avviate su episodi del genere.

 

Nel mirino i voti per posta - Nel mirino del presidente uscente ci sono soprattutto i voti per posta, che a suo dire sono in gran parte illegali: "Se si contano solo i voti legali, il chiaro vincitore sono io", continua a ripetere ossessivamente. Il ricorso alla Corte Suprema poi resta una delle carte in mano a Trump, anche se i suoi stessi legali frenano sul possibile successo di tale iniziativa. Considerando anche che è stata proprio l'Alta Corte a dire sì in alcuni Stati al conteggio dei voti anche dopo l'Election Day del 3 novembre. Ma in pressing sul presidente per andare fino in fondo ci sarebbero personaggi come il genero Jared Kushner, l'avvocato personale Rudy Giuliani, il consigliere politico Jason Miller e anche i figli Donald ed Eric.

 

L'eredità di Trump nel partito - Nel partito repubblicano c'è però già chi guarda avanti, a quando volente o nolente Trump dovrà cedere il passo e lasciare la Casa Bianca. La corsa per occupare il vuoto di potere che si verrà a creare è già partita, e negli ultimi giorni si è intensificata l'azione di tutti coloro che hanno aspirazioni per le presidenziali del 2024: il senatore Tom Cotton dell'Arkansas, definito il Trump 2.0, il governatore della Florida Rick Scott, l'ex ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite Nikki Haley. Ma più attivo del solito è anche Donald Junior, che nei giorni scorsi su Twitter ha attaccato con veemenza tutti i suoi potenziali oppositori.

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