Nelle sale con "La Matassa"
Ficarra e Picone sono alla terza prova cinematografica con "La Matassa", nelle sale dal 13 marzo. "Siamo stati amici per la pelle in 'Nati stanchi' e scambiati nelle culle ne 'Il 7 e l'8', era arrivato il momento di provare come parenti", hanno detto. I due diventano cugini e si ritrovano dopo molti anni a causa di un litigio che continua a tenere lontante le rispettive famiglie.
"Il pretesto del film è lo stesso che contraddistingue la maggioranza delle famiglie in Italia, tutte più o meno condizionate da liti, presenti o passate", racconta Picone, che sullo schermo è un ipocondriaco proprietario d'albergo, subentrato alla morte del padre che, a sua volta, lo aveva ereditato dalla famiglia. Ed è proprio questo il motivo scatenante il dissidio: quando Ficarra - che adesso cerca di tirare avanti con un'agenzia matrimoniale farlocca - capiterà per sbaglio al funerale del padre di Picone, i due si ritroveranno e il primo cercherà di mettere in atto un'astuta vendetta.
"Come sempre quello che volevamo era costruire una struttura forte, un racconto che ben si potesse adagiare alla comicità di Ficarra e Picone, magari cercando anche alcune concessioni all'emozione", spiega Giambattista Avellino, coautore del film e coregista insieme ai due protagonisti. "Ai quali ovviamente è stato lasciato campo libero per quello che riguardava le loro battute e i loro dialoghi", aggiunge l'altro sceneggiatore Francesco Bruni, ma per quello che riguardava la fisionomia finale del film "c'è stato da combattere", scherza Avellino: "Apprezzo molto in Ficarra e Picone il fatto di essere ambiziosi ma al tempo stesso umili, cosa che ci consente di poter ottenere la migliore sintesi dal punto di vista tecnico e contenutistico".
Guai però a credere che in alcuni casi si tratti di improvvisazione: "Molto spesso si confonde la cialtronaggine con l'improvvisazione - dice Pino Caruso, che ritrova il duo comico dopo la piéce teatrale 'Pierino e il Lupo' e nel film veste i panni di Don Gino, sacerdote vicino alle due famiglie - mentre quello che allo spettatore arriva sotto forma di spontaneità è frutto di un lungo lavoro: si pensi al medico che al solo tocco del polso ci dice se abbiamo o meno la febbre, quel semplice gesto è figlio di una vita dedicata allo studio".
"Secondo un'idea tutta italiana - conclude Pino Caruso - si confonde improvvisazione con cialtroneria. Ma nel loro film Salvo e Valentino (Ficarra e Picone, ndr) fanno tutto con cura maniacale, tutto è calcolato e pesato. La loro spontaneità è la stessa che aveva Totò, nata da una lunga preparazione".
La pellicola racconta di due cugini che si ritrovano dopo vent'anni durante i quali non si erano visti nè sentiti dopo la lite furibonda tra i loro padri. Uno gestisce col padre l'albergo ereditato dal nonno che era stato motivo della lite tra il suo genitore e suo zio e suo padre. L'altro gestisce una società che trova marito a donne dell'Est che vogliono prendere la cittadinanza italiana. L'incontro, avvenuto per caso, in occasione di un funerale, dà vita ad una serie di situazioni che porteranno i due a riavvicinarsi e a riscoprire l'affetto reciproco. Nel film compare una certa mafia da operetta e gli attori - tra cui Pino Caruso e Claudio Gioè - parlano con un leggerissimo accento siciliano.