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L'invidia... fa male

Percepita come dolore fisico

13 Feb 2009 - 12:47

Anche i sentimenti hanno una loro "fisicità" e vengono percepiti come dolori o piaceri sensoriali. Succede con l'invidia ma anche con un altro sentimento ben peggiore e per il quale non c'è parola italiana in grado di descriverlo, ovvero il piacere dal dolore altrui, o, come si dice in tedesco, "Schadenfreude".

Nel caso dell'invidia, si tratta di sentimento di cui si ha vergogna e che per questo non si manifesta all'esterno ma si cova in solitudine. Chi lo nutre può venirne divorato, ed è di fatto un vero supplizio: il nostro cervello avverte questa livorosa emozione allo stesso modo di come il nostro corpo sente un qualsiasi dolore fisico.

Hidehiko Takahashi dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Chiba, in Giappone, lo ha dimostrato utilizzando la risonanza magnetica funzionale per immagini.

Vivere la "Schadenfreude" invece, sentimento meschino che ci porta a provare piacere traendolo dal dolore altrui, le aree neurali attivate sono quelle dell'appagamento, una sferzata di piacere come quella che nasce dall'assaporare una barretta di cioccolato, oppure dal sesso o da una droga.
E il piacere del dolore altrui è ancora maggiore quando a soffrire è una persona che invidiamo.

Resa nota sulla rivista Science, la duplice scoperta della "fisicità" di questi due sentimenti è importante perché mostra come il nostro cervello elabori le emozioni come se fossero sensazioni fisiche (di dolore o piacere): in pratica è come dire che le esperienze sociali e le esperienze fisiche sono elaborate dal cervello allo stesso modo.
Gli esperti hanno coinvolto nel loro studio 19 persone e li hanno indotti a provare invidia verso altri individui o addirittura gioire del dolore altrui mentre l'attività del loro cervello veniva scandagliata con la risonanza magnetica funzionale. E' emerso che l'invidia attiva il più importante 'snodo' neurale del dolore fisico della corteccia cerebrale. Al contrario la gioia per il dolore altrui attiva il centro del piacere che viene normalmente attivato quando siamo appagati dal sesso o dal cibo.
E il piacere è anche più intenso se c'è di mezzo anche invidia per la persona che ci è così ostile che il suo dolore ci procura soddisfazione.

Il dolore e il piacere sono due sensazioni fisiche che servono alla nostra sopravvivenza, infatti sentire dolore ci induce a fuggire da ciò che ci provoca tale male. Il piacere al contrario si prova per esempio quando appaghiamo un bisogno anche primario come fame e sete.
Ma allora perché mai il cervello dovrebbe equiparare le esperienze sociali, come il rifiuto o l'apprezzamento altrui o la gelosia per le qualità di un altro, a bisogni così primitivi e al tempo stesso primari per la sopravvivenza quali fame e sete? Semplice, perché, soprattutto per i nostri antenati, le esperienze sociali erano indispensabili alla sopravvivenza, servivano ad esempio a fare gruppo, essere accettati all'interno della tribù senza la quale diveniva più arduo procacciarsi il cibo e quindi sopravvivere. Proprio queste pressioni evolutive potrebbero aver favorito lo sviluppo di meccanismi interni che fanno avvertire come piacevoli i sentimenti positivi nei confronti degli altri, come dolorosi quelli negativi quali l'invidia, al fine di promuovere l'attaccamento al gruppo e assicurarsi così la sopravvivenza.

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