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Giornata mondiale della minigonna: perché indossarla ancora

La liberazione delle gambe delle donne ha segnato un'epoca. Oggi la mini è un capo amatissimo, un ‘must have' irrinunciabile

Giornata mondiale della minigonna: perché indossarla ancora - foto 1
-afp

L'intuizione si deve a Mary Quant, stilista inglese oggi 85enne.

Fu lei la prima a dare una bella sforbiciata agli orli delle gonne delle donne inglesi. Era il 1963 quando mise il primo modello nella vetrina di ‘Bazaar', la sua boutique in King's Road, a Londra. Era nata così la minigonna e subito dopo la modella Leslie Hornby, meglio nota come Twiggy, prese a indossarla, contribuendo a farla diventare il trend del momento. Da allora quel “pezzo di stoffa” non ha conosciuto battute d'arresto: è entrata facilmente nel cuore, oltre che nel guardaroba femminile, ed è a tutt'oggi tra i capi più amati in assoluto. Anche in virtù della sua grande valenza simbolica.

Da Mary Quant e Twiggy alle celebs di oggi: la mini, un amore senza fine

UN FENOMENO INARRESTABILE - La liberazione delle gambe delle donne ha influenzato e segnato profondamente un'epoca, diventando un fenomeno globale. Non sono mancate, certo, polemiche e dure reprimende (anche da parte di altri stilisti, come ad esempio Coco Chanel), ma le donne hanno saputo vedere nelle gonne accorciate “di due pollici sopra il ginocchio” un simbolo di emancipazione. Fu sempre la stessa Quant a riconoscere, infatti, che le vere ideatrici della mini-skirt erano proprio coloro che hanno scelto di indossarla. Perciò la minigonna ha segnato, in questo senso, anche la nascita dello ‘street style'.

Moda donna, gambe in vista! Il ritorno della mini

LA GIORNATA MONDIALE - Oggi la mini è un capo amatissimo, unmust have' irrinunciabile, al punto che dal 2015 è stata istituita la Giornata mondiale della minigonna, che cade ogni 6 giugno. La si deve al tunisino Rachid Ben Othman, presidente della Lega in difesa della Laicità e delle Libertà, e all'attivista femminista Najet Bayoudh, in segno di protesta contro un atto discriminatorio compiuto nei confronti di una studentessa algerina, alla quale era stato impedito di sostenere un esame per la sua gonna ritenuta troppo corta.