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Elezioni, è scontro sul caro energia: Berlusconi chiede un decreto, botta e risposta tra Letta e Conte

Il segretario dem: "Chi ha fatto cadere il governo, ora vuole misure". La replica del M5s: "Incalzavamo Draghi ma eri distratto dalla tua furia bellicista". Tensione tra Di Maio e Meloni sulle interferenze russe

combo berlusconi letta
Tgcom24

Sono le misure contro il caro energia a infiammare la campagna elettorale, con un tutti contro tutti che va in scena soprattutto sui social.

"Per affrontare questa situazione difficile non servono le stravaganti proposte del dottor Calenda: serve un decreto del governo per sterilizzare subito gli aumenti con adeguati ristori e crediti di imposta, occorre un'iniziativa comune europea per negoziare il prezzo del gas", dice Silvio Berlusconi. Al Mef si sta studiando un nuovo intervento a tutela di famiglie e imprese, ma solo fra lunedì e martedì si capiranno quali sono i margini di azione.

 

Botta e risposta tra Conte e Letta - Le ipotesi sul tavolo, come l'azzeramento degli oneri di sistema di luce e gas, nonché un intervento sulla Cig, non convincono però i leader che chiedono interventi ben più onerosi. Devono essere "massicci" per Giuseppe Conte, che insiste sullo scostamento perché "si è perso già troppo tempo". "Con quale credibilità chi 37 giorni fa ha fatto cadere il governo Draghi pretende oggi dallo stesso governo misure per la crisi energetica?", scrive su Twitter Enrico Letta, riferendosi anche a Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, e suscitando la dura reazione del leader del M5s. "Mentre noi incalzavamo Draghi - il tweet di Conte - forse tu eri distratto tra furia bellicista per il conflitto in Ucraina, armi e inceneritori da piazzare nei decreti".

 

 

Salvini guarda al nucleare pulito, Calenda rilancia il "time out" - "Sicuramente servirà un intervento da 30 miliardi di euro in manovra di bilancio", dice Salvini, che cita Elon Musk definendo "il nucleare di ultima generazione la fonte energetica più pulita e sicura". Al centro del fuoco incrociato c'è anche il rigassificatore di Piombino. Carlo Calenda annuncia con Matteo Renzi una mobilitazione a favore delle infrastrutture energetiche, ma continua a cadere nel vuoto la sua proposta rilanciata per "un time out e un confronto tra i partiti". "Un appello soprattutto a Meloni e Letta - dice il leader di Azione -, di essere chiari su alcune cose di fondo: saremo responsabili sul bilancio, vogliamo il rigassificatore, andiamo da Draghi, chiediamo tutti quanti di fare un intervento molto ampio".

 

Scontro tra Di Maio e Meloni sulla Russia - Nel clima già incandescente si inseriscono anche le polemiche sulle interferenze di Mosca sulle elezioni italiane. Per Letta "la Russia è definitivamente parte di questa campagna elettorale" e su questo tema "la destra italiana è drammaticamente ambigua". Ed è durissimo lo scontro fra Giorgia Meloni e Luigi Di Maio. Alla leader di FdI che lo ha accusato di essere "indegno" perché "scredita e rende debole la propria nazione agli occhi degli Stati esteri", il ministro replica con un video sui social. "Cara Giorgia, mi rivolgi degli insulti perché ho osato dire la verità sul tuo programma elettorale e quello della tua coalizione", dice. Di Maio inoltre rinfaccia alla leader di FdI le sue "amicizie fasciste del passato che si commentano da sole", e quelle internazionali del centrodestra, grazie a cui "l'Italia sarà ancor più isolata in Europa". Ma Calenda non ci sta: "Di Maio se ne accorge solo adesso che gli fa comodo, quando era al governo con Salvini non se ne ricordava".

 

 

Meloni possibile premier, Salvini frena - Intanto nel centrodestra, Matteo Salvini frena sull'ipotesi di Giorgia Meloni premier nel caso in cui FdI sia il partito più votato. "Aspetto il voto prima di fare qualsiasi commento - dice il leader della Lega - poi il Presidente della Repubblica sceglierà. Sono convinto che il centrodestra possa vincere, e che la Lega possa prendere un voto in più di tutti gli altri, ma non impongo nomi a nessuno". Venerdì la leader di FdI aveva detto di attendersi la nomina in caso di vittoria del suo partito alle urne.

 

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