La Legge di Bilancio alza il tetto fiscale per i buoni pasto digitali, lasciando invariata la soglia per i ticket cartacei. Una scelta che favorisce la tracciabilità, ma solleva interrogativi tra i lavoratori
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Il Consiglio dei Ministri ha approvato una misura destinata a incidere concretamente sul potere d'acquisto di milioni di lavoratori italiani: a partire dal 2026, la soglia esentasse dei buoni pasto elettronici passerà da 8 a 10 euro al giorno. Rimane invece ferma a 4 euro la soglia per i ticket cartacei. Una decisione che risponde a esigenze di modernizzazione e controllo fiscale, ma che lascia esclusa una parte significativa della platea. Il provvedimento, accolto con favore dalle aziende emettitrici e da alcune associazioni di categoria, pone l'accento su un processo già in atto: la progressiva digitalizzazione dei benefit aziendali. Ecco cosa cambia nella pratica per i lavoratori e perché il governo ha scelto questa strada.
Nel comunicato ufficiale di Palazzo Chigi si legge che, tra le misure contenute nella Legge di Bilancio 2026, è previsto l'innalzamento della soglia esentasse per i buoni pasto elettronici da 8 a 10 euro. Non cambia invece la soglia per i buoni cartacei, che resta a 4 euro, come stabilito fin dal 2020. La misura punta a incentivare l'uso dei ticket digitali, considerati più tracciabili ed efficienti dal punto di vista gestionale e fiscale.
Secondo l'Associazione nazionale delle società emettitrici di buoni pasto (Anseb), la decisione va incontro alle esigenze di aggiornamento legate all'inflazione e ai mutati costi della pausa pranzo. "Accogliamo con favore l'intenzione annunciata dal Governo di rafforzare il valore del buono pasto. È una misura importante per il potere d'acquisto del ceto medio, la competitività delle imprese e il rilancio dei consumi", ha dichiarato Matteo Orlandini, presidente Anseb.
Secondo le stime, sono circa 3,5 milioni i lavoratori che usufruiscono dei buoni pasto, di cui 700mila impiegati nella Pubblica Amministrazione. L'innalzamento della soglia esentasse rappresenta un potenziale beneficio economico diretto per chi riceve i ticket in formato elettronico: utilizzandoli quotidianamente, il vantaggio può arrivare a oltre 440 euro l'anno per ciascun dipendente. La misura rappresenta anche un'opportunità per le imprese, che possono continuare a offrire un benefit esente da contributi e imposte, aumentando il valore reale senza incrementare il costo del lavoro. Allo stesso tempo, l'intervento rientra tra le politiche di sostegno ai consumi, particolarmente rilevanti in un contesto di inflazione elevata e stagnazione della spesa delle famiglie.
La differenza di trattamento tra buoni elettronici e cartacei non è una novità. Già nel 2020, la normativa aveva previsto un abbassamento della soglia per i cartacei da 5,29 a 4 euro, mentre quella per gli elettronici era salita da 7 a 8 euro. La scelta politica è legata principalmente a motivazioni tecniche e fiscali.
I buoni elettronici garantiscono una maggior tracciabilità delle operazioni, rendendo più difficile l'utilizzo improprio e più facile la verifica da parte dell'Agenzia delle Entrate. Inoltre, riducono i costi di stampa, distribuzione e gestione, con benefici per le aziende emettitrici e per gli esercenti convenzionati. Infine, il formato digitale si adatta meglio all'evoluzione dei sistemi di pagamento e ai controlli sulle spese deducibili.
Non mancano, tuttavia, le perplessità. I sindacati e alcune associazioni di categoria sottolineano come i lavoratori meno digitalizzati – in particolare in settori come la logistica, la distribuzione o le imprese più piccole – continuino a ricevere buoni cartacei, che restano penalizzati. Il rischio è una disparità di trattamento tra lavoratori a parità di mansioni e carico lavorativo. Al momento, il governo non ha annunciato modifiche alla soglia per i cartacei, né ha introdotto meccanismi di transizione obbligatoria verso l'elettronico. Di conseguenza, chi non ha accesso a strumenti digitali o lavora in aziende che non hanno aggiornato il sistema, si trova in svantaggio.
Uno studio di The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Edenred, ha stimato gli effetti macroeconomici della misura. A fronte di un costo stimato tra 75 e 90 milioni di euro annui per lo Stato, l'incremento della soglia esentasse potrebbe generare un aumento dei consumi tra 1,7 e 1,9 miliardi di euro, con un maggior gettito IVA tra 170 e 200 milioni. Il beneficio netto per le finanze pubbliche sarebbe quindi positivo, con un saldo attivo compreso tra 95 e 110 milioni di euro. Una prospettiva che rafforza la visione del buono pasto come strumento di politica economica, oltre che benefit aziendale.