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Le imprese che tornano in Italia

Il ricollocamento degli stabilimenti offre la possibilità di creare anche nuovi posti di lavoro

Tecnicamente il reshoring consiste nel rilocalizzare le linee di produzione nel Paese d'origine.

Una scelta che un numero consistente di imprese italiane hanno fatto e che probabilmente verrà apprezzata molto dai consumatori.

Un'analisi condotta da PwC sostiene che il 50% dei giovani consumatori – il sondaggio ha coinvolto 3.160 persone di età media pari a 24 anni – ritiene che la decisione di riportare in Italia le produzioni migliori la reputazione dell'impresa. Mentre il 33% del campione è maggiormente propenso ad acquistare prodotti di un'azienda, che ha adottato strategie di reshoring, rispetto a quelli delle aziende che hanno preferito restare all'estero.

Tornare nel Paese d'origine è una scelta che premia – i dati del sondaggio PwC sono lì a dimostrarlo – e che è stata presa da molte imprese italiane nel corso dell'ultimo anno.

Una ricerca realizzata dall'Uni-Club MoRe Reshoring (un centro di ricerca composto da docenti e ricercatori delle Università di Catania, L'Aquila, Udine, Bologna e Modena&Reggio Emilia) calcola che 121 aziende italiane – una porzione consistente delle quali aveva delocalizzato la produzione in Cina (41) e nell'Europa orientale (29) – hanno ritrasferito i propri stabilimenti in Italia.

Si tratta di un numero secondo soltanto a quello registrato tra le imprese statunitensi (326) e forse sottostimato: lo studio sottolinea che non tutte le aziende, che hanno fatto rientrare delle produzioni, sono disposte a dichiararlo.

La maggior parte delle imprese italiane è rientrata nel Nord-Est (66) e nel Nord-Ovest (25).

I motivi, che hanno convinto gli imprenditori al rientro, sono diversi. L'indagine ne indica tre: il 41% lo ha fatto per sfruttare al meglio l'effetto “made in…”. Il 24,8% per migliorare il servizio al cliente e ciò vale specialmente per i prodotti che possono richiedere parecchia assistenza tecnica dopo la vendita, mentre il 17,8% delle imprese è tornato per migliorare la qualità delle produzioni.

Naturalmente il reshoring porta con sé la possibilità di creare nuova occupazione nel Paese d'origine. Un'analisi PwC diffusa lo scorso anno esaminava il caso del Regno Unito, sostenendo che il reshoring potrebbe generare nell'economia britannica tra i 100 e i 200mila posti di lavoro nell'arco di dieci anni.