Il 64% dei datori di lavoro considera l'esperienza internazionale importante per le assunzioni. In Italia aumenta l'importo medio delle rette universitarie
© lapresse
Dall'anno accademico 2015/2016, l'Erasmus non conoscerà confini. Gli studenti e i docenti europei potranno infatti decidere di trascorrere un periodo di studio o docenza anche lontano dal Vecchio Continente. Un'opportunità unica quindi per i tanti universitari iscritti negli atenei italiani, chiamati – insieme alle loro famiglie – a sostenere costi sempre più elevati.
Gli studenti, disposti a lasciare l'Unione europa, riceveranno un 'aiuto' mensile più consistente rispetto a quello riconosciuto ai colleghi che invece preferiranno restare: 650 contro 250 euro. I fondi messi a disposizione sono consistenti: 121 milioni di euro (12 dei quali spetteranno al nostro Paese) che andranno a sommarsi 14,7 miliardi di euro stanziati precedentemente dalla Commissione europea per il 2014-2020.
Studiare all'estero può essere utile per rendere la propria formazione ancora più completa e divenire così maggiormente appetibile agli occhi di eventuali datori di lavoro: il 64% dei quali, secondo uno studio della Commissione europea, considera l'esperienza internazionale importante per le assunzioni (nel 2006 era il 37%).
Cinque anni dopo aver conseguito la laurea, il tasso di disoccupazione tra gli studenti Erasmus è inferiore del 23%. Mentre i disoccupati di lunga durata – ovvero tutti coloro che sono alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani – risultano praticamente dimezzati tra i giovani che hanno studiato lontano dal proprio Paese.
Parliamo dunque di un'opportunità unica per gli studenti che frequentano le università sparsi sul nostro territorio e il cui numero risulta (purtroppo) in calo: gli iscritti all'anno accademico 2012-2013, rileva l'ISTAT nel suo Annuario statistico 2014, erano 1.709.407 (il 2,4% in meno rispetto all'anno precedente).
Diversi sono quindi gli italiani che, nonostante la crescita del costo dell'istruzione universitaria, non rinunciano a frequentare un ateneo. Secondo il quinto ed ultimo Osservatorio di Federconsumatori, nel 2014-2015 la media complessiva degli importi delle rette universitarie ha registrato un aumento dell'1,2% rispetto al precedente anno accademico. Passiamo così da un minimo di 299 euro (prima fascia) ad un massimo di 3.835 (quinta fascia). Precisazione: il calcolo delle rette universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi.
Ci sono comunque atenei più convenienti di altri. Mediamente, però, i costi da sostenere per un'istruzione universitaria sono comunque elevati – e in taluni casi addirittura proibitivi – sia per gli studenti in sede, ovvero quelli iscritti in università nella stessa Provincia di residenza, sia per quelli fuori sede. Quest'ultimi, secondo un computo di Federconsumatori, sono chiamati a sostenere una spesa (inevitabilmente) superiore rispetto ai primi: chi ha un reddito pari o inferiore a 10 mila euro e affitta una stanza singola, spende mediamente 9.297 (+4,7% rispetto al 2011) contro 1.504 euro (+11,72%) sborsati dagli studenti in sede.
Per quanto consistente, la spesa per un'istruzione universitaria può rappresentare un investimento. Che, secondo uno studio di Career Paths, può valere fino a 16 volte in più rispetto all'acquisto di un immobile. La spesa media per una laurea triennale, stimata da chi ha condotto lo studio a 19 mila euro totali (6.350 euro annui: 1.400 per la retta, 450 euro per i libri di testo e materiale didattico e, infine, 4.500 euro per sostenere il costo della vita per chi è fuori sede), si traduce in uno stipendio medio da 13.200 euro annui a 12 mesi dal conseguimento della laurea, con un tasso di rendimento quindi del 69%.
Acquistare, ad esempio, un appartamento a Milano dal valore complessivo da 200 mila euro è meno conveniente, sostiene Career Paths. Perché, spiega, il rendimento annuo sarebbe pari a 8.400 euro. Un rendimento lordo, a dire la verità: il calcolo non prende infatti in considerazione i costi aggiuntivi dovuti alle imposte sul reddito, la TASI e le eventuali spese di condominio.