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Il terremoto radiofonico

Norme contenute nel decreto Ristori provocano un effetto deflagrante per l'intero sistema

La scorsa settimana è passato un emendamento all’interno del decreto ristori approvato dal consiglio dei ministri. Quello che non è emerso in maniera chiara sono le due norme contenute all’interno del decreto che determinano un cambiamento epocale a discapito di tutto il sistema delle radio italiane.

All’interno del Decreto Ristori infatti sono contenuti due emendamenti che hanno nella loro somma composta un effetto deflagrante per l’intero sistema radiofonico. Con il primo emendamento è stata introdotta la possibilità di poter affittare frequenze anche se non di proprietà a terzi, vanificando gli investimenti effettuati negli anni da tutti gli operatori ed i relativiasset patrimoniali. L’emendamento relativo alla modifica per le radio cosiddette comunitarie del tetto di raccolta pubblicitaria commerciale consentirà a queste emittenti di trasmettere più pubblicità ( dal 10 al 25% orario).  

 

Si tratta di modifiche che abbattono un sistema di norme che fino ad oggi ha regolato in maniera ordinata un mercato fatto di tantissimi soggetti anche locali oltre che nazionali. Da un lato viene moltiplicato il valore del titolo concessorio delle emittenti “comunitarie”, no profit, che possono trasformarsi in “commerciali”, e , senza investimenti, mediante il solo affitto di frequenze possono arrivare alla copertura del 60% del territorio nazionale. Dall’altro viene svilita la concessione delle altre emittenti nazionali che perderanno mercato pubblicitario e potranno accendere nuovi impianti solo mediante acquisto di frequenze a titolo oneroso previa autorizzazione da parte del ministero.  

 

Di fatto queste due norme consentono ai giganti cosiddetti OTT (Google, Amazon, Spotify) di entrare in maniera incondizionata anche in questo mercato, con buona pace del pluralismo e di quel variegato mosaico che caratterizza il sistema della radiofonia italiana nazionale e locale.

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