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Draghi, l'ora dell'addio: otto anni alla guida della Bce nella più grave crisi dell'euro

Dal Quantitative easing al piano di aiuti alla Grecia tra lacrime e sangue, il presidente dellʼEurotower ha dovuto trovare risposte a crisi, speculazioni, rischi di contagio. Ha lasciato il segno, ma ha anche provocato forti fratture

Draghi, l'ora dell'addio: otto anni alla guida della Bce nella più grave crisi dell'euro - foto 1
Italy Photo Press

Sarà ricordato soprattutto per il Quantitative Easing, il maxi-intervento antistagnazione che prevede acquisti di titoli di Stato per sostenere le economie dell'euro.

Ma Mario Draghi, che il 24 ottobre presiede la sua ultima riunione a Francoforte da presidente della Bce, con la sua politica monetaria ha lasciato il segno nei palazzi di Francoforte e nei Paesi Ue, ma ha anche provocato forti divisioni e contrasti.

I suoi otto anni a capo della Banca centrale europea, dove arrivò nel 2011 per sostituire Jean-Claude Trichet, sono stati segnati da una situazione economica difficile, che l'ha obbligato a mettere in campo misure di rilancio e sostegno, a volte anche dolorose.

 

Salvare l'euro - Già nel luglio del 2012 pronunciò le fatidiche parole che avrebbero ispirato il suo mandato fino alla fine: "Farò tutto il necessario per salvare l'euro". E così fece. Era l'epoca della crisi del debito sovrano, le banche spagnole erano in agonia, la Grecia nel caos e l'Italia rischiava il contagio. La sua ricetta fu la possibilità di acquistare il debito dei Paesi in cambio di programmi di riforma. E riuscì a frenare la speculazione, evitando il tracollo dei mercati.

 

Quantitative easing - Poi venne il momento del Quantitative easing. C'era da fermare deflazione e stagnazione, che nel 2014 erano diventati un reale pericolo. L'annuncio della misura arrivò all'inizio del 2015: la Bce avrebbe acquistato titoli di Stato per 60 miliardi di euro al mese per ridare slancio all'economia, facendo risalire l'inflazione intorno al 2%. Livello che, però, non venne mai raggiunto.

 

Aiuti alla Grecia tra lacrime e sangue - Il 2015 fu anche l'anno dell'esplosione del caso Grecia, l'anno dell'elezione di Alexis Tsipras a capo del governo e delle negoziazioni con Bce, Fmi e Ue. L'Eurotower scelse di salvare Atene con l'Ela, l'Emergency liquidity assistance: sostegno finanziario alle banche elleniche vicine al collasso e negoziazioni da parte della Bce. L'economia fu stabilizzata, ma in cambio di riforme molto dolorose.

 

Segnali di ripresa e nuova frenata - Sul finire del mandato di Draghi, nel 2018, l'economia globale comincia a mandare segnali di ottimismo, con la Fed che negli Usa alza per ben quattro volte i tassi di interesse e con la Bce che torna, dopo anni, a ipotizzare un aumento del costo del denaro. Ma l'anno non si chiude come si era aperto e la Bce cambia bruscamente rotta. Tanto che, a settembre 2018, si annuncia un nuovo Quantitative easing che mette in subbuglio i vertici dell'Eurotower, dove sono in tanti a non condividere la sua mossa. Christine Lagarde arriva quindi per il cambio della guardia in un momento molto delicato. In una situazione di grande sofferenza per l'economia europea che sembra non aver fine. 

 

 

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