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Tessile italiano: una filiera più sostenibile per la lana e non solo

Slow Fiber è un network che oggi conta 23 aziende storiche e virtuose, con l'obiettivo di rendere la filiera del tessile più sostenibile promuovendo un consumo più consapevole e responsabile

Tessile italiano: una filiera più sostenibile per la lana e non solo  - foto 1
Unsplash

Da eccellenza italiana da esportare nel mondo. A rifiuto speciale difficile da smaltire. È la triste parabola della nostra lana autoctona. Una volta era molto apprezzata dal mercato internazionale.

Inoltre, il settore tessile è oggi il quarto più inquinante d’Europa, oltre a essere tra i tre peggiori nell’abuso di acqua e tra i primi cinque per le emissioni di gas serra. Alcuni studi hanno inoltre rilevato che per ogni persona vengono buttati ogni anno 11 kg di rifiuti di origine tessile.

Bei tempi quando nel classico del cinema "Colazione da Tiffany", la diva Audrey Hepburn mostrava al mondo l’eleganza del panno casentino, uno dei tessuti più antichi mai lavorati. Oggi, invece, la nostra lana viene soppiantata da quella di Nuova Zelanda, Australia e Patagonia. Territori che possono contare su un prodotto più morbido e adatto alle richieste dei consumatori. 

Più ruvida e pesante la lana viene scartata dalle grandi case di moda e diventa un costo a carico dei pastori. Dopo la tosatura, questi devono occuparsi dello smaltimento di un prodotto che l’Unione europea considera un rifiuto speciale. Ma tonnellate e tonnellate di fibra non possono essere buttate. Devono essere reimmesse in nuovi circuiti: questo materiale, infatti, può diventare imbottitura di materassi, un oggetto da impiegare in cucina e persino concime.

 

Tessile italiano: una filiera più sostenibile per la lana e non solo  - foto 2
Unsplash

Per affrontare le diverse sfide, non solo della lana, ma di tutta la filiera del tessile, è nata Slow Fiber. Questo progetto portato ad avanti da Slow food ha creato un network che oggi conta 23 aziende storiche e virtuose. L'obiettivo? Rendere la filiera più sostenibile promuovendo un consumo più consapevole e responsabile.

Come ci ha raccontato Dario Casalini, fondatore di Slow Fiber: “Abbiamo raccolto intorno a noi una serie di aziende che esprimono tutta la filiera tessile - quindi dalla fibra alla filatura alla trasformazione in tessuto, fino al prodotto finito - e che hanno anche un fortissimo legame con il territorio d’origine”. 

 

Tessile italiano: una filiera più sostenibile per la lana e non solo  - foto 3
slow fiber

 

Trasparenza e tracciabilità delle filiere, tutela dei lavoratori e dei consumatori, diffusione di una nuova etica produttiva attraverso la diretta testimonianza delle aziende sono i concetti alla base della rete.

Le realtà che entrano nella rete sono diverse, ma tutte condividono i valori racchiusi nel manifesto di Slow Fiber. “Abbiamo dimostrato che un modello industriale che non sfrutta le risorse naturali oltre la loro capacità di rigenerazione e che rispetti soprattutto le persone coinvolte nei processi produttivi e il consumatore finale è possibile” ha aggiunto Dario Casalini. 

Rivalutare la lana come tessuto, vuol dire salvare tutto ciò che c'è dietro. Come il mondo dei pastori, che schiacciati dalla modernità, rischiano di scomparire per i costi di tosatura e smaltimento.  

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