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Direttiva "Case Green" approvata dall'Europarlamento: i numeri italiani

Efficientare, ridurre i consumi e pure i costi in bolletta. Questi i principi cardine della direttiva case green approvata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo che prevede l’impatto zero entro il 2050

Direttiva "Case Green" approvata dall'Europarlamento: i numeri italiani <br />
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Efficientare, ridurre i consumi e pure i costi in bolletta. Questi i principi cardine della direttiva case green approvata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo che prevede l’impatto zero entro il 2050. Per raggiungere l’obiettivo in una scala energetica che va da A4 a G, gli edifici residenziali classe G hanno l'obbligo di raggiungere la E entro il 2030 e la D entro il 2033, mentre quelli non residenziali e pubblici rispettivamente entro 2027 e 2030. Dal 2026 dovranno raggiungere la neutralità carbonica tutti quelli di proprietà di enti pubblici e dal 2028 tutte le nuove costruzioni private, che dovranno essere dotate d'impianti fotovoltaici o geotermici, solari termici, a biomassa e pompe di calore, oltre al teleriscaldamento e al teleraffrescamento.

Circa il 60% del patrimonio abitativo italiano però si trova nelle classi energetiche F o G. Sui 34 milioni di immobili residenziali che risultano all’Agenzia delle Entrate, 21 milioni si trovano nelle classi F e G e sarebbero dunque - secondo la nuova normativa Ue - da efficientare. C'è però da tenere presente che le lettere E e D stabilite dall'Unione Europea non sono quelle dell’attuale classificazione italiana. Se guardiamo alle categorie nostrane, il 74% delle case è di classe E-F-G e solo il 26% in classe D o migliore. Ma secondo quella che potrebbe essere la classificazione europea (arriverà forse nel 2025), solo il 45% delle case dovrebbe rientrare in categoria E-F-G. Se lo scopo è nobile, i numeri possono però apparire quasi proibitivi in un arco di 7-10 anni, con un altro aspetto rilevante da tenere in considerazione: il rischio svalutazione degli immobili inefficienti.

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Tgcom24

Secondo uno studio Unimpresa la situazione in cui si troveranno i proprietari dei circa 8 milioni di immobili da adeguare agli standard energetici Ue può addirittura essere paragonata a quella di chi è responsabile di un abuso edilizio. Tradotto, esiste il rischio che il perito di una banca chiamato a fare verifiche a garanzia di un mutuo o un prestito possa bloccare l’iter di fronte alla constatazione di "irregolarità". Gli istituti di credito, secondo Unimpresa, potrebbero quindi erogare mutui di importo molto più basso, perché le case non "a norma" avranno meno valore in termini di garanzie rispetto all'importo del finanziamento erogato.

Alla normativa europea è prevista una deroga del 22% del parco immobiliare con la possibilità di escludere edifici religiosi, con valore storico o sottoposti a vincoli architettonici, le seconde case e quelle con una superficie inferiore a 50mq, ma al momento non sono previste sanzioni per gli Stati membri in caso di risultati insufficienti. E gli stessi stati membri dovranno arrivare a un accordo finale in sede di Consiglio europeo.

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