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Sophie Costiou Charretour: "La medicina estetica non è effimera: nel volto si celano capitoli di vita"

Sophie Costiou Charretour, Country Manager di Merz Aesthetics Italia, si racconta ai lettori di Tgcom24

di Carlotta Tenneriello
30 Set 2024 - 05:00

Sophie Costiou Charretour, Country Manager di Merz Aesthetics Italia

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Sophie, sei una manager brillante e determinata. Oltre a queste, quali sono le tue caratteristiche principali?
Innanzitutto, grazie per le tue parole. Per quanto mi riguarda, credo che la mia principale caratteristica sia la capacità di ascoltare. Essere una buona leader significa saper comprendere le persone che ci circondano, dai colleghi ai pazienti finali. Oltre a questo, la mia curiosità e la volontà di innovare mi spingono sempre a esplorare nuovi orizzonti, sia nel lavoro che nella vita privata. Ritengo che l’impegno costante a migliorare, l’ascolto e l’empatia, mi aiutino a guidare con decisione e sensibilità.

Come hai maturato le competenze manageriali specifiche nel settore Pharma? 
Quando studiavo Business Management & Finanza, in segreto sognavo di diventare una cantante. Il destino poi mi ha fatto iniziare la carriera nell’industria farmaceutica e, oltre a studiare ogni aspetto di questo mercato, ho interiorizzato i valori della ricerca scientifica per maturare una cultura aziendale adeguata allo sviluppo della mia carriera professionale e seguire una visione strategica a lungo termine.

La tua carriera è stata rapida: me ne vuoi parlare?
Il percorso è stato sicuramente intenso e ho sempre cercato di mettermi in gioco affrontando ogni sfida con passione e determinazione. Lavorare in contesti stimolanti mi ha dato l’opportunità di crescere velocemente, e sono grata ai mentori e alle esperienze che mi hanno guidato lungo questo cammino. Non si tratta solo di velocità, ma di restare fedeli ai valori che continuano a ispirare la nostra storia di leadership: perseverare nell’innovazione, essere socialmente responsabili e garantire l’eccellenza scientifica per aiutare i pazienti a vivere meglio.

Quando e come sei arrivata in Merz Aesthetics?
Sono arrivata in Merz Aesthetics 13 anni fa come marketing director in Francia, in un momento in cui l'azienda stava cercando di rafforzare la sua organizzazione per diventare leader di mercato. Ero attratta dai suoi valori e dall’approccio etico e umano alla medicina estetica. Successivamente, mi sono spostata in Germania per occuparmi del Marketing Globale presso la sede di Francoforte e ora ricopro il ruolo di Country Manager in Italia. È stato un percorso dinamico che mi ha dato molte soddisfazioni, sia in termini di crescita personale che professionale.

Qual è la chiave del vostro successo?
Mettiamo sempre al centro il benessere delle persone, cercando di promuovere una bellezza autentica e sostenibile, che non sia soltanto superficiale, ma che contribuisca al miglioramento del benessere psicologico dei nostri pazienti. Questo approccio empatico, unito a un costante impegno nella ricerca scientifica e a una forte cultura aziendale basata sulla collaborazione e sullo sviluppo dei talenti del nostro capitale umano sono altre componenti essenziali del nostro successo. Le aziende sono fatte dalle persone.

Il trattamento a cui sei maggiormente affezionata.
Non è possibile rispondere a questa domanda perché la legge che tutela i diritti dei pazienti vieta alle aziende/dipendenti di parlare o, peggio ancora, di promuovere medical devices, brand e trattamenti. Posso dirti che come donna e come paziente consulto sempre i migliori specialisti in grado di garantire la sicurezza, il rispetto della mia unicità e la massima naturalezza dei risultati di un trattamento estetico. 

Essere donna e manager: in Italia è complicato. Qual è invece la tua esperienza?
Personalmente non ho avuto difficoltà arrivando in Italia, una terra meravigliosa che mi ha accolto splendidamente e che amo ogni giorno di più. In Italia, il ruolo di donna manager può presentare sfide, ma personalmente ho trovato un ambiente molto stimolante. La chiave per me è stata l'organizzazione e il supporto familiare, che mi hanno permesso di conciliare carriera e vita privata. La cultura italiana, poi, ha molto da offrire in termini di valori familiari e supporto reciproco. Essere una donna in questo contesto mi ha permesso di apportare una sensibilità particolare e di promuovere una leadership basata sulla collaborazione e sull'ascolto.

Il tuo rapporto con il nostro Paese.
L'Italia è un Paese che mi ha sempre affascinato per la sua ricchezza culturale e la sua bellezza, ma anche per il calore delle persone. Qui ho trovato una grande accoglienza, un contesto lavorativo collaborativo e un pubblico estremamente attento e aperto a nuove idee. Mi sento fortunata a poter lavorare e vivere in un ambiente che valorizza sia la tradizione che l'innovazione. E, dopo quattro anni di training “gustosi”, sto diventando una cuoca provetta per cucinare al top i piatti tradizionali più famosi nel mondo.

Un suggerimento alle ragazze che vogliono fare carriera in azienda.
Il mio consiglio è di non avere paura di osare. Bisogna cercare sempre di uscire dalla vostra zona di comfort, coltivare la curiosità e non smettere mai di imparare. È fondamentale anche creare una rete di supporto, trovare mentori e colleghi che credano in voi. E, soprattutto, occorre avere fiducia nelle proprie capacità, perché il talento e l'impegno sono sempre più ricercati dalle aziende.

Qualcosa su di te per i nostri lettori.
In questi anni la mia sfida più grande è stata apprendere la lingua italiana. È davvero difficilissima e non sopporto l’idea di essere presa in giro quando commetto errori grammaticali o di pronuncia! Quando il mio team mi ha coinvolto in qualità di “conduttrice” nella realizzazione di una serie televisiva dedicata alle città d’arte italiane e al loro rapporto culturale con la percezione estetica - “La Vera Bellezza” - sono andata nel panico: per essere all’altezza di questa sfida, oltre a ripetere centinaia di volte domande e risposte previste dal copione, ho aumentato a dismisura le ore di lezione prendendo un secondo insegnante. Tutto questo non mi ha ancora messo al riparo dalle battute dei colleghi per i neologismi “maccheronici” che continuo a creare quando siamo insieme in riunione, anche se gli italiani sono molto meno critici di quanto non lo sia io.

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