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"Oligarchi", gli affari opachi degli associati di Putin in Italia

Il libro di Iacoboni e Paolucci, edito da Laterza, ricostruisce le reti di finanziamenti e potere occulto dei russi nel nostro Paese

C'è un gruppo ristretto di persone legate a Putin che sta conquistando influenza in Italia con finanziamenti e operazioni opache. "Oligarchi, come gli amici di Putin stanno comprando l'Italia" è il nuovo libro di Jacopo Iacoboni e Gianluca Paolucci, edito da Laterza. Ricostruisce la rete di rapporti dei russi nel nostro Paese e del potere segreto che stanno ottenendo.

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La Russia ha la quota più alta del mondo di soldi opachi detenuti all'estero: secondo studi recenti è pari a un trilione di dollari. Si stima che un quarto di questi sia collegato a Vladimir Putin e ai suoi più stretti associati. Dove vanno questi soldi? Tra le destinazioni spicca l'Italia: secondo quanto riporta il libro, gli oligarchi russi comprano grandi proprietà, agiscono al limite dello spionaggio e investono in operazioni di influenza politica.

 

Sono persone legate a Putin e spesso sono connesse l'una con l'altra. Nel libro si parla dei passaggi in Italia degli avvelenatori di Skripal e si registrano in modo puntuale i flussi di denaro provenienti dalla Russia e diretti verso il nostro Paese. E si pone una questione, quella dell'intelligence russa in Europa. L'inchiesta dei due giornalisti de "La Stampa" si avvale di documenti esclusivi, interviste, atti societari, ma anche fonti aperte, facendo luce su storie di servizi segreti, traffici e dark money. Quello che emerge, secondo Iacoboni e Paolucci, è un quadro di profonda influenza della Russia in Italia, che ha attraverso governi di segno politico opposto. 

 

Pubblichiamo un brano tratto dal Prologo:

 

È la Nato il bersaglio dei russi: l’Italia rientra in un panorama di operazioni di spionaggio e controspionaggio avvenute negli ultimi anni in tanti altri paesi, dal Regno Unito alla Francia, dai Paesi Bassi alla Bulgaria, fino alla Repubblica Ceca. Solo nel 2021 operazioni russe aggressive in diverse parti d’Europa hanno avuto per oggetto segreti dell’Alleanza atlantica e di di­verse agenzie sovranazionali occidentali. A dicembre del 2020 due funzionari russi sospettati di spionaggio vengono espulsi dai Paesi Bassi. Le informazioni che cercavano riguardavano «intelligenza artificiale, semiconduttori e nanotecnologie», ha spiegato l’Aivd, il servizio segreto olandese. Ad Amsterdam pe­raltro ha sede l’Ema, l’agenzia europea che autorizza i vaccini contro il Covid-19. Hackerata proprio all’inizio di quel mese, con i russi tra i principali sospettati. E all’inizio di dicembre un altro episodio era partito da modalità assolutamente analoghe a quelle italiane: un alto funzionario del ministero della Difesa bulgaro era stato ripreso in due video in cui scattava una serie di fotografie di documenti militari classificati sul suo computer, archiviandole su una chiavetta Usb. I documenti riguardavano segreti sui caccia F-16, sulla Nato, sulla Cia, sull’Ucraina e sulla guerra armeno-azera in Nagorno-Karabakh. Il telefonino era anche in quel caso un Samsung S9 nero, come quello che sareb­be stato fornito a Biot dai russi. Anche lì tutto fu ripreso dalle telecamerine e – soprattutto – fu fatto uscire. Video compresi.

 

Assieme a Dmitry Ostroukhov viene espulso un altro russo. Si chiama Alexey Nemudrov, capitano di Marina e addetto navale e aeronautico dell’ambasciata russa. Nemudrov è l’ufficiale che riceve fisicamente gli invitati – politici, manager, personalità ita­liane – ai ricevimenti in ambasciata russa. Fa discorsi alti in cui inneggia alla pace tra Russia e Italia. Ha partecipato a tantissimi eventi in Italia, spaziando dalla Fondazione Diesse di Genova, nel mondo post-comunista e poi diessino, all’Associazione Liguria-Italia, nel cui consiglio siede il leghista Gianluca Savoini, già al centro dello scandalo sui presunti finanziamenti russi alla Lega. Soprattutto, entrambi, Nemudrov e Ostroukhov, non sono due diplomatici, e non sono neanche due semplici militari. Grazie ai database consultati da Christo Grozev di Bellingcat – il collettivo di reporter investigativi fondato da Eliot Higgins, che ha scoper­to l’identità del commando di avvelenatori di Sergey Skripal nel Regno Unito (tre operativi del Gru), e di Alexey Navalny in Sibe­ria (una squadra dell’Fsb, il successore del Kgb) – si scopre che entrambi i russi espulsi da Roma figurano negli elenchi di allievi che si perfezionarono nelle più importanti accademie militari dello spionaggio russo. «Sia Alexey Nemudrov (nato nel 1967), attaché militare, sia il suo aiutante Dmitry Ostroukhov (nato nel 1977) sono diplomati alla cosiddetta “Accademia diplomatica militare” della Russia, conosciuta come “il Conservatorio” del Gru. In precedenza Ostroukhov si era laureato presso l’Istituto del Comando militare di Mosca», ha ricostruito Grozev. Dietro l’apparenza di un quarantenne giovanile e gentile (Ostroukhov) e quella di uno stagionato e sovrappeso capitano di Marina russo, siamo davanti a due militari che hanno avuto un training speci­fico per operazioni particolari. E da anni agivano indisturbati in Italia. Secondo fonti russe, Biot avrebbe rivelato loro anche codici crittografici per le comunicazioni Nato.

 

Il “Conservatorio”, in Ulitsa Narodnogo Opolcheniya 50 a Mosca, non lontano dall’area in cui si trova il quartier generale del Gru e dagli istituti di ricerca affiliati all’intelligence militare russa, consta di tre dipartimenti: il primo forma agenti sotto copertura che operano sotto protezione diplomatica. Il secondo forma gli attaché militari, ossia rappresentanti delle forze arma­te russe in servizio in missioni diplomatiche. Il terzo istruisce gli ufficiali che guideranno le operazioni speciali all’estero. In quest’ultimo dipartimento, per capirci, è stato formato Anatoly Chepiga, accusato di essere l’autore materiale dell’avvelenamen­to di Sergey Skripal e sua figlia a Salisbury, nel Regno Unito, con il novichok, o il suo capo, il generale Denis Sergeev (nome sotto copertura: Sergey Fedotov). Anche loro, come vedremo, sono transitati da aeroporti italiani, in questi anni. Ma anche il secon­do dipartimento alleva ufficiali pericolosi: per esempio viene da lì Eduard Shishmakov, che guidò le operazioni per organizzare un colpo di stato in Montenegro nel 2016. Shishmakov nel 2014 aveva lavorato come addetto militare in Polonia, e poi era sta­to espulso. Modalità e storie ormai familiari in Italia, non solo nell’Est europeo o in Gran Bretagna.

 

L’Italia è sempre stata una terra accogliente per l’influenza russa, una storia che risale almeno ai tempi della Guerra fredda, ai soldi di Mosca al Pci, ma anche alla Realpolitik della Demo­crazia Cristiana, in un’Italia alleata degli Stati Uniti e al tempo stesso con la pretesa di essere il “ponte” dell’Occidente verso Mosca. Ma negli ultimi quattro anni, quelli che ci separano dal trionfo nelle elezioni italiane del 2018 di due partiti populisti e filorussi, Lega e Movimento 5 stelle, la tendenza si è a tal punto intensificata da mutare di segno: l’Italia è diventata terra «di pascolo di spie russe», per usare l’espressione di un analista dell’intelligence. Molte tra loro sono appunto del Gru, i servizi militari di Mosca, anche di quella sua unità 29155 dedicata a sovversione e assassinii politici in Europa. Altre del Svr, i servizi esteri, il successore del Primo direttorato del Kgb. A Roma si è creata una cellula di operativi russi che va dalle ottanta alle cento persone. Una nostra fonte nell’intelligence ce ne ha rive­lato anche il numero esatto censito fino a oggi: 87 spie. Osserva lo studioso di spionaggio russo Mark Galeotti: «L’Italia è stata generalmente uno degli stati più amichevoli o almeno tolleranti della Russia nell’Ue. La pazienza è esaurita?».

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