FINO AL 30 GIUGNO

Martin Parr e il quotidiano amaramente ironico: a Milano la mostra "Short & Sweet"

Oltre 60 scatti del fotografo inglese in esposizione al Mudec fino al 30 giugno

22 Feb 2024 - 13:40
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© Carlotta Coppo © Carlotta Coppo © Carlotta Coppo © Carlotta Coppo

© Carlotta Coppo

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Ironico e colorato, Martin Parr è uno dei fotografi britannici più famosi per come racconta il quotidiano. La sua è una sorta di narrazione antropologica per osservare la società contemporanea e le sue pieghe più contraddittorie, quelle che appartengono al mondo occidentale, in particolare europeo, restituito da una cronaca fotografica tagliente, senza filtri e fuori dalla retorica, a volte raccontata con pungente sarcasmo. "Short & Sweet" è il titolo dell'esposizione che lui stesso ha curato in collaborazione con Magnum Photos visitabile al Mudec Photo di Milano fino al 30 giugno: oltre 60 scatti e l'installazione delle immagini del ciclio "Common Sense" per ripercorrere la sua carriera dal bianco e nero degli anni 70 all'uso del colore iniziato negli anni 80.

© Tgcom24

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Gli inizi in bianco e nero

  Attraverso una cronaca fotografica senza filtri e fuori dalla retorica, il percorso espositivo si apre in bianco e nero, con la serie "The Non-Conformists", immagini scattate dal 1975 al 1980 da un giovane Parr, appena terminata la scuola d’arte. L’autore insieme alla sua compagna (e futura moglie) Susie Mitchell si muove della metropoli londinese verso le periferie dello Yorkshire. Per cinque anni, la coppia documenta quotidianamente gli eventi a cui assiste, in particolare quelli dei Non Conformisti, dal nome delle cappelle metodiste e battiste che stavano diventando numerose nella zona. Martin fotografa sia l'ambiente circostante che le vite dei colletti blu di operai, minatori, agricoltori, devoti, guardiacaccia, allevatori di piccioni, realizzando un documento storico e toccante che definisce il carattere ferocemente indipendente dell’Inghilterra settentrionale dall’anglicismo di Stato.

Prima di approdare alle più conosciute serie a colori, la mostra prosegue con l’ultimo progetto in bianco e nero sviluppato da Parr, "Bad Weather”, realizzato tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, e pubblicato nel 1982. L’idea era quella di creare un lavoro incentrato su un’ossessione britannica. Il tempo atmosferico ha fornito un soggetto ideale. Con una fotocamera subacquea, Parr si getta sotto le tipiche condizioni meteorologiche inglesi: acquazzoni, pioggerelline, tempeste di neve documentate rigorosamente tra Inghilterra e Irlanda. “Di solito ti viene detto di fotografare solo quando la luce è buona e c’è il sole e mi piaceva l'idea di scattare fotografie solo in caso di maltempo, come modo per sovvertire le regole tradizionali”, spiega. Con scanzonata serietà, la serie unisce espressioni e reazioni delle persone che vivono costantemente sopportando temperature pungenti e clima uggioso.

Il primo progetto a colori

  Il primo progetto a colori di Parr è "The Last Resort" (1982- 85), amaramente ironico reportage condotto dal fotografo sulle spiagge di Brighton, sobborgo balneare di Liverpool, nella metà degli anni 80, ovvero in un periodo di profondo declino economico in cui versava il nord-ovest dell'Inghilterra. Tra satira e crudeltà - non priva di una certa tenerezza per i suoi connazionali inglesi - ritrae famiglie a basso reddito in vacanza a New Brighton, piccola località balneare in declino vicino a Liverpool.  Martin Parr evoca la sua nostalgia per gli anni '60, creando il primo esempio di reportage spietato e lucido sulla fine di un mondo (quello operaio) e dei suoi valori, nonché l'avvento di una nuova concezione consumistica della vita, la decadenza della società del benessere e del consumo. Probabilmente il suo lavoro più famoso, la serie presenta foto scattate con una macchina fotografica di medio formato e un flash a luce naturale, primo esempio del caratteristico e audace colore saturo di Parr, che aggiunge energia e vitalità alle sue immagini (influenzate dalla fotografia a colori americana di William Eggleston e Garry Winogrand).

L'installazione Common Sense

  Sullo stesso registro si mantiene l’installazione “Common Sense”: oltre 200 fotografie in formato A3, selezionate tra le 350 esposte nella mostra omonima del 1999 che offrono uno studio ravvicinato del consumo di massa e della cultura dello spreco, in particolare occidentale ed europea. La serie dà seguito all'ossessiva ricerca visiva dell’artista di tutto ciò che è volgare, stonato, assurdo. E qui presente come un’ampia e compatta serie di immagini dai colori vivaci tra loro accostate, stampate a buon mercato con l’utilizzo di una macchina Xerox a colori. La mostra fu allestita contemporaneamente in quarantuno sedi in diciassette Paesi, conquistando così il Guinness World Record. Parr eccelle qui nella resa di soggetti legati spesso al cattivo gusto e alla volgarità contemporanea, che coglie con un cinismo di fondo e un sarcasmo senza precedenti. Gli scatti e le composizioni dinamiche, fatte di accostamenti audaci, di oggetti pesantemente kitsch, vengono riprese da angoli insoliti, con inquadrature ravvicinate e utilizzando prospettive inedite, creando così scatti che catturano l'attenzione e suscitano interesse. Fondamentale diventa l’attenzione al dettaglio attraveso cui cogliere gli elementi distintivi di un luogo o di una situazione, e quindi in ultima analisi della cultura e della società che egli si trova a descrivere.

Il turismo di massa

  Negli anni Novanta lo sguardo di Martin Parr si rivolge al resto del mondo e allo strano universo del turismo di massa. La serie “Small World” (1989 – 2008) riguarda ancora una volta questo tema e la volontà di Parr di condurci in molti tra i siti più frequentati e famosi, mostrando la differenza tra la mitologia idealizzata del luogo e la realtà depredata dall’“uso” che il turista fa del luogo stesso. In questa serie, il fotografo segue le orme del turista medio e tenta di rivelare la grande farsa del viaggio, che è, per la maggior parte delle persone, un'attività di svago resa possibile solo di recente: uno specchio particolarmente crudele, standardizzato fino all'assurdo, in cui il mondo del turismo assomiglia sempre più a un sogno annacquato e omogeneizzato, il cui modello ultimo sarebbe Las Vegas.

Le altre serie

  Insieme al turismo c’è poi il tema del ballo con la serie “Everybody Dance Now” (1986 -2018). Secondo Martin Parr, a parte la fotografia, la danza è probabilmente la forma di espressione più democratica. Unisce le due arti in questa ricerca nella quale, da San Paolo in Brasile alle isole scozzesi, ha fotografato per oltre trent’anni, tra il 1986 e il 2018, svariati tipi di ballo, ballerini vivaci, lezioni di aerobica, feste in ogni parte del mondo, danze del tè. Il lavoro è uno studio puntuale sui corpi, sulle loro proporzioni e sulla pelle, sui movimenti, i diversi abiti, le calzature, i make-up, le espressioni dei volti in quella particolare attività del tempo libero, insieme naturale e culturale, che per tutti è il ballo. 

L’Inghilterra è sempre stata la materia preferita di Martin Parr. Le sue numerose serie fotografiche comiche, dogmatiche, affettuosamente satiriche e colorate documentano cosa significa essere inglese oggi. Con la serie recente “Establishment” (2010 – 2016) Martin Parr prosegue dunque il grande progetto di fotografare l’establishment britannico, le élite che governano il Paese e i loro rituali, rendendo sorprendente ciò che è ovvio, reinventando i cliché dell'“inglese”, trasformandoli in rivelazioni provocatorie. Parr continua il suo grande progetto di fotografare le élite che governano il paese e i loro curiosi rituali.Ecco dunque i luoghi e i personaggi della politica, le sedi del potere, le università più famose. La ricerca mette crudamente in luce, come è tipico dell’autore, le convenzioni sociali che si ripetono nel tempo, i comportamenti analizzati fin nei minimi gesti, l’abbigliamento, le espressioni, gli sguardi, le piccole ossessioni, le tradizioni che si esprimono negli arredi e negli oggetti.

Si prosegue con un soggetto con cui Parr si è sempre confrontato, la spiaggia; la serie “Life’s a Beach” (2013) mostra scatti provenienti dalle spiagge di tutto il mondo, in un caleidoscopio di immaginari del corpo svestito e del suo mostrarsi in pubblico. Nel Regno Unito, è impossibile trovarsi a più di 75 miglia dalla costa, e con così tanto mare non sorprende che in Gran Bretagna esista una forte tradizione di scattare foto sulla spiaggia. Le persone possono rilassarsi, essere sé stesse e sfoggiare tutti i piccoli aspetti di quel comportamento leggermente eccentrico che è tipico dei Britannici. 

Attento al costume, alle convenzioni sociali e alle regole dell’apparire che influenzano la vita di chi vive nel mondo globalizzato, il fotografo non poteva non osservare la moda nelle sue varie accezioni, allontanandosi dal glamour convenzionale, ma piuttosto insistendo sempre su un approccio spiritoso e satirico. Per molti anni ha fotografato in Europa, negli Stati Uniti, in Africa e in Asia non solo gli abiti e gli accessori a volte esagerati o assurdi, ma, come sempre, anche le posture e le espressioni. La serie “Fashion” raccoglie immagini prodotte tra il 1999 e il 2019 per riviste di moda e in occasione di sfilate, ma del tutto simili alle molte che Parr ha realizzato nei più vari contesti sociali in tanti anni di puntuale e implacabile osservazione delle debolezze dell’umanità massificata.

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