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Francesco Somaini e Milano | Quando il destino della scultura è il campo urbano

L’esposizione, curata da Fulvio Irace, Francesco Tedeschi e dalla figlia Luisa Somaini, sarà accompagnata da un ricco programma di incontri e da percorsi a Milano e in Lombardia

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Ho un’idea antica della scultura, per me l’artista che fa cose minute ed intime che parlano di sé, non segue la tradizione italiana” e ancora “alla scultura ormai non resta come futuro che il campo urbano e sociale” perché “i limiti della scultura non sono né tecnici né poetici ma sociali e stanno nella fruizione”.

Si potrebbe non aggiungere altro alle parole di Francesco Somaini, uno degli scultori italiani più sensibili al destino urbano dell’arte plastica. Per oltre settant’anni, tanto è durato il suo percorso creativo, Somaini (Lomazzo 1926 – Como 2005) ha riflettuto sul concetto di arte intesa come intervento destinato alla valorizzazione delle città, di una scultura che deve saper essere monumentale nell’idea prima ancora che nelle dimensioni.

I suoi bronzi e le sue pietre si integrano perfettamente con il tessuto urbano (e con la natura), anzi sembrano nati per dargli la ragione d’essere, in un dialogo continuo e osmotico. Somaini amava la materia, sapeva infonderle freschezza e leggerezza. La modellava con getti d’aria compressa e sabbia (che lui chiamava “lo scalpello di Dio”) fino a renderla vaporosa, fino a piegarla come fosse continuamente sferzata dal vento o come fosse stata strappata alla terra millenaria. Fondeva il bronzo, ma gli piaceva lavorare anche materiali non “nobili” come il ferro, il peltro, il piombo e la resina.

 

Le prime sculture sono dell’immediato dopoguerra e risentono degli insegnamenti di Manzù, suo maestro a Brera, ma anche di Marino Marini e di Arturo Martini. Negli anni Cinquanta e Sessanta i suoi lavori rientravano nell’area informale, ma è negli anni settanta che, con i soggiorni a New York, è nata l’attenzione per la città. Opere come Carnificazioni, la Sfinge di Manhattan (1974), il Colosso di New York (1976), mostrano il desiderio “di recuperare il campo urbano alla voce corale”, e che a Milano hanno un grande esempio nel monumento voluto dall’Associazione Marinai d’Italia, nell’omonima piazza, con una gigantesca onda che si innalza nel cielo per unire in un unico respiro materia, acqua, luce e infinito.

 

Milano ha deciso di celebrare questo suo grande scultore con una mostra, aperta fino all’11 settembre, di più di 205 opere, che vanno dagli anni della formazione fino all’ultima stagione, dislocandola in tre sedi: Palazzo Reale, Museo del Novecento e Fondazione Somaini. Nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale settanta opere documentano le varie fasi della sua ricerca, dal 1948 al 1992, ovvero dalla formazione all’Accademia di Brera alle esperienze d’Oltralpe, dall’adesione al MAC - Espace all’Informale fino all’ultima stagione caratterizzata dalla riscoperta del mito. Un importante focus, nella Sala della Lanterna, è riservato invece ai bozzetti preparatori per il suo Monumento ai Marinai d’Italia.

 

Negli spazi degli Archivi del Museo del Novecento sono stati raccolti più di cento lavori (disegni, progetti, modelli, sculture, dipinti e fotografie) che documentano la collaborazione con autori a lui coevi: Lucio Fontana, Ico Parisi e Giorgio Bassani (per il Concorso per il Monumento alla Resistenza di Cuneo, 1962-63) e l’architetto Luigi Caccia Dominioni con cui lo scultore aveva avviato un collaudato sodalizio per circa un ventennio. Infine, alla Fondazione Somaini (corso di Porta Vigentina 31, Milano) un centinaio di opere (tra disegni, progetti, modelli, sculture e fotomontaggi) confermano la vocazione di Somaini a modellare le città con le mani e gli occhi di uno scultore.

 

L’esposizione, curata da Fulvio Irace, Francesco Tedeschi e dalla figlia Luisa Somaini (storica dell’arte e per molti anni docente di Storia dell’arte all’Accademia di Brera), sarà accompagnata da un ricco programma di incontri e da percorsi in Milano e in Lombardia che aiuteranno a scoprire le numerose sculture e i bei mosaici realizzati dall’artista.

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