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"Babajé – Il richiamo dei bambini invisibili", il racconto di Francesco Romagnoli sui suoi vent'anni in Etiopia e sulla costruzione di un villaggio per orfani

L'autore racconta gli occhi dei piccoli e la forza delle donne, rivela luoghi nascosti e paesaggi lontani che profumano di spezie e di caffè, mostra luci e ombre, colori e oscurità, fa ridere, commuovere e riflettere

"Babajé – Il richiamo dei bambini invisibili", il racconto di Francesco Romagnoli sui suoi vent'anni in Etiopia e sulla costruzione di un villaggio per orfani - foto 1
Ufficio stampa

"Ho imparato con il tempo che una delle fortune più grandi che ci possano capitare nella vita è quella di perderci".

Così inizia il libro "Babajé – Il richiamo dei bambini invisibili" (208 pp, 14,90 euro), scritto da Francesco Romagnoli ed edito da Gremese nel 2022. L'autore nasce a Roma nel 1970 e ha due figli. Dopo essersi laureato in Economia e Commercio lavora alcuni anni nello studio paterno, ma nel 2000, dopo un viaggio nel Corno d'Africa, decide di lasciare tutto e trasferirsi in uno sperduto villaggio tra i monti del Tigray, regione dell'Etiopia flagellata dalla siccità, dalle malattie e da una atroce guerra appena terminata. Lì inizia a prendersi cura di quei bambini che il mondo sembra aver dimenticato, gli invisibili appunto, e costruisce per loro "il più bel villaggio per bambini orfani che si sia mai visto" e poi nel tempo scuole, ospedali, strade, pozzi. Nel libro, Romagnoli ripercorre, in un susseguirsi di emozioni e con un ritmo incalzante, i suoi vent'anni trascorsi in Etiopia e la nascita del "Villaggio dei Bambini di Adua" attraverso le tante vite che lo hanno attraversato.

 

L'autore racconta gli occhi dei bambini e la forza delle donne, rivela luoghi nascosti e paesaggi lontani che profumano di spezie e di caffè, mostra luci e ombre, colori e oscurità, fa ridere, commuovere e riflettere. Le storie spaziano dal primo viaggio alla ricerca di un misterioso richiamo ("Quella notte") alla costruzione del villaggio, dall'avvincente ritrovamento di una bambina che cambierà per sempre la vita dell'autore ("Melat") alle comiche descrizioni di imbarazzanti analisi mediche compiute in un improbabile laboratorio locale. Si attraversano sentieri romantici e di vera poesia, dove vengono celebrati con parole tanto semplici quanto coinvolgenti l'amore e l'amicizia ("Un amico speciale").

 

Non mancano tratti drammatici ("La scatola dei biscotti") e racconti di amori interrotti, come quello per la piccola Rompina "La bambina che mi insegnò a volare". E poi tratti fiabeschi ne "Il pozzo magico e la tela bruciata" e storie di rivincita come "La principessa ladruncola". Insomma Babajé è un libro diverso da tutti gli altri e non facilmente catalogabile. Non è un romanzo, né una delle tante raccolte di storie di paesi lontani spesso volutamente drammatizzate. Tanto meno una biografia.

 

L'autore utilizza un linguaggio semplice e mai banale, coinvolgente ma non ricercato, un linguaggio che, dal suo profondo, arriva dritto al cuore del lettore e risveglia con delicatezza quella "parte migliore" con la quale spesso si perde il contatto. Una scrittura nuova, fresca, diretta, capace di trasportare profumi, suoni e voci e di proiettare negli occhi di chi legge volti, colori, immagini che rimarranno impresse a lungo. Nel momento in cui inizia a leggerlo il lettore deve essere pronto a lottare tra la voglia di finirlo subito e il desiderio che duri ancora un po' perché, una volta finito, ne sentirà immediatamente la mancanza. Un'opera prima che apre la strada a un nuovo modo di raccontare.

 

Francesco Romagnoli, insieme ai propri familiari, ha costituito nel 2002 l'associazione James non morirà onlus, attraverso la quale raccoglie i fondi per sostenere l'attività in Etiopia e progetti in altri paesi (Repubblica Dominicana, Colombia).

 

"Babajé – Il richiamo dei bambini invisibili", le foto del villaggio per orfani costruito da Francesco Romagnoli in Etiopia

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