FOTO24 VIDEO24 Logo Mediaset ComingSoon.it Donne logo mastergame Grazia Meteo.it People sportmediaset_negative sportmediaset_positive TGCOM24 meteo.it
Podcast DirettaCanale 51
Temi del momento

Pino Cuttaia racconta la sua cucina "domestica"

I ricordi e le ricette della mamma rivivono sulla tavola del maestro siciliano: cura e pazienza gli ingredienti indispensabili

"In una stanza avevo tutte le persone che mi hanno sostenuto".

È così che lo chef siciliano Pino Cuttaia esordisce nel raccontare l'inaugurazione del suo nuovo bistrot Uovodiseppia Milano, situato all'interno dell'Ariosto Social Club, spazio polifunzionale nel cuore del capoluogo lombardo.

Una scelta ponderata e voluta che segue "la filosofia del ristorante di quartiere, di una vita circoscritta e racchiusa in esso". Il contesto è diverso dal ristorante La Madia di Licata su cui brillano due stelle Michelin ma, nonostante la modernità del concept, la ratio è sempre e solo una: "il cuoco contemporaneo rimane la mamma". Ed è proprio questo il segreto di Cuttaia, il suo tratto distintivo: "il cuoco è custode di un sapere prezioso che altrimenti andrebbe perso", è interprete di una "cucina domestica" che valorizza la filiera del territorio.

 

Cuttaia custodisce un patrimonio umano straordinario lontano da fronzoli, frenesia e protagonismo: perché "una cucina non deve essere presuntuosa", così come un piatto non deve essere "l'opera di un artista bensì di un artigiano, ovvero di un lavoratore che produce qualcosa". E a ricordarcelo è lo stesso dizionario alla voce "artigiano": un lavoratore esperto che utilizza attrezzi, macchinari e materie prime per la produzione o la trasformazione di determinati manufatti (oggetti o alimenti). Pino Cuttaia possiamo allora definirlo un "maestro", un cuoco che ha "la conoscenza della materia". Ed è proprio "la maestranza che fa la differenza - sostiene lo chef - perché il maestro sa domare la materia, che sia pulire il finocchietto selvatico o lavare una stoviglia: attraverso il sapere viene fuori il gesto".

 

Alla base della conoscenza c’è l’alchimia ereditata dalle madri, dalle nonne, dalla cucina antica, ma c'è soprattutto un ingrediente fondamentale: la pazienza. Quella che avevano le donne quando ricamavano, quando aspettavano la lievitazione del pane. Oggi ci "si è dimenticati della pazienza, del tempo e della cura che ci vuole per portare in tavola un prodotto", dice Cuttaia. 

 

L'innovazione sta allora nel gesto, nel recupero del gesto, di questo fascino che il cuoco deve possedere e difendere. "Io sono molto attaccato al gesto, al fascino del sapere", racconta lo chef: "Vivo nel Mediterraneo, e su quelle coste ci sono tantissimi saperi, culture diverse che restano lì, ferme. Il punto è immaginare ad esempio una triglia, un pesce di quel mare, attraverso i colleghi che vivono in altri territori. Ci sono infiniti modi di cucinarla e dunque interpretarla, renderla innovativa".

 

Ma il sapere di Cuttaia si alimenta anche di evocazioni, ricordi, profumi e sapori di altri tempi. Pensiamo al macco di fave, "a quanto un piatto così antico e comune sia diventato contemporaneo: è proteico, vegano, quel piatto lo mangiava il contadino dopo una giornata trascorsa nei campi. A noi il compito di rispolverare un po' di storia per raccontarla".

 

La cucina diventa quindi casa, e "la differenza che ha fatto il cuoco rispetto alla mamma è che l'ha codificata". A giudicare la bontà del piatto sarà la sala che "lo deve raccontare, perché è quello il valore del piatto". Dentro ci sono prodotti, "dietro a ogni prodotto c'è un azienda che viene tramandata da padre in figlio": insomma, lo chef ci ricorda che a tavola c’è sempre una storia da raccontare.

 

Sono questi i valori che rendono vincente e per certi versi unica la mano di Cuttaia: la cultura del cibo, il suo significato. Da sempre "conforto, solidarietà, cura", espressione di un legame di "affetto e amore". E "non c’è un piatto preferito", precisa lo chef, ma "la cura del piatto, la genialità nella sua semplicità. Può essere la frittata di pane come la minestra di finto pesce o l'uovo di seppia". In questo modo, l'esperienza stellata diventa quotidianità. E a ispirare ogni creazione sono le illusioni che escogitavano le persone più umili per soddisfare i commensali, evocando ad esempio, nell'iconico uovo di seppia, un crostaceo che non c’era.

 

Il segreto è quella cura, retaggio di un'attenta educazione familiare, che il maestro Pino Cuttaia rammenta a ogni uscita di casa: "Ancora oggi mi sentirei nudo se non avessi in tasca il fazzoletto che mi dava la nonna quando ero piccolo", racconta. "In quel gesto così semplice c'era protezione, attenzione e un perché delle cose. Ai miei ragazzi, in cucina, dico sempre il perché delle cose: solo così si trasmette l'energia che poi arriva a tavola. Il cliente deve vedere la tavola come un sentimento, non come un'esibizione. Sono convinto che la ristorazione non deve ostentare".  

 

 

 

 

Commenti
Commenta
Disclaimer
Grazie per il tuo commento

Sarà pubblicato al più presto sul nostro sito, dopo essere stato visionato dalla redazione

Grazie per il tuo commento

Il commento verrà postato sulla tua timeline Facebook

Regole per i commenti

I commenti in questa pagina vengono controllati
Ti invitiamo ad utilizzare un linguaggio rispettoso e non offensivo, anche per le critiche più aspre

In particolare, durante l'azione di monitoraggio, ci riserviamo il diritto di rimuovere i commenti che:
- Non siano pertinenti ai temi trattati nel sito web e nel programma TV
- Abbiano contenuti volgari, osceni o violenti
- Siano intimidatori o diffamanti verso persone, altri utenti, istituzioni e religioni
- Più in generale violino i diritti di terzi
- Promuovano attività illegali
- Promuovano prodotti o servizi commerciali