11 novembre

In Val di Fiemme, i fuochi di San Martino

Trentino, le antiche usanze di Predazzo

12 Nov 2012 - 10:06
 © Ufficio stampa

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"E così danzeremo intorno al fuoco, rapiti dai suoni ancestrali di corni e campanacci". Le Fiamme di Fiemme rapiscono, ammaliano, incantano, e infine scatenano istinti primitivi, devozione, appartenenza. E' il rito antico dell’accensione di cinque grandi falò, con il quale Predazzo, in Val di Fiemme, celebra la festa di San Martino la sera dell’11 novembre. 

Per celebrare il Santo che propizia i giorni più tiepidi dell'autunno, poco dopo il suono dell’Ave Maria, quando ormai sono passate le otto di sera, si accendono improvvisamente alcuni grandi fuochi sui fianchi delle montagne, creati dai diversi rioni del paese, in gara tra loro per produrre le fiammate più alte. Mentre i fuochi ardono, si levano rintocchi isolati di campanacci, suoni di corno di vacca o di capra che preludono alla seconda parte della festa tradizionale, non più soltanto visiva, ma sonora. 
I fuochi ardono per qualche tempo, poi cominciano ad abbassarsi: a quel punto i gruppi rionali scendono dalla montagna e accorrono nella piana del paese scuotendo campanacci e bidoni, battendo ogni oggetto che faccia rumore, dalla sega circolare infilata in un palo, sostenuta da due giovani e percossa da un terzo, ai recipienti di latta. E ancora ci sono corni, trombe, tromboni e trombette, tamburi e tamburelli. Tutti i gruppi in questo assordante frastuono percorrono a passo svelto le vie del paese per ritrovarsi tutti in piazza: lo strepito per un minuto raggiunge il culmine, perché ora sono tutti si impegnano al massimo per ottenere dal loro strumento il suono più intenso, alto e stridulo possibile.
Le persone che partecipano alla festa indossano abiti modesti, tutt’al più rispolverano certe vecchie “braghe” o gilè o i lunghi mantelli neri di una volta; numerosi i cappellacci, gli zoccoli e gli scarponi. Non si vede ombra di costumi tipici e nella festa non ha alcuna parte la dimensione culinaria: da questi elementi si comprende quanto fosse grande la miseria in cui viveva la società che ha conservato questi riti propiziatori.
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La settimana che precede San Martino fa registrare invece tra i giovani del posto una corsa all’accaparramento dei campanacci presso quei pochi contadini che ancora li conservano, e una raccolta serrata di legna e piante secche d’abete, di larice, di pino, compiuta spesso in gran segreto perché la maestosità della catasta deve apparire solo nel giorno della festa. 
Non si sa molto sull'origine di questa tradizione. Una spiegazione possibile ricollega l'usanza al fatto che l’11 novembre in tutte le comunità rurali si svolgeva il regolamento dei conti, dei fitti, dei prestiti e dei debiti: a Predazzo poi in questo giorno la Regola Feudale "spartiva", ossia distribuiva un dividendo dei proventi ricavati dallo sfruttamento agricolo e forestale della montagna del Feudo (Monte Feudo) tra tutti i capifamiglia. Si festeggiava dunque con i fuochi e con un po’ di castagne e vino la fine di un debito, la soluzione di un pegno, la manna di qualche lira che invitava ad aver fiducia, nell'imminenza dell'inverno, nella fertilità dell’annata successiva.
Per chi desidera partecipare alla festa, l'appuntamento è alle ore 20.00 di domenica 11 novembre per l'accensione dei Fuochi. Segue la sfilata con i campanacci per le vie del paese. Il raduno finale è nella piazza SS. Filippo e Giacomo, dove ci si può scaldare con un bicchiere di tè o vin brulé.

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