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Marocco: il fascino del Sahara fra dune e accampamenti berberi

Le inviate di Donnavventura ci fanno da guida nel Sahara, tra distese di sabbia e campi tendati

Pochi luoghi sono più suggestivi del deserto del Sahara.

Tra le sue alte dune ci sente fuori dal tempo e dallo spazio, in una dimensione di silenzio dove sembra che nulla possa accadere. E' il più vasto del globo e si estende attraverso l'intero continente africano dall'Atlantico al Mar Rosso, sviluppando paesaggi diversi ed eco-regioni caratterizzate da differenti condizioni climatiche e, conseguentemente, flora e fauna particolari.

Quando si parla di deserto però, l'immaginazione corre alle infinite distese di sabbia, modulate in dune che si susseguono a perdita d'occhio, senza punti di riferimento concreti. Una dimensione all'apparenza immobile ma in costante movimento, dove orientarsi è impossibile se non si appartiene ad una delle stirpi antiche che da sempre vivono nel deserto e che hanno fatto di questo luogo estremo e oltremodo ostico, la loro casa.

Un panorama di tale forza e bellezza è quello che si può osservare nei pressi di Merzuga, nel Sahara marocchino, non lontano dal confine con l'Algeria. Una sconfinata distesa di creste e rilievi modulati dal vento e mai uguali a loro stessi. E' a poca distanza da qui che si trovano le dune dell'erg Chebbi, che possono arrivare anche a 150 metri di altezza.

I popoli del deserto da sempre vivono in questo ambiente inospitale, muovendosi a dorso di cammello, orientandosi e seguendo le piste che conducono da un'oasi all'altra. Nei loro campi tendati, resi accoglienti da tappeti e cuscini che creano una nicchia protetta dalla sabbia e dal vento, si può davvero vivere la dimensione più autentica del deserto, con la sua pericolosa bellezza, dove nulla può essere lasciato al caso. E poi succede che fra una catena di dune e l'altra si creano talvolta delle vallate di terra scura, dove si trovano piccoli villaggi berberi, dove ancora si vive di allevamento e si tramandano tradizioni millenarie.

E' il deserto misterioso e vibrante raccontato da Paul Bowles nel romanzo “Il Tè nel deserto” e magistralmente tradotto in immagini nell'omonimo film di Bernardo Bertolucci, che ha saputo fissare su pellicola la suggestione che crea questa infinita distesa di infiniti granelli di sabbia.