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Sicilia: a Sutera tra le vestigia della storia e il profumo di rosmarino

Il quartiere di Rabato (dall’arabo rabat) è dal 2014 nell’associazione dei Borghi più belli d’Italia

In Sicilia tra “dammusi” e “ghittene” a Sutera

Tracce delle dominazioni araba e bizantina: itinerari per una visita nel cuore della storia isolana

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A Sutera, magnifico paesino in Sicilia nella provincia di Caltanissetta, parla la storia tra profumi di timo e di rosmarino e le bizzarrie della geologia.

Nelle grotte e negli anfratti formati dai fenomeni carsici si è mossa la civiltà sicana, antica e misteriosa stirpe siciliana. Gli Arabi hanno fondato il loro villaggio tra gli spuntoni di roccia, ammonticchiando i dammusi sotto la rupe gessosa del monte, dall’alto del quale nei giorni limpidi lo sguardo si posa sull’Etna e sul mare di Agrigento.

Borgo bello d’Italia

 Sutera è un collare di case di pietra intorno alla rupe gessosa del Monte San Paolino che domina la valle del fiume Platani. Il Rabato (il cui nome deriva dal termine arabo Rabat, insediamento o sobborgo) è il quartiere più antico di Sutera. Conserva ancora oggi il suo assetto tardo medievale, con stradine strette e tortuose, con fabbricati ancora in buono stato d’uso e con le tipiche forme costruttive siciliane, quali “i dammusi”, “le ghittene”, antiche case in gesso, che si affacciano sovente in angusti cortili, secondo lo stile proprio dei villaggi arabo-berbero nordafricani, e altri elementi architettonici ormai non più riscontrabili nei nuovi. Dal 2014 il quartiere è entrato a far parte dell’associazione “Borghi più belli d’Italia”, che gli ha conferito visibilità ed importanza a livello nazionale.

 

Piazza Sant’Agata

 La visita può iniziare dal belvedere di piazza Sant’Agata, dove impone la propria solida volumetria la quattrocentesca chiesa di Sant’Agata, in contrasto con l’ottocentesco Municipio. Nell’interno a tre navate – con volta a botte in quella centrale e grandi arcate – si apprezzano gli stalli del coro in legno scolpito, appartenuti alle Benedettine trasferitesi nel vicino convento nel 1727, la splendida statua in marmo quattrocentesca della Madonna delle Grazie, opera di maestranze lombarde, e la tela della Madonna degli Innocenti di Mariano Rossi (metà XVIII secolo) nella cappella del Sacramento. Più avanti, percorrendo la via Roma s’incontrano i ruderi del quattrocentesco palazzo Salamone, in cui nacque uno dei tredici eroi della Disfida di Barletta, l’uomo d’arme Francesco Salamone (1478-1569). Piazza Carmine è chiusa dalla quinta prospettica della chiesa di Maria Santissima del Carmelo, ricostruita nel 1934-36; la struttura originaria è del 1185 e l’attuale prospetto ingloba un piccolo porticato nel cui portalino d’accesso si notano inserti provenienti dalla moschea del Ràbato. Alla sua destra, il piccolo convento del 1664 è sede del museo della civiltà contadina. Nel candido interno a tre navate, la Madonna del Soccorso fu scolpita nel 1503 per committenza della famiglia Salamone, i cui sarcofagi ornano la cappella a destra del coro.

Storia stratificata

 Proseguendo per via Carmine si giunge al Rabato, il quartiere all’estremità del paese fondato dagli Arabi intorno all’860 d.C. Il Rabad – termine che sta per «sobborgo» – era un insieme di case dalle mura di gesso abbarbicate le une alle altre, stretti vicoli, ripide scalinate, bagli e terrazzi. Il villaggio arabo è ancora leggibile nell’impianto urbanistico odierno, soprattutto dall’alto del monte, da dove si ammirano i vecchi tetti di coppi siciliani e l’intrico di stradine tipico di una casbah araba. Da quel modello è derivata la casa contadina siciliana a un solo piano, il dammuso, con una singola stanza soppalcata, realizzata in gesso. L’insediamento arabo è sepolto sotto i diversi strati edilizi: sulla moschea edificata intorno all’875, il barone Giovanni Chiaramonte nel 1370 ha innalzato la compatta massa della chiesa di Santa Maria Assunta, ristrutturata nel 1585 e dotata di un elegante portale rinascimentale e di un fonte battesimale marmoreo del 1495. Da piazza del Carmine si sale per una scalinata di 183 gradini distribuiti in quattro rampe al Monte San Paolino, alto 812 metri, sul cui terrazzo Giovanni Chiaramonte nel 1370 fece erigere sulle strutture dell’antico castello bizantino il santuario di San Paolino. La chiesa è affiancata dal piccolo convento settecentesco dei Padri Filippini che conserva la tela della Madonna in trono fra i Santi Damiano e Cosma di Filippo Tancredi. Ma il vero tesoro della chiesa, custodito in uno stipo ligneo del 1903 alla destra del presbiterio, sono due urne-reliquiario, espressioni massime dell’oreficeria siciliana antica.


I bizantini

 La valle del fiume Platani è un libro di archeologia. Un’antica civiltà ci ha lasciato i cubuli, sorta di igloo di pietra sparsi nelle campagne e usati dai contadini come riparo per sé, gli attrezzi e gli animali. Un villaggio sicano con tombe a grotta dell’età del bronzo è stato rinvenuto in località Polizzello a Mussomeli. Questo territorio, secondo una leggenda che gli scavi presso il monte San Marco tendono a confermare, avrebbe visto fiorire un villaggio greco, preceduto da un insediamento preellenico di cui c’è traccia nelle sepolture rinvenute. Al periodo bizantino, testimoniato – sempre in località San Marco – dai figureddi dipinti in una grotta dai monaci basiliani, è seguita la dominazione araba, che anche in periodo federiciano ha resistito, confinata sulle alture della valle del Platani. Il paesaggio riarso e collinare presenta guglie e pinnacoli rocciosi, tra cui la «rocca spaccata» a Sutera, e numerose miniere abbandonate. Ricchi di storia sono anche gli altri paesi della vallata, a partire da Mussomeli, una cascata di case di pietra su cui svetta il campanile a vela della chiesa matrice.

Gli eventi

 In determinati periodi dell’anno, il territorio si arricchisce di eventi che rievocano gli usi e costumi locali del passato. Particolarmente sentiti dalla comunità sono i riti della Settimana Santa con le processioni e le lamentazioni di probabile origine spagnola, la festa Patronale della Madonna del Carmelo e le feste compatronali di San Paolino vescovo di Nola e Sant’Onofrio Anacoreta.

Per maggiori informazioni: www.borghipiubelliditalia.it

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