L'inventore della serie: "Trasmetto emozioni uniche, ma non è arte"
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I videogiochi "non sono arte" ma sono capaci "di trasmettere emozioni e sensazioni che gli altri media non riescono a trasmettere". Parola di Hideo Kojima, il creatore della serie di Metal Gear, una delle persone più influenti in un mercato che da anni ha sorpassato il cinema. E proprio al cinema Kojima deve molto: i suoi titoli, infatti, sono molto spesso infarciti di citazioni e trasudano amore per il grande schermo. Tgcom24 l'ha incontrato a Milano dove ha presentato il suo ultimo "film", Metal Gear Rising: Revengeance. Questa volta, a differenza del passato, si tratta di un gioco d'azione pura: non più sotterfugi o nascondini, ma un cyborg dal nome Raiden armato di un'affilatissima spada, capace di affettare nemici e oggetti sullo schermo come se fossero di burro.
Metal Gear Rising è il primo gioco non sviluppato direttamente da lei, ma dai Platinum Games. Qual è stato il suo ruolo?
Per i giochi che creo, faccio tutto, dal trovare il concept, fino a scrivere la storia e fare il game design. Tuttavia, per Rising, ho fatto un passo indietro. Ho gestito principalmente gli aspetti “business” del progetto e ho anche aiutato a pubblicizzare il gioco. Ho voluto dare al team di Rising e ai PlatinumGames più libertà possibile e ho cercato di non limitare la loro creatività. Detto questo, stiamo parlando comunque di un Metal Gear e quindi mi sono dovuto assicurare che non si allontanasse completamente dalla serie. Per questo abbiamo avuto dei membri chiave di Kojima Productions che hanno lavorato a stretto contatto con PlatinumGames durante tutto lo sviluppo del gioco.
Rising è un cambiamento radicale rispetto a Metal Gear Solid. Come mai avete deciso di cambiare stile, personaggi principali e meccaniche di gioco?
Quando abbiamo cominciato a sviluppare il gioco internamente, volevo che giovani sviluppatori dello studio prendessero le redini dello sviluppo del prossimo Metal Gear. Tuttavia la pressione era troppa. Per allentarla, il team ha deciso di creare uno spin off della serie principale usando Raiden come protagonista. Il cambio di gameplay è venuto naturalmente. Con un cyborg protagonista, non aveva più senso utilizzare uno stile di gioco lento e stealth di Metal Gear Solid.
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Quanto crede che Metal Gear Solid abbia influenzato l'industria videoludica in generale?
Stiamo parlando del mio lavoro, e non vorrei vantarmi, ma la cosa più importante che ha portato Metal Gear è che, mentre fino a quel punto i giochi di azione erano incentrati molto più sull'azione che sulla storia, ho dimostrato che trame complesse ed interessanti possono avere successo nei giochi di azione.
L'industria è sicuramente cambiata rispetto ai tempi in cui uscì il primo Metal Gear per MSX nel 1987, soprattutto negli ultimi anni. È cambiato anche il suo approccio al videogame come media? Se sì, come?
Come ben saprete, 25 anni fa la tecnologia era molto limitata e non abbastanza potente ed avanzata da permettere di esprimersi in libertà. Man mano che la tecnologia e l'hardware sono avanzati, è stato possibile anche trasmettere emozioni a persone di diverse culture e ha permesso anche di connettere le persone. In questo senso penso che i videogame possano offrire esperienze che gli altri media non possono.
Ultimamente gli esperimenti di videogiochi artistici piu’ interessanti sono nati in ambienti di sviluppatori indie. Metal Gear Solid, però, è da sempre considerato uno dei giochi che piu’ si avvicina all’idea di arte videoludica. Pensi che ci sia ancora spazio nella grande industria per videogame artistici?
I giochi a tripla-A hanno bisogno di molti fondi per essere realizzati e più i budget aumentano, più c'è bisogno che I giochi vendano. Sfortunatamente, I giochi più artistici difficilmente vendono altrettanto. In questo senso si possono fare dei parallelismi con il mondo del cinema. Grazie al web molti hanno potuto sperimentare con il cinema amatoriale e sono poi riusciti ad entrare nel mercato. Penso che quindi la scena indipendente serva da trampolino di lancio poiché, una volta pubblicato il gioco, gli sviluppatori possono venir supportati da compagnie più grandi che li aiuteranno nei progetti futuri.
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A questo proposito, allora, una domanda è d'obbligo: i videogiochi sono arte?
No. Almeno non nel senso tradizionale. I giochi necessitano di essere interattivi e di dare un servizio al consumatore. Per questo il creatore non ha mai il completo controllo artistico. Per esempio, nell'arte moderna, un'artista può creare una scultura di una macchina con una ruota quadrata per affermare qualcosa. Nel mondo dell'arte questo va bene poiché chi guarda non dovrà mai guidare quella macchina. Tuttavia, quel livello di espressione è limitato nei giochi, nel quale l'utente deve interagire con il prodotto finale. I giochi possono consistere di molti elementi artistici in termini di grafica e audio, ma il prodotto finale non è arte.
Però tutti i suoi giochi, ma soprattutto la serie di Metal Gear, sono impregnati di cultura pop e di una serie impressionante di citazioni. Basti pensare che è riuscito persino a omaggiare Titanic. Quali sono i suoi registi e programmatori di riferimento?
Se dovessi scegliere i miei film preferiti di tutti i tempi, sarebbero probabilmente 2001: Odissea nello Spazio e Taxi Driver. Tuttavia, nessuno di questi due film ha avuto un'influenza diretta sui miei giochi. Sono cresciuto guardando tantissimi film e molti di questi erano di altre culture che alla fine hanno parecchio influenzato il mio lavoro. I vari omaggi e citazioni che ci sono nei miei giochi provengono spesso da delle epoche ben definite per contestualizzare il gioco stesso. È per questo che ne uso molte, come per esempio quella di Jack e Rose di Titanic.