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Gaetano Quarta: "Il caffè di qualità? È quello che arriva nella tazzina ancora fresco e vivo"

Il responsabile del settore acquisti di Quarta Caffè racconta come la quarta generazione della famiglia abbia preso in carico l'azienda e voglia portare avanti il lavoro iniziato nel cuore di Lecce oltre sessant’anni fa

Dal bar nel centro storico di Lecce alla vecchia tostatrice industriale a carbone fino alle recenti capsule compostabili e vegetali.

Ne ha fatta di strada la famiglia Quarta che dagli anni Cinquanta è consacrata alla lavorazione e vendita del caffè, in tutte le forme che negli anni questo ha scoperto. Perché, se è vero che la tazzina è un rito italiano insostituibile, innovazione e nuove abitudini non l'hanno risparmiata. Gaetano Quarta, responsabile del settore acquisti di Quarta Caffè, racconta a TgcomLab come la quarta generazione della famiglia abbia preso in carico l'azienda e voglia portare avanti con impegno e determinazione il lavoro iniziato oltre sessant’anni fa.

Come è arrivato a ricoprire l'incarico attuale? 
Sono laureato in Economia e commercio, ma a 18 anni già davo una mano a mio padre in azienda. Ho imparato a conoscere e apprezzare fin da bambino il mondo del caffè, perché l’azienda è stata fondata da mio nonno ed è stata poi presa in mano da mio padre. Adesso siamo mio fratello e io a dividerci i compiti: avendo una specializzazione economica e finanziaria, io sono oggi il dirigente responsabile del settore acquisti della società e degli approvvigionamenti di beni e servizi che servono al gruppo durante l’anno. Ma mi sono occupato anche delle questioni relative alle criticità nei cambi generazionali aziendali, argomento fondamentale quando si parla di imprese a conduzione familiare: e la nostra, pur di medie dimensioni, lo è. Dopo gli studi sono inoltre andato in giro per il mondo, con mio fratello, ad approfondire tutti gli step della produzione: le materie prime e i paesi produttori, le procedure di sdoganamento, i porti del caffè, la logistica, il trading e la Borsa del caffè, altro settore che seguo personalmente.

Com'è nata la sua azienda?
Era il 1945 e la mia famiglia si occupava della distribuzione di bevande in vetro, di gassose in particolare. Poi, negli anni Cinquanta, sono nati il Bar Avio di Lecce, con il suo angolo per la tostatura e la degustazione del caffè, e in seguito l’azienda, nella zona industriale della città. 

Qual è l'elemento di forza della sua azienda?
La qualità, decisamente, non soltanto per ciò che attiene l’utilizzo delle materie prime: qualità, per Quarta Caffè, è una parola importante anche durante le fasi della lavorazione, e diamo anche grande spazio alla fase della ricerca e dello sviluppo. Il nostro caffè, per tornare alla qualità del prodotto, incontra il consumatore sempre fresco, “vivo”: ci sono produttori che hanno volumi d‘affari decisamente più ampi dei nostri, ma con una vita media di prodotto decisamente inferiore alla nostra. Siamo infatti un’azienda che produce e distribuisce quasi a km zero: l’aroma, la freschezza e la sostenibilità del prodotto sono cardini della nostra vision aziendale. Così come la correttezza, la trasparenza, l’amore per l’ambiente. 

Quale consiglio dà a chi vuole intraprendere una carriera nel suo settore?
Essere torrefattori oggi non è facile, perché il mondo del caffè, in Italia, è cambiato molto. Ci sono molte realtà produttive, a volte nella stessa città o provincia, e questo va bene perché la concorrenza fa crescere, ma d’altra parte questa situazione comporta un mercato frazionato e molto competitivo. Esistono torrefazioni con strategie esattamente opposte alla nostra, che praticano una politica continua di prezzo e promozioni, e questo secondo me è già un indicatore del tipo di prodotto. Il mio consiglio, quindi, è quello di provare a sviluppare produzioni di qualità. Questo, ripeto, è quello che ha sempre fatto la nostra azienda.

 

Come è stato toccato il suo settore dall’emergenza covid?
La pandemia ha messo a dura prova un po’ tutti, ma soprattutto il nostro settore, che è stato tra i più colpiti. Il consumo di caffè non è infatti crollato, ma si è in qualche modo “spostato”. Non dimentichiamo che il settore Horeca - quello dei bar, dei ristoranti, degli hotel, dei B&b - ha dovuto affrontare lunghi periodi di chiusura totale durante i periodi di lockdown. A questo va aggiunto il disagio su tutti gli altri fronti: il blocco dei porti, per esempio, nei Paesi produttori che non hanno potuto avvalersi della nostra organizzazione sanitaria e di sicurezza. E poi l’aumento del costo dei trasporti, la difficoltà di reperire le materie prime, il rallentamento generale. Il covid ha mandato in crisi tutta la nostra filiera. E adesso, come se non fosse bastato, è arrivata la guerra, che incide ulteriormente sulla marginalità e sui bilanci.

Come si tiene aggiornato?
I buyer delle società di produzione del caffè possono contare su vari strumenti. Oggi, per esempio, possiamo disporre anche di canali più “smart”, tipo il forum di Comunicaffè, dove si scambiano informazioni a 360 gradi su tutto ciò che ruota attorno al mondo del caffè. E poi ovviamente ci sono i report delle multinazionali con cui lavoriamo, che ci forniscono ogni tipo di notizia sui paesi produttori, dal meteo alla Borsa. 

Quanti anni ha e come trascorre il suo tempo libero?
Prima di avere una famiglia mi piaceva praticare molti sport, anche estremi: pilotare auto, fare motocross - ho partecipato anche a gare - e arti marziali. Oggi ho 33 anni e due bambini piccoli, Antonio - che si chiama come mio padre - e Arturo, e quindi nel tempo libero mi piace viaggiare con loro, oppure stare in campagna a contatto con la natura e gli animali, che amiamo tutti molto in famiglia.

Ci racconta un aneddoto che le sta particolarmente a cuore?
Vorrei sottolineare un’intuizione che ha a che fare con la mia formazione. Quando si arriva in un’azienda, soprattutto come manager, si è molto concentrati sugli aspetti tecnici, “scientifici” del lavoro. Poi, andando avanti e confrontandosi con tanta gente - soprattutto persone capaci di aprirti la mente, sia a livello personale che professionale - si comincia a capire che per lavorare bene il tecnicismo non basta. Bisogna per esempio saper gestire lo stress e l’emotività, come insegna Daniel Goleman nel libro “Intelligenza emotiva”, cosa che oggi si studia anche nei college americani. Così come bisogna sapere che, aumentando i pensieri e le responsabilità, bisogna poter contare su momenti da dedicare alla propria famiglia, ma anche a se stessi, per scaricare lo stress, tenersi in forma, alimentare l’autostima personale e avere energia ed entusiasmo a sufficienza per raggiungere i propri obiettivi e un miglioramento continuo del proprio equilibrio personale.

Quali sono i progetti futuri dell'azienda?
Intanto abbiamo lanciato da poco le nostre capsule compatibili Nespresso. Un traguardo cui siamo approdati non in ritardo, ma quando abbiamo considerato i tempi maturi per la nostra azienda e i nostri obiettivi, e mi riferisco al fatto di aver finalmente potuto disporre di capsule non solo compostabili - perché questo termine a volte crea qualche equivoco - ma vegetali al cento per cento, che non creano alcun tipo di problema alla salute del consumatore e all’ambiente.  Su questo abbiamo investito molto. Agli obiettivi futuri aggiungo un graduale approccio ai mercati esteri - l’Europa, ma anche i Paesi mediterranei, gli Usa, qualcosa negli Emirati Arabi - e un potenziamento del mercato on line, che continua a crescere diventando sempre più importante anche per il settore del food and beverage. È essenziale, oggi, saper cogliere tutte le opportunità.

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