Attenzione a non confonderla con la dislessia
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Mi capita a volte di sentire alcuni genitori parlare di disgrafia a proposito della scrittura del loro bambino o di un compagno di classe. Solo in alcuni casi è però corretto usare questo termine per indicare una scrittura incerta e incomprensibile. È giusto quando il bambino non presenta un deficit neurologico o una carenza intellettiva, ma scrive in modo incomprensibile o con grande lentezza. Diverso è il discorso se il bambino ha un deficit neurologico o intellettivo, che si riflette anche sul suo modo di scrivere. La disgrafia, che significa appunto disturbo nella scrittura, ha alla base disturbi di vario tipo e si manifesta attraverso una molteplicità di segni.
Ci può essere l'incapacità di riempire il foglio in maniera armonica, generando così uno scritto confuso e di conseguenza illeggibile. Ci possono essere disturbi motori, che portano alla duplicazione di alcune lettere o all'inversione delle stesse, il che rende problematica la lettura del testo. Ci possono essere problemi più direttamente attinenti all'ortografia, che si evidenziano per il fatto che vengono aggiunte o tolte alcune lettera alle parole.
Gli elementi che consentono di valutare la disgrafia sono: la velocità nello scrivere, la pressione esercitata sul foglio che a volte è forte per la forte tensione emotiva oppure leggera per la scarsa tenuta psicofisica, gli inceppamenti, i ritocchi e le irregolarità degli spazi fra una parola e l'altra, non mantiene il rigo di base (la scrittura a volte sale, altre volte va verso il basso).
Attenzione infine a non confondere la disgrafia con la dislessia, che invece si caratterizza per la difficoltà e il ritardo nell'acquisire la capacità di leggere e di comprendere il senso del testo. La dislessia è quindi esclusivamente un disturbo nella lettura.
Candida Livatino - Perito Grafologa