La moglie di Paolo Rossi: "Abbiamo combattuto per cercare di vincere il nostro Mondiale: lui è stato felice fino alla fine"
Federica Cappelletti a "Verissimo": "Lui non parlava molto, ma ogni tanto mi abbracciava e piangeva"
Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, ospite sabato 27 novembre a "Verissimo", ricorda commossa suo marito, scomparso un anno fa a causa di un tumore ai polmoni: "È iniziato tutto a marzo 2020, dopo che siamo tornati da un viaggio alle Maldive.
Ho notato che Paolo era dimagrito molto. Siamo andati a fare degli accertamenti che ci hanno dato, purtroppo, il verdetto che mai avremmo voluto sentire. Ma non abbiamo mai perso la speranza, fino a un mese dalla morte abbiamo combattuto per cercare di vincere il nostro mondiale".
La malattia di Paolo Rossi è arrivata durante la chiusura per la pandemia che ha aumentato ancora di più il loro fortissimo legame: "Abbiamo scoperto una nuova intimità. Durante il lockdown eravamo sempre e solo noi due e lui e si è affidato totalmente a me. È stato faticoso, ma è stato bello poter vivere il nostro amore anche durante quel periodo. Lui aveva capito tutto, ma a un certo punto ho iniziato a raccontargli mezze verità, perché volevo vederlo sereno e positivo. Paolo non parlava molto, ma ogni tanto mi abbracciava e piangeva".
Un dolore che la moglie del Campione del Mondo 1982 ha voluto raccontare nel libro "Per sempre noi due", che uscirà il prossimo 30 novembre: "Scrivere questo libro è stato un percorso difficilissimo".
E a Silvia Toffanin, che le chiede come stanno le loro due figlie, la Cappelletti risponde: "Nell’istante in cui il medico mi ha confermato che non c'era più niente da fare, ho voluto portarle a salutarlo. Paolo quando le ha viste si è illuminato e tutti e tre hanno capito che quella era l’ultima volta che si vedevano. Le bimbe sono delle guerriere, sono brave e sono molto orgogliosa di loro".
E infine, c’è spazio anche per un’importante consolazione: "Lui è sempre dentro di me. Sono ancora arrabbiata con Dio, ma il Papa mi ha detto che è giusto così perché anche la sofferenza è una forma di preghiera. Mi conforta il fatto che Paolo sia stato felice e amato fino all’ultimo. Non si è mai sentito solo".
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