Telebestiario di Francesco Specchia
La festa della donna, l8 marzo, è uno degli eventi più terribili che possano accadere. Come il Gay Pride, la festa del papà e della mamma, e i concorsi di bellezza Miss Over 50 e i matrimoni celtici attestano - solo per il fatto desistere - discriminazioni sociali completamente inventate o che da anni non hanno più ragion dessere; se non nella mente di Franco Grillini, dei fiorai, delle nonne che invecchiano male e di qualche leghista rimasto da solo sullargine del Po.
Sicchè, quando i tg hanno martellato la notizia che a Roma, vicino al parco della Caffarella, avrebbe santificato l8 marzo, con un concerto, Franco Califano, invitato dal sindaco Alemanno; bè, abbiamo pensato: Però, per una volta Alemanno è stato ironico: sdrammatizzare lultimo strascico di un femminismo anni 70 con lo sciupafemmnine più conclamato dItalia è un bel paradosso. Millesettecento donne dichiarate e mai smentite rendono il Califfo sicuramente competente sullargomento Lironia è il respiro di un popolo.
Ma, forse, lultimo sussulto dironia di quel che era il glorioso popolo delle donne di sinistra, aveva un po daffanno. Perché appena se sparsa la notizia del Califfo, le rappresentati politiche di Rifondazione sono insorte: Come donne ci sentiamo offese dalliniziativa; le ex suffragette, neanche fossimo ai tempi di Susan Sontag, hanno urlato: è una proposta culturale che tratta le donne come oggetti da collezione; le rosse storiche hanno, addirittura, rispolverato tutto lapparato dialettico sugli stupri, sul territorio spettatore di una violenza sessuale dai contorni poco chiari.
Anche lamico Michele Serra è caduto nel trappolone del femminismo attaccato dal machismo un po riconosciamolo- fascista. Lunica donna, a dire il vero, a difendere Califano è stata Maria Giovanna Maglie sul Giornale; ma, ritenendola dotata di molti più attributi di qualunque cronista maschio medio (noi compresi) non la teniamo in conto.
Ora, a noi il Califfo, non dispiace. A 70 anni, con la sua morosa vogliosa e quarantenne, con la sua pancia da Buddha appana uscito da un privè, con la sua faccia che pare piallata da un caterpillar e devastata dal vizio e tumefatta dal sesso; con tutto il suo carico di leggenda, insomma, potrebbe incutere diffidenza. A prima vista. Ma basta parlargli cinque minuti- riuscendo a farsi mandare affanculo- che ti si apre un mondo. Califano è un tipo straordinario nel senso etimologico del termine. Uno che è stato magari giustamente- in galera e commentava sorridendo ma arrivavano in soccorso le riviste e il rischio di rimanere frocio era veramente basso ; uno che non rinnega il rapporto con Craxi che lha salvato magari ingiustamente- ; uno che dice prendevo la droga per stare sveglio e scrivere meglio e che conosceva il boss Francis Turatelo senza rimanere dalla cosa troppo coinvolto; uno che nella suo biografia ammette dessersi fatto di tutto: commesse, modelle, attrici, perfino una suora (preferiva luccello delle libertà alla colomba della pace); uno che, causa il senso dellonore, rifiutava le raccomandazioni socialiste per infilarsi in Rai, riservandosi un modo più romanzesco per risorgere.
Uno così, bè, merita rispetto. Magari leleganza è unaltra cosa. Magari non sarà il Prevert di Trastevere come dicono i fan. Ma questa sua riconosciuta, marcia, eterna dissolutezza è senzaltro ipnotica. Scomparsi DAnnunzio, Rodolfo Valentino, Gassman e Tognazzi, oggi nel ruolo di campione della virilità italica se la batte solo con Scamarcio. E, capirete, la lotta è impari