Telebestiario di Francesco Specchia
Iva (Zanicchi) esclusa, Sanremo procede la marcia con 12 milioni di spettatori. Ma non stupiscono tanto gli ospiti, i testi, Striscia che per 7 minuti batte Sanremo, o lastuta controprogrammazione (siam tutti tesi ad aspettare la sovrapposizione coi Cesaroni). No. La cosa che è rimbalzata di più in queste ore è stata la reazione al Barnum canoro dellOsservatore Romano. Uno dice: lOsservatore Romano romanamente osserva, lo dice la parola stessa. Sicché -uno dice- se dalla Santa Sede osservano Sanremo, bè si fisseranno su temi cristianamente controversi.
Che so. Benigni che sarrampica sul De Profundis omosex di Oscar Wilde; Povia che canta di Luca che era gay e ora sta con lei invece che con Malgioglio (che comunque un bacetto glielo dà); lo spacco inguinale della Piovan, roba da Cantico dei Cantici. Al limite -uno dice- dallOsservatore faranno notare a Bonolis che far parlare di pace Miguel DEscoto, ora presidente Onu ma un tempo prete sandinista quasi scomunicato da Giovanni Paolo II, bè, ha lo stesso effetto di un invito a una conferenza sulla sicurezza a Pietro Gambadilegno.
Uno dice: lOsservatore romano osserverà tutto ciò. Macchè. Uno ne sfoglia le austere pagine, e scopre che non è il Festival, ma la musica del Festival ad essere scandalosa. Surreale scomodare il gregoriano per poi presentare sul palco personaggi che sembrano a disagio sul canto, scrive lOsservatore va bene tutto, ma il microfono sia offerto solo a quanti ne garantiscano lincolumità... e la bacchetta di direttore solo a chi assicuri di aver frequentato almeno le perizie bandistiche del maestro Antonio Scannagatti, cigno di Caianello reso immortale da Totò. Ora, a parte lesagerata replica dellottimo Giovanni Allevi («Nessuno tocchi la libertà degli artisti»), lOsservatore Romano che cita Totò è come la tettona del Grande Fratello che invoca Marcuse. Humour inedito dalla Santa Sede: un po meno di Totò, ma un po più di Bonolis.